
Johan Bruyneel ha rotto il suo tradizionale silenzio e ha concesso una intervista al programma tv spagnolo Cadena COPE. «Quello che è successo è successo. Oggi sto bene, lavoro, sono impegnato. Non mi piace più il ciclismo professionistico, ma ogni cosa ha il suo tempo nella vita e ormai me lo sono lasciato alle spalle. Ho dei bei ricordi ma ora penso ad altro. La squalifica a vita? All’inizio ho pensato che fosse sproporzionata e ho dovuto affrontare momenti difficili perché questa sanzione ha avuto un impatto molto forte sulla mia vita provata. Il mio matrimonio è finito e tutto è crollato intorno a me».
Riguardo agli anni del sodalizio con Armstrong, Bruyneel è chiaro: «Mi assumo la piena responsabilità per quello che abbiamo fatto. Non era legale, ma allo stesso tempo vivevamo in un sistema, in quegli anni, che faceva del doping un modus operandi comune. Tutti nel ciclismo oggi sanno benissimo cosa è successo e com'era la situazione. È importante conoscere il contesto in cui sono accadute certe cose».
E aggiunge: «Mi chiedete se sono dispiaciuto. Sì, ma questa è una domanda complicata. Mi dispiace per tutto quello che è successo. Se avessi l'opportunità di non far parte di quella generazione, la sceglierei subito. Ma attenzione, il doping nel ciclismo è che non è qualcosa che è iniziato con noi e si è concluso quando siamo andati via noi, bensì è una cultura che viene da lontano. Mi dispiace, certo, e se mi ritrovassi nella stessa situazione oggi prenderei decisioni diverse, ma quando tutto è successo vivevamo in una bolla. Eravamo parte di un sistema nel quale il nostro compito era quello di produrre risultati».
Un’ultima nota sull’Armstrong che torna a correre dopo il ritiro: «È vero che Lance nel 2009 e nel 2010 non ha fatto ricorso al doping. A quel tempo le cose erano già cambiate. Alla fine del 2007 è entrato in vigore un nuovo metodo di rilevazione dei valori, nel 2008 gli avevo già detto che le cose erano cambiate e lui mi ha detto che non c'erano problemi. Così è tornato».
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