STORIA | 10/05/2018 | 07:35 Roberto parcheggia «ilVito» - tuttoattaccato e detto con affetto, perché è un compagno di viaggio prezioso - e subito ricorda: «Lì c’era l’arrivo del mondiale vinto da Luc Leblanc e là, all’altezza di quel muretto ricordo di aver fotografato lo scatto di Moreno Argentin in un Trofeo Pantalica».
Roberto Bettini è al suo 32esimo Giro d’Italia consecutivo: dal 1986 è in corsa, accanto ai corridori, sotto sole, pioggia, neve, tormenta, vento... Ma la sua prima foto al Giro l’ha fatta da ragazzino, aveva 14 anni, nel 1974 in Piazza del Duomo con Felice Gimondi in maglia rosa. «Dal 1978 in poi ho cominciato a seguire quattro o cinque tappe del Giro, seguivo Beppe Saronni in quegli anni e muovevo i primi passi. Ormai da quarant’anni sono qui...».
Roberto oggi guida una squadra speciale composta da suo figlio Luca, dall’esperto Ilario Biondi, dal giovane Dario Belingheri e da un drago della moto come Gianni Zucchetti, classe 1955, giunto forse al suo ultimo Giro. Forse, perché la fatica di un Giro è tanta, ma la passione per il Giro lo è altrettanto...
Roberto, come siete organizzati? «Luca segue la corsa in moto, uno di noi fa l’arrivo, gli altri due... si appostano sui tetti, magari cercano punti particolari vicino all’arrivo. Dario fa anche lo spazzacamino come secondo lavoro… ormai è un habitué dei tetti e degli abbaini. Sfruttiamo anche la sua mezza origine siciliana, parla in dialetto e si fa aprire dalle signore. Per Roma abbiamo già mobilitato Ilario Biondi che giocherà in casa. Diciamo che ogni giorno cerchiamo di inventarci qualcosa».
Con quanti mezzi siete al Giro? «Con “ilvito” e la moto. Squadra che si muove in agilità, squadra che cerca di arrivare dappertutto».
E le vostre foto fanno il giro del mondo. «Intanto mi piace sottolineare, e non perché sei tu ad intervistarmi, che facciamo parte della famiglia di tuttoBICI e tuttobiciweb fin dal primo giorno e siete voi a pubblicare il maggior numero delle nostre foto. E sono orgoglioso di vedere, quando arrivo in sala stampa, che tanti colleghi giornalisti e fotografi hanno il computer aperto sulle pagine di tuttobiciweb. Quanto alle foto, beh, possiamo dire che lavoriamo per la AFP, per il Beglio, per l’Olanda con Cor Vos, per Rafa Gomez in Spagna, per Road Cycling negli Usa, con Cyclingnews che è il sito numero uno del mondo, per la Colombia, per i giapponesi di Cycling Sport e probabilmente non li ricordo nemmeno tutti. E come agenzia siamo a disposizione di chi vuole le nostre immagini: un paio di giorni fa, per esempio, anche L’Equipe ha pubblicato quattro nostre immagini. Da ultimo, abbiamo anche Sprint Cycling: su Instagram e sui social in generale siamo al top, abbiamo un botto di followers, come dicono i giovani».
Inevitabile la domanda seguente: cos’è cambiato da quando hai cominciato? «Semplicemente tutto. Prima si scattava decisamente meno, le foto di un Giro d’Italia le vedevi solo quando rientravi in sede ma te le ricordavi tutte. Ogni fotografo era in grado di riconoscere immediatamente le sue foto: facendo il Giro, Ilario ed io, che siamo più... navigati, ci ricordiamo praticamente ogni scatto, nostro o dei corridori che fosse. Oggi si scattano molte più immagini, a volte capita anche di non riconoscere nemmeno alcune delle foto che realizzi. Bisogna studiare il percorso, conoscere natura e monumenti che si incontreranno lungo la strada: per spiegarmi, ieri mattina Luca ha anticipato la corsa per arrivare nella Valle dei Templi e cercare l’inquadratura giusta e spettacolare per immortalare il passaggio del gruppo. Poi...».
Vai! «Adesso carichiamo direttamente le foto durante la corsa, quelle della partenza vanno in rete (il sito, rinnovato, è www.bettiniphoto.net) immediatamente e anche Luca ce le invia strada facendo, almeno fino a quando la corsa non entra nelle fasi calde. Abbiamo perso un po’ la possibilità di salire sui pullman e seguire gli atleti, ma fa parte del gioco».
Ma se ti chiedo di ricordare una foto che per te ha grande significato? «Ti stupirò e ti dico che ce l’ho, proprio pensando a come è cambiato il nostro mestiere. Giro d’Italia 2000, tappa Peschici-Vasto, corridori che erano partiti pianissimo, per cui mi ero portato avanti cercando inquadrature speciali. Mi apposto e... un chilometro prima di arrivare da me, scoppia la bagarre. A quel punto sono salito su una collinetta e ho cominciato a scattare, cogliendo Matteo Tosatto in maglia rosa in un mare di papaveri. Non era affatto la foto che volevo scattare ma è venuta comunque una grande foto. Ma adesso ti lascio, per me e per la mia squadra comincia un’altra tappa».
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