L'ORA DEL PASTO. PROFESSIONE CHAPERON

LIBRI | 06/08/2018 | 07:19
di Marco Pastonesi

Sono una via di mezzo fra i carabinieri e i chierichetti, fra le “safety car” e i camion-scopa, fra le guardie del corpo e gli ausiliari del traffico. Se avessero quattro zampe, sarebbero dei pastori tedeschi; se insegnassero all’università, sarebbero dei biochimici; se fossero musicisti, allora non mi stupirei che suonassero e cantassero gospel.


In gergo si chiamano “chaperon”, si pronuncia “sciaperòn”, trattasi di lingua francese, il termine non ha nulla a che vedere con il piccolo arbusto mediterraneo ramificato a portamento prostrato-ricadente, tant’è che si può tradurre in sorvegliante, accompagnatore, supervisore. “Chaperon” è quell’uomo, o quella donna, che si incarica di catturare il corridore sorteggiato per il test antidoping e si impegna a scortarlo fino al laboratorio, più o meno mobile (e anche più o meno nobile), dove lo consegnerà agli specialisti regalando la certezza che le successive prove non siano inquinate da beveroni mascheranti o da altre diavolerie alchemiche.


Gli “chaperon” fanno parte del mondo del ciclismo così come i commissari e i transennisti, le miss e i giornalisti. Quando entrano in azione, indossano una specie di “fratino”, simile a quello adottato dai calciatori quando si schierano per una partitella in famiglia. Ma qui non c’è nessuna partitella in famiglia: l’antidoping è un’operazione seria, e spesso diventa – al di là del colore delle provette – un giallo.

Conoscendoli, gli “chaperon” sono allegri, sportivi, di compagnia, fanno della precisione il loro primo comandamento, della fermezza il secondo, ma poi, terminate le operazioni di controllo, rivelano la loro natura nomade, il loro carattere gioviale, la loro partecipazione enogastronomica. E magari, davanti a un bicchiere di rosso, si lascerebbero anche andare a ricordi, storie, aneddoti riguardanti i contenitori di urine.

In attesa di un cronista che li confessi, gli “chaperon” si sono raccontati in un libro, intitolato “Il tempo vola”, fatto di 176 pagine quadrate, stampato in 300 copie, introdotto da Paolo Viberti e regalato agli amici. Dieci anni – recita il sottotitolo – per lo sport pulito: dal 2007 al 2017. E in questi dieci anni, come illustrato dalla copertina, con la scusa di una pipì c’è tutto: dal baseball al basket, dalla boxe al tennis, ma ovviamente anche il ciclismo e lo sci, il rugby e il judo, fra campionati italiani e mondiali, Giochi del Mediterraneo e Olimpiadi, Coppe dei campioni e Coppe del mondo. Una presenza rassicurante, legale, onesta, equidistante, anche liquida, amichevole ma fino a un certo punto.

“Il tempo vola” (vola sta per volontari antidoping, ed è il nome dell’associazione che li riunisce) è un album di famiglia, è un’antologia fotografica, è un inno allo sport e anche alla solidarietà, è un’enciclopedia di campioni (da Stefania Belmondo a Paolo Bettini, da Eddy Merckx a Francesco Moser) e una straordinaria collezione di sorrisi. Gli “chaperon” sanno sorridere. E sorridono.

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