LA FESTA DEL FAN CLUB MARTINELLI TRA AMICI SPECIALI E 350 TIFOSI

FAN CLUB | 26/11/2018 | 17:44
di Valerio Zeccato

Sono arrivati in oltre 350 tifosi, qualcuno finanche dalla Puglia (!), per la festa del secondo anno di vita del «Fan Club Davide Martinelli». Il «diretto di Lodetto», venticinquenne franciacortino della Quick Step Floors (nel 2019 al quarto anno tra i professionisti) ha vissuto la sua «serata magica» attorniato dal calore del vasto pubblico di estimatori. Una serata riuscita alla perfezione, con somma gioia degli organizzatori, a cominciare dal parroco di Lodetto don Ettore Piceni e da Stefano Fogliata, e ben orchestrata sul palco da Riccardo Magrini, l'ex professionista, ora apprezzato commentatore televisivo (oltre che grande cantante e apprezzato imitatore), insieme alla preparatissima presentatrice bresciana Liviana Rossini. Spiedo bresciano, torta, premiazioni a raffica, tombolata e le «sudate» di grandi e piccoli per far suonare l’infernale bicicletta denominata «Lello’s Machine». Ma oltre alla festa e all’allegria c’è stato anche il momento del ricordo e della commozione. A Lodetto di Rovato c’era anche la famiglia dell’indimenticabile Michele Scarponi, l’Aquila di Filottrano prematuramente scomparso il 22 aprile del 2017. Pregno di significati l’intervento del fratello Marco che ha spiegato il perché della nascita della «Fondazione Michele Scarponi» che si batte per la sicurezza di chi pedala sulle strade e alla quale il Davide Martinelli Fan Club ha devoluto la serata.


Tra un saluto e una stretta di mano abbiamo «rubato» Davide per qualche minuto. Trecentocinquanta tifosi qui a Lodetto tutti per te. Ritrovarsi ad un anno di distanza, con ancora più presenze ed entusiasmo, che sensazioni ti sta provocando?
“E’ bello. Ho visto che quasi tutti quelli che c’erano l’anno scorso sono ritornati, sintomo che si sono trovati bene. Sono fortunatissimo perché ho una comunità unita che mi vuole molto molto bene e devo ringraziarli uno ad uno perché davvero lavorano tanto per questa serata. Da chi ha organizzato, a chi opera in cucina, all’allestimento dei tavoli e a chi serve i piatti. Il primo ringraziamento va a loro, se la gente torna è grazie a loro”.



Un anno si è appena chiuso e quasi subito si riapre: nel ciclismo funziona così e c’è poco tempo per riflettere. Come giudichi il tuo 2018, non hai vinto ma ti sei ritagliato un ruolo importantissimo all’interno della Quick Steep Floors la squadra che ha vinto più di tutte le altre.
“Sì, abbiamo vinto moltissimo e questo significa che la squadra gira bene e quando vince il leader anche i gregari acquistano più valore. Il mio ruolo nel finale di stagione è stato di pilotare i velocisti e quando l’uomo veloce della squadra vince, il lavoro che uno fa viene ripagato e diventa ancora più importante. Certo, ci si aspettava una vittoria, ma devo essere sincero ho avuto pochissime occasioni, direi quasi nessuna, per giocare le mie carte. L’importante è che la squadra veda in me un corridore su cui può fare sempre pieno affidamento. I primi anni la squadra ti dice “prova a fare questo e vediamo se ci riesci”, ora invece sanno che posso coprire un determinato ruolo e posso fidarsi ciecamente. E questo ti responsabilizza perché il team ora crede nel tuo valore e a0 25 anni non è facile raggiungere questa credibilità”.

Chi ti ha sorpreso nel 2018 tra i professionisti?
“Una cosa che non mi aspettavo il rendimento del belga Wout Van Aert e dell’olandese Mathieu Van Der Poel fossero così ad alto livello su strada dopo la stagione nel ciclocross. Invece sono andati tutti e due molto forte e mi hanno stupito. Poi metterei Elia Viviani che ha fatto un salto di qualità diventando il numero uno nelle volate. Inoltre citerei altri due della mia squadra (Quick Step Floors) Lampaert e Terpstra: il primo ha dimostrato che può vincere le Classiche, il secondo è tornato ad alto livello”.

Tre anni di professionismo alle spalle, che idea ti sei fatto del posto e del ruolo di Davide Martinelli? Per meglio dire è questo il tuo ruolo, o ci si può spingere un po’ oltre. Una squadra come la Quick Steep, nata per vincere, è chiaro che un po’ finisce col sacrificarti.
“Un pochino ti sacrifica, questo è innegabile. Quando hai 10/12 corridori vincenti, quando fai anche due o tre attività contemporanee ti trovi sempre almeno un leader al via, se non due o addirittura tre, e giustamente devi lavorare per loro. In un’altra squadra potresti avere più spazio, mentre nella Quick Steep sei uno dei tanti, ma sei uno dei tanti tra i migliori e questo ha un peso importante. Il ruolo che ho adesso mi piace e mi piacerebbe diventare un punto di riferimento in quel ruolo”. 



L’ultimo vagone del treno per il velocista, visto che sei il «diretto di Lodetto» potrebbe calzarti a pennello...
“Ma anche se dovessi essere il penultimo vagone mi starebbe benissimo. Ad esempio quando ho lavorato con Richeze (Maximiliano, l'argentino compagno di squadra, ndr) mi sono trovato molto bene: pilotare a volte è ancora più difficile di tirare la volata. Pilotarla mi piace di più anche perché sono un po’ meno esplosivo di quello che deve essere l’ultimo uomo. sì, penso che il ruolo ideale per me sia quello del penultimo uomo dove devi avere quel minuto di velocità a 62/63 all'ora che ho ma non ho il picco a 68/70”. 

Ai 350 accorsi a Lodetto la promettiamo una vittoria nel 2019?
“E’ giusto andare a cercarla, ma non sarà facile riuscirci. Io ritengo il 2018 un anno positivo perché ho sentito in tutte le corse di un giorno, oltre i 200 km, di arrivare nel finale sempre competitivo; è chiaro che ti metti al servizio della squadra perché è il tuo ruolo, ma ti fa pensare che un domani quando avrai le tue chance da giocare potrai farlo e sarai pronto”.

(dal settimanale ChiariWeek)

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