Parigi-Nizza, l'ACCPI scrive all'Uci

| 06/03/2008 | 00:00
Anche l’Assocorridori italiana interviene sulla ‘vicenda Parigi-Nizza’, e lo fa indirizzando una lettera al presidente dell’Unione Ciclistica Internazionale, Pat McQuaid. Nella missiva destinata al numero uno dell’UCI, l’ACCPI illustra la propria posizione circa la lettera inviata dallo stesso McQuaid ai corridori per informarli delle sanzioni cui potrebbero incorrere laddove decidessero di partecipare alla Paris-Nice. L’Assocorridori, anzitutto, esprime il proprio rammarico per la mancata collaborazione tra il CPA – sulla cui istanza è stata inviata la lettera dall’UCI - e le associazioni nazionali dei corridori, pur rimarcando, in questo caso specifico, la mancanza di responsabilità diretta da parte della federazione internazionale. L’Assocorridori sottolinea poi – con riferimento all’art 2.15.139 del regolamento UCI per le squadre Pro Tour ed all'art. 2.16.052 del regolamento UCI per le squadre Professional – che i corridori ciclisti sono a tutti gli effetti lavoratori dipendenti delle rispettive squadre. Nel caso in cui, onde evitare sanzioni da parte dell'UCI, decidessero di non prendere parte alla corsa contro la volontà dei rispettivi team, potrebbero incorrere in sanzioni ancor più gravi comminate dagli stessi gruppi sportivi (sino all’interruzione del rapporto di lavoro ed al blocco dello stipendio). Proprio per favorire la massima chiarezza nel rapporto tra squadre e atleti l’ACCPI ha inviato una specifica comunicazione a tutti i team manager e i direttori sportivi delle squadre iscritte alla Paris-Nice in cui si richiede di “trasmettere a ciascuno dei propri corridori iscritti alla Paris-Nice una specifica convocazione scritta in cui si confermi la loro iscrizione e si richieda la loro presenza alla predetta competizione”. Inoltre, con riferimento all’art. 1.2.021 del regolamento UCI, l’ACCPI ricorda che la medesima sanzione della sospensione di un mese e l’ammenda da 50 a 100 FS in caso di partecipazione ad una “gara vietata” è prevista per tutti i soggetti in possesso di licenza UCI. La comunicazione inviata dall'UCI ai corridori, dunque, sarebbe dovuta essere indirizzata a tutte le categorie professionali per le quali è previsto il tesseramento UCI. Sulla base di queste considerazioni si rileva come, ancora una volta, quella dei corridori risulti la categoria più esposta e la meno tutelata dall'UCI, che la renderebbe di fatto "vittima" della diatriba tra federazione mondiale ed ASO. L’ACCPI conclude auspicando, per un futuro non troppo remoto, un incontro tra le varie parti in causa: UCI, federazioni nazionali, organizzatori, gruppi sportivi, direttori, medici e, ovviamente, corridori.
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