Sinkewitz ha scagionato completamente Bettini

| 03/11/2007 | 00:00
Parole sempre più pesanti, quelle di Patrik Sinkewitz, anche quelle pronunciate a favore di altri corridori.Il ciclista tedesco Patrik Sinkewitz ha completamente scagionato il due volte campione mondiale Paolo Bettini dall'accusa di avergli fornito il gel al testosterone. La notizia si era diffusa alla vigilia del recente mondiale di Stoccarda, vinto per la seconda volta dall'italiano che, furibondo per l'accusa, aveva minacciato di adire le vie legali. In un'intervista al settimanale Der Spiegel, Sinkewitz nega di essere stato lui a mettere in circolazione la calunnia. «No, non sono stato io», spiega, «stavo facendo acquisti, quando Bettini mi ha chiamato per chiedermi spiegazioni sulle accuse che gli avrei rivolto. È stato tutto un errore. Forse il nome di Bettini è stato pronunciato nel corso di un colloquio con la commissione antidoping del Brd (la federazione ciclistica tedesca, ndr), ma io non ho mai detto di avere ricevuto le sostanze (dopanti, ndr) da lui. Questa cosa l'hanno costruita quegli altri (della federazione, ndr). Bettini mi ha avvertito: 'Se sei stato tu a dirlo, passi i guaì. Io l'ho tranquillizzato». Sinkewitz ammette poi di essersi dopato, ma di aver cominciato a farlo dopo aver lasciato la squadra italiana della Mapei. «Nei primi due anni da professionista sono stato in Italia, nella squadra giovanile», dichiara, «abbiamo partecipato a piccole corse, di doping neanche a parlarne». Il ciclista rivela di avere cominciato a doparsi nel 2003, quando era entrato a far parte della squadra belga Quick Step. «Ormai non è più un segreto per nessuno», spiega, «che allora era l'epo a darti la carica». Quando è passato alla squadra tedesca della T-Mobile ha cominciato a doparsi con le trasfusioni di sangue. «Nel novembre 2005 in occasione della prima riunione posi concretamente la domanda», afferma il ciclista, «e mi fu risposto che era possibile». Sinkewitz racconta che quando si dopò per l'ultima volta, prima di essere scoperto l'8 giugno scorso in occasione di un allenamento, pensava di farla ancora una volta franca, sicuro che la quantità minima utilizzata non sarebbe stata rilevata ai controlli. «Avevo nel mio portamonete due o tre sacchetti di gel al testosterone», rivela, «che ho spalmato la sera del 7 giugno sulla parte superiore del braccio prima di addormentarmi. La busta l'ho gettata nel gabinetto». Dopo aver confessato ampiamente le pratiche di doping adottate ed aver fatto da teste principale di accusa contro due medici della clinica universitaria di Friburgo, nel frattempo già licenziati, il ciclista spera che gli venga dimezzata la squalifica di due anni e annuncia di voler riprendere le gare. «Non posso fare altro», ha spiegato.
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