Il ritorno di Primo Franchini

| 23/11/2007 | 00:00
Torna Primo Franchini. Nel ciclismo che conta, innanzitutto: dalla prossima stagione, sarà il tecnico della Centri della Calzatura Partizan, neonata formazione professionistica italo-serba che inizia dalla categoria Continental. Dodici atleti, tutti giovani, metà della ex Jugoslavia, con un paio di facce già viste in gruppo, come il colombiano Rubiano Chavez, ex Panaria, e l’ex campione italiano degli under 23 Domenico Quagliarello. Obiettivo: crescere i giovani senza fretta, perchè il progetto è a lunga scadenza. Torna Primo Franchini. Anche come anima di una società: sarà lui a dare una mano alla Pizzoli, glorioso club cittadino che può vantare un numero d’iscrizione alla Federciclo tra i più antichi (il 29). Non è l’unico vanto: il sodalizio bolognese è anche l’organizzatore dell’omonimo trofeo, della Milano-Bologna e del Tricolore Allievi del 25 aprile, tre classiche del ciclismo dilettantistico. Per non disperdere questo patrimonio, i soci della Pizzoli hanno chiesto una collaborazione a Franchini: trovandolo pronto ad impegnarsi. Torna Primo Franchini. «Ma a dire il vero, io non me ne sono mai andato», dice il tecnico di Calderara, che oggi ha 65 anni e ha legato la sua storia a uomini e risultati importanti, come il Mondiale di Fondriest, il giro baby di Pantani e la prima squadra pro russa, nella quale lanciò campioni come Konyshev, Tchmil e Abdujaparov. Ha ragione, lui c’è stato anche dopo quell’epopea: l’ultimo decennio lo ha speso tra i dilettanti, guidando Ozzanese, Niccolò Biondo, Cerelia, Naturino e Valdarno. Con quanto aveva fatto prima, meritava di stare ancora al piano di sopra: non essendo di quelli che sanno vendersi bene, si è dovuto accontentare e mettersi in attesa. Cosa che oggi gli consente di esibire un orgoglio: esser tornato con le proprie forze. «Con Floriano Torresi, che del Centro della Calzatura di Montegranaro sarà il team manager, c’è un discorso avviato da tempo, che finalmente si è concretizzato — racconta Franchini —. Mi hanno chiamato perchè credono che in fatto di ciclismo sia preparato e questo ha fatto scattare dentro di me una molla. Ho l’orgoglio di chi ritorna, ma il fatto che per dieci anni, nonostante il mio passato, nessuno mi abbia cercato, mi fa un po’ pensare. Che ciclismo ritroverò? Mi hanno già detto che l’ambiente è cambiato, ma non temo nulla: dieci anni tra i dilettanti ne valgono trenta fra i pro, tornare su un’ammiraglia a quei livelli è davvero l’ultimo dei problemi». da Il Resto del Carlino del 23 novembre 2007
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