Un incontro al vertice, si direbbe nel linguaggio delle veline politiche. Un inconro con il presidente dell'Uci David Lappartient per llustrare un progetto, ma soprattutto per spiegare che un altro ciclismo è possibile.
Il progretto ve lo abbiamo illustrato ieri nel dettaglio (L'«Eroico» Brocci propone un altro ciclismo a Lappartient) e sempre ieri il suo ideatore, Giancarlo Brocci, lo ha spiegato proprio al numero uno del ciclismo mondiale.
Brocci, tra l'altro, era accompagnato da una rappresentanza di 16 località sciistiche del Cantone Vallese, in crisi per mancanza di neve e alla ricerca di nuove frontiere: il comprensorio ha pensato di coinvolgere Brocci e replicare in Svizzera l'esperienza toscana, ma stavolta coinvolgendo i professionisti e non più gli amatori. «Lappartient ha detto di essere molto interessato - ha detto Brocci all'Adnkronos - e ha annunciato l'apertura di un tavolo per valutare nei dettagli la proposta. Di fatto il percorso verso il 'ciclismo eroico professionale' è partito oggi».
A Lappartient Brocci ha proposto dunque la creazione di un circuito alternativo a quello attuale fatto di Giro, Tour e Vuelta: «Magari su strade sconosciute, non più le solite salite classiche che conoscono tutti. Del resto anche le grandi classiche stanno cercando nuovi percorsi. Poi distanze più lunghe, oltre i 300 km, con partenze magari in notturna e bici senza rapporti da rampichino, così da mostrare chi davvero chi fa la differenza in salita. Banditi computer e radioline, rifornimenti solo a terra e divieto per i corridori di scendere sotto il 6% di grasso corporeo: che la smettano di avere quell'aspetto malsano, fanno quasi paura».
Avvertenza: l'idea non nasce - solo - da un'idea romantica di ciclismo d'antan: prende le mosse dalla semplice constatazione che il ciclismo sportivo d'alto livello su strada ormai è venuto a noia; conserva sempre uno zoccolo duro di tifosi ma lo sbadiglio, osservando le corse, è ormai sempre in agguato: «Uno sport in crisi tecnica e i suoi protagonisti sono lontani dalla gente, non sanno più entusiasmare - sostiene Brocci - . La tecnologia esasperata ha appiattito classe e talento, tolto poesia, imbalsamato le corse e reso tutto più prevedibile e noioso. La gente non riesce ad appassionarsi per atleti spesso magrissimi, quasi denutriti, che fanno vita da fachiri ma corrono sempre meno».
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