| 06/11/2007 | 00:00 Si è aperta col botto, davanti al Tribunale di Liegi, la discussione del caso che oppone Andrei Kashechkin all'Uci, citata in giudizio proprio dal corridore kazako, risultato positivo ad un controllo antidoping a sorpresa lo scorso 1 agosto.
«La procedura antidoping dell'Uci è illegale e parziale e i controlli a sorpresa rappresentano una grave ingerenza nella vita privata delle persone»: queste le parole di accusa di Kashechkin. Secondo il kazako, infatti, l'Uci non ha competenze per effettuare controlli, soprattutto quelli a sorpresa.
«Quello che abbiamo voluto denunciare è la privatizzazione della sanzione e della procedura - ha detto l'avvocato del corridore Luc Misson: è una violazione dei diritti fondamentali dell'individuo che non può appartenere che a un'autorità pubblica in un quadro strettamente definito dalla legge». Tesi a sostegno della quale ha citato la Convenzione dei diritti dell'uomo, i cui articoli 6, 8 e 11 sarebbero «gravemente violati dall'Uci».
«La procedura disciplinare - ha detto ancora Kashechkin - non è imparziale», mentre Masson ha aggiunto: «Il mio cliente non ha la sensazione di essere giudicato in un processo giusto. Le giurisdizioni sportive non danno sufficienti garanzie ai diritti della difesa». Comne dire che, secondo il corridore una Federazione sportiva non avrebbe i titoli per giudicare un atleta in quanto organizzazione privata e, per definizione, parziale.
Il legale ha quindi messo in evidenza come le controanalisi, effettuate a 22 giorni dal prelievo, non sono state realizzate entro i termini stabiliti dall'Uci e che anche il test, avvenuto alle 22.45, non avrebbe rispettato il limite orario previsto (entro le 22). Kashechkin ha così chiesto l'interruzione della procedura aperta nei suoi confronti. La causa legale non spaventa certo il kazako. Il suo legale è stato chiaro: "Se perdiamo qui andremo in appello, poi in cassazione, poi davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo e là saremo in una buona posizione. Se saremo obbligati ad arrivare fino a quel punto il nostro caso avrebbe un valore mondiale, quanto meno europeo".
Kashechkin punta ad aprire una breccia nella giustizia sportiva e nei provvedimenti repressivi della legislazione antidoping. L'Uci, dalla sua, contesta la competenza del tribunale di Liegi, "una giurisdizione belga, chiamata a pronunciarsi sul caso di un corridore kazako domiciliato a Montecarlo". Dalla parte della federazione internazionali ci sono le associazioni che riuniscono le squadre professionistiche (Aigcp e l'Ipct) che hanno compreso la gravità della situazione: "Se Kashechkin vince e passa il principio che solo gli Stati possono occuparsi di doping è la fine dello sport", ha detto l'avvocato dei team, Jean-Louis Duptont. L'ordinanza del tribunale di Liegi è attesa entro le prossime due settimane.
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