Repubblica: Petacchi deve salvare la carriera

| 03/07/2007 | 00:00
«Ho cercato di spiegare le cose scientificamente... e la buona fede di quanto accaduto». Alla fine di uno degli appuntamenti più importanti della sua carriera, Alessandro Petacchi si avvita in un giro di parole e non dice altro. Forse perché è molto provato. O forse perché c’è poco altro da dire: le sue due ore davanti alla Procura Antidoping del Coni sono state del tutto inutili, forse addirittura dannose, e il Tour de France - in partenza sabato - è poco più di un miraggio. Lo si legge a chiare lettere nel viso di Ettore Torri mentre monta, perplesso e accaldato, sulla sua cinquecento verdina. «Non dico niente di questa vicenda, solo che i tempi saranno rapidissimi». Lo si legge perfino nel rifiuto dei legali del corridore di commentare anche solo gli aspetti tecnici della questione. Avrebbe dovuto spiegare tutto, ieri mattina, Petacchi. Chiarire il suo comportamento, dare motivazioni convincenti per spiegare quella presenza anomala ed eccessiva di salbutamolo (sostanza contenuta nel Ventolin, il farmaco contro l’asma) nel suo sangue alla fine dell’undicesima tappa del Giro. Avrebbe dovuto convincere Torri e sperare di strappare in extremis il via libera a partecipare a quello che era il suo obiettivo stagionale. Ma non ce l’ha fatta. Quel giorni faceva un caldo pazzesco - è stata la sua linea difensiva - e io non riuscivo a respirare. Così ho esagerato con il farmaco per il quale avevo comunque un’esenzione terapeutica. Ma l’ho fatto in buona fede. A supporto di questa tesi, il ciclista ha presentato una consulenza medica sulle condizioni climatiche di quel giorno a Pinerolo. Le carte in mano alla procura raccontano ben altro, purtroppo per Petacchi. E sarà difficile ridurre tutto il problema alla sola frase: ho esagerato con le spruzzate di Ventolin. Perché sulle analisi eseguite dal laboratorio di Barcellona c’è scritta un’altra frase. Che, oggi come oggi, rappresenta il principale ostacolo che separa Petacchi dal Tour. Poche parole, chiare e precise: «La quantità di salbutamolo è incompatibile con l’uso terapeutico». Tradotto: per arrivare a quella concentrazione di sostanza nel sangue non sono sufficienti un paio di spruzzate di Ventolin in più rispetto a quanto prescritto nell’esenzione (che ccomunque di sper sé comporterebbero un illecito e quindi una squalifica). Secondo l’accusa quella concentrazione potrebbe addirittura non esseere compatibile con la sola assunzione per inalazione. Ma è l’intera versione di Petacchi che non convince. Neppure nelle cose minime. Neppure nel punto in cui dice che quel giorno faceva un caldo soffocante. A peggiorare le cose ci si è messo poi anche il direttore del Team Milram, Gianluigi Stanga. Che ha deciso di andare a sostenere il suo corridore davanti a Torri. Si dà il caso, infatti, che Stanga in queste ore stia passando guai, se possibile, peggiori a quelli del suo atleta. Dalla Germania, l’ex ciclista Jorg Jaksche, un pentito dell’Operacion Puerto - quella che è a tutt’oggi l’indagine più avanzata in fatto di doping - ha deciso di parlare, di raccontare tutta la sua verità, di fare cioé quello che il nostro Ivan Basso aveva solo promesso. E le sue parole sono state un atto di accusa pesantissimo nei confronti del dirigente italiano: mi ha iniziato lui al doping, ha detto, ai tempi in cui correvo per la Polti. Aggiungendo poi qualche dettaglio simpatico: «Il nostro sponsor, Polti, fabbricava piccoli elettrodomestici, no? Ecco, lì dentro furono nascoste qualcosa come 10.000 fiale di epo. Tutti sapevano tutto. Il patron della squadra, Gianluigi Stanga, sapeva tutto». Stanga - il cui futuro è in bilico, soprattutto dopo che la concorrente Astana si è liberata di Walter Godefroot, un altro dirigente chiamato in causa da Jaksche - sostiene di aver approfittato della circostanza di ieri per chiarire con Torri alcuni aspetti legati a queste accuse. Ma la cosa, ad una verifica, non risulta: Stanga si sarebbe limitato a parlare di Petacchi, cercando di dare forza alle tesi difensive. Gli esiti di questo sforzo sono tutti in quei «tempi rapidissimi» pronunciato da Torri che suona in realtà come un annuncio di tempi bui. La procura antidoping del Coni analizzerà il materiale fornito dal corridore e chiederà una consulenza ad un broncopneumologo. Poi procederà. Con ogni probabilità verso il deferimento. da La Repubblica del 3 luglio a firma di Marco Mensurati
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