Doping 2. Inchiesta Corriere dello Sport» per saperne di più
| 07/07/2007 | 00:00 Visto che gli assuntori di doping nel mondo sono almeno 15 milioni, la criminalità organizzata non fa differenze tra sportivi di vertice, sportivi occasionali e altre categorie interessate: traffica e smercia, ben sapendo di vendere merce appetita. Il mercato è ampio, la richiesta fortissima: i narcotrafficanti sono scatenati. Perchè, oltre a non curarsi di chi è il loro interlocutore, non dividono drogaIe doping. A parte che i mercati sono a metà coincidenti ( basti pensare agli stimolanti e alla cocaina), per la criminalità è facile smerciare utilizzando i canali che meglio di tutti conosce.
Tra gli avversari dei trafficanti - cioè tra i governi, le forze di polizia e in genere tutte le istituzioni - non c’è la stessa consapevolezza, per cui mancano strutture centralizzate che sappiano rispondere in modo adeguato. Per conoscere i movimenti internazionali del doping, ci affidiamo allora ad uno studio particolarissimo, oltre che estremamente accurato. E’ opera di Alessandro Donati, l’anima forte dell’antidoping che, dopo un passato al Coni, adesso è consulente di Libera ( l’associazione contro le mafie presieduta da don Luigi Ciotti) e in questo ruolo è riuscito a raccogliere migliaia di informazioni che fanno parte del suo ” Report”. La Wada - di cui Donati è divenuto consulente - l’ha pubblicato sul suo sito, e lo studio ha fatto il giro del mondo, facendo sensazione soprattutto all’estero.
l punto di partenza fondamentale è che non solo lo sport è interessato al doping. Oltre agli sportivi di vertice, al popolo delle palestre, ai cosiddetti amatori, altri protagonisti sono da anni assuntori di farmaci vietati. Il riferimento è soprattutto al mondo militare e a quello dello spettacolo. Ma queste situazioni non destano scandalo: il doping fa notizia solo se a praticarlo sono gli atleti. Il grande merito dello sport è quello di aver segnalato il problema, la grande colpa è quella di averci poi comodamente convissuto, divenendo spesso connivente con i dopatori e i dopati.
Il mondo dello spettacolo e della politica non si scandalizza del proprio doping. Altrimenti non avrebbe fatto la sua straordinaria carriera di attore ( ed oggi è governatore della California, legatissimo al presidente Bush) uno come Arnold Schwarzenegger. Che non s’è mai pentito del doping assunto quando diventava campione di body building, e che non l’ha mai negato. Ancora due anni fa, intervistato dalla ABC, ammetteva di non aver dato un buon esempio, ma concludeva dicendo
« che non ci si può pentire oggi per azioni compiute tanti anni fa. La situazione era diversa, e noi abbiamo fatto da cavie » .
Chissà se allo stesso modo la pensa Sylvester Stallone che, alle prese con l’ultima edizione di ” Rambo” ( il film dovrebbe uscire nel 2008), è stato nel febbraio di quest’anno fermato all’aeroporto di Sydney. Quando la sua stanza d’albergo è stata sottoposta a perquisizione, sono uscire fuori la bellezza di 48 fiale di ormone della crescita.
Ugualmente non si scandalizzano i militari e chi li comanda. Tutti sanno che sui soldati sono state fatte sperimentazioni farmacologiche sin dagli anni Quaranta ( per accrescere potenza e resistenza, nonché per abbassare la percezione del pericolo), pochi sanno che ancora oggi c’è un enorme consumo di steroidi anabolizzanti, come ha per esempio scoperto la polizia italiana a Trieste, sequestrando una gran quantità di farmaci dopanti destinati ai soldati americani in Iraq.
A dire il vero, c’è anche un altro cana-
Tle molto sensibile al richiamo delle sostanze vietate. E’ proprio quello delle Case farmaceutiche che le producono, capaci negli ultimi anni di mettere in circuito prodotti particolarmente pericolosi ( soprattutto a base di gh) spacciandoli per medicinali miracolosi: come coadiuvanti di gravi patologie, integratori dell’alimentazione o autentici toccasana per allontanare l’invecchiamento.
ornando al nostro campo, quello dello sport, c’è finalmente un diffuso allarme, e ci sono istituzioni che si stanno muovendo meglio di altre. E, senza tornare a un passato di cui molti dovrebbero vergognarsi, basta riferirsi a fatti di oggi. Se l’Uci ( la Federazione Internazionale del ciclismo) continua a difendere le sue assurde pretese, c’è veramente da mettersi le mani nei capelli. Se i medici del ciclismo riescono ancora a sostenere che gli esami antidoping servono solo a stabilire chi è positivo e chi è negativo, senza preoccuparsi di altri fattori ( ad esempio che i profili ormonali sono anomali), allora la strada da compiere è davvero tanta. Le istituzioni sportive si presentano spesso divise di fronte al doping, casi analoghi vengono trattati in modo estremamente diverso (pensate a Piepoli e Petacchi, entrambi positivi al salbutamolo: del primo non si sa neanche se verrà processato, perchè tesserato a Montecarlo, il secondo ha subito una richiesta di un anno di stop). Anche le istituzioni politiche hanno atteggiamenti ambigui, soprattutto perchè lo sport fabbrica campioni che sono ” eroi” di tutti. Gli avvocati difensori, insomma, abbondano, e le medaglie fanno gola a tutti. Forse per questo, ad esempio, la Germania, una volta riunificata, non ha buttato niente di quanto conquistato dai tedeschi dell’Est, riconoscendo come propri i loro record. Solo oggi la Germania si sta ponendo il problema seriamente e sta per arrivare finalmente ad una legge antidoping, a lungo osteggiata dalla lobby sportiva. Ieri è stata approvata in prima stesura, potrebbe diventare operativa a ottobre. Al pari di quella italiana - e diversamente da quelle francese e spagnola - prevede la responsabilità penale degli atleti e, in più, prevede di combattere i trafficanti.
Non ci sono divisioni, invece, tra i criminali: al massimo c’è concorrenza, perchè la richiesta di farmaci dopanti è altissima. A tal proposito, nel suo ” Report”, Donati delinea le rotte privilegiate del doping, segnalandone sette in particolare ( come si può vedere nella cartina che proponiamo in questa pagina).
).
1) La rotta che dalla Russia e da altre repubbliche dell'ex Unione Sovietica (soprattutto Ucraina e Lituania) va verso l'intera Europa occidentale, verso il nord America e verso il Medio Oriente. E' quella - non importa se reale oppure on line - più importante, lungo cui transita almeno il 20% dell'intero traffico mondiale. 2) La rotta che dalla Tailandia ( molto meno da Corea e Vietnam) si dirige verso l'Europa occidentale, gli Stati Uniti e l'Oceania. Soffre molto la concorrenza di Cina e India, occupa comunque il 6- 7% del traffico.
3) La rotta che dalla Cina va verso l'Europa occidentale e il nord America. Attualmente è al 10%, ma è in rapido e costante aumento.
4) La rotta che dall'India va verso gli Stati Uniti e il Medio Oriente. La produzione indiana di doping copre almeno il 10% di quella mondiale.
5) La rotta che dalla Grecia va verso l'Europa occidentale e gli Stati Uniti. La Grecia sta perdendo quote importanti di mercato a favore dell'Asia, attualmente è al 3- 4% della produzione mondiale.
6) La rotta che dal Messico va negli Stati Uniti, il Canada e il Sudamerica. Produzione quasi esclusiva per il mercato illegale americano ( 4- 5% della produzione mondiale).
7) La rotta che dall'Australia va verso l'Europa Occidentale e gli Stati Uniti. Pur avendo solo l'1% del mercato, è particolarmente pericolosa perchè le esportazioni riguardano steroidi anabolizzanti veterinari poi destinati anche agli esseri umani.
dal «Corriere dello Sport» del 6 luglio 2007 a firma Sergio Rizzo
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