VIVIANI:«NON È STATA LA CLASSICA TAPPA DA VELOCISTI».AUDIO
PROFESSIONISTI | 06/05/2018 | 18:52 Due su due per Elia Viviani al Giro d’Italia 2018: l’olimpionico della Quick-Step conferma di essere il miglior velocista di questa corsa e consolida la leadership nella maglia ciclamino.
Le sue risposte in conferenza stampa, a fondo pagina il file audio da ascoltare.
Una bella prova di maturità in questo Giro, pensi di essere il migliore velocista in questo momento? «Ho sempre pensato solo a lavorare per me, senza guardare gli altri. Cerco di migliorarmi e raggiungere i miei obiettivi. A volte vinco contro i rivali più forti, come ad esempio è avvenuto a inizio stagione. Punto alle Classiche e alle tappe dei Giri. Cercavo questa maturità prima della corsa, perché ho vinto sei corse, ma c’era sempre qualcosa in più da dimostrare. Ieri ho vinto e anche oggi e continuerò così».
Cosa è successo con Bennett nel finale? «Se fossi arrivato secondo perché ho dovuto frenare visto il suo spostamento, avrei di sicuro fatto ricorso come è già successo. L’ho affiancato infatti da subito e, se da velocista dico che uno spostamento lo fai sempre, oggi il cambio di direzione è stato evidente. Non volevo rischiare di andare contro i piedini delle transenne come è successo ad esempio agli Europei quando ho perso la possibilità di vincere. Se non avessi dato la spallata a lui forse sarei andato contro le transenne. C’è stato un contatto per fargli capire che ero lì sin da subito».
Come paragoni la tappa di ieri con quella di oggi? «Non è stato facile affatto, sempre su e giù, le squadre dei velocisti e degli uomini di classifica cercavano di stare davanti. Non era la classica tappa da velocisti. Qualcuno è rimasto anche vittima dei ventagli e ha perso terreno. Siamo andati davvero fortissimo nell’ultima parte. Il finale è stato simile a ieri con strade a due corsie e rotatorie, forse un po’ più lento nel finale per via dell’ultima curva e del vento più forte di quanto pensassi. Ho deciso così di mollare il mio treno e aspettare le mosse di Modolo e Bennett prima di partire, per controllarli. Quando è partito ho compreso che provasse da lontano e l’ho seguito. Siamo stati fortunati con la temperatura, meno calda delle previsioni».
Che ruolo gioca per te Schachmann? «È giovanissimo, ma ha già vinto una tappa al Catalunya. È stato bravo nel crono iniziale con un settimo posto vicino ai migliori specialisti. Ha un ruolo da leader, dunque si tiene coperto per vedere dove può arrivare, ma non ha eccessive pressioni da parte della squadra. Oggi è stato molto prezioso perché è stato davanti e ha lavorato per me al contempo non ha rischiato di perdere secondi. A crono è davvero forte, vediamo cosa farà sulle salite lunghe».
È vero che non sei stato molto bene nella prima parte della tappa? «Dopo la tappa di ieri la serata è andata un po’ lunga con un piccolo brindisi, ma niente di che, poi l’adrenalina era alta e non ho dormito molto per la felicità. Così, mi sentivo un po’ stanco. Poi mi sono un po’ rilassato dopo la vittoria. Le prime due ore e mezza ho sofferto un po’ e ho dovuto impegnarmi a tutta negli sprint intermedi contro Modolo e Gibbons e questo mi ha sbloccato un po’».
Mancano alcuni tra i migliori velocisti al mondo, come vivi questo? «Dicono che è facile quando mancano gli altri, ma non mi interessa. Io vengo perché il Giro è importantissimo, tanti vengono e poi non lo finiscono. Credo che il Giro sia la corsa a tappe più difficile da finire. Mi importa solo quante tappe io possa vincere. Alla fine i confronti a inizio stagione ci sono stati e ho anche vinto, non mi faccio problemi. E credo di avere la migliore squadra per le volate».
Pensi che ci potrebbe essere un Giro di Israele in futuro? «Per come ha risposto il pubblico penso che può nascere una corsa a tappe, non sappiamo se erano così tanto perché era un grande evento o per il ciclismo, ma credo si possa fare; magari, inserirei qualche salita per renderlo più duro».
Credi che si possa organizzare una partenza più lontano da Israele? «Più lontano penso sia complicato. Ad esempio domani non è un vero riposo perché arriviamo verso l’una in Sicilia, mangiamo qualcosa e ci si allena, poi ci aspettano tappe dure».
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