| 12/05/2007 | 00:00 Subito, già dalla cronosquadre di quest'oggi Marzio Bruseghin sarà il regista in corsa di Damiano Cunego, il veronese baby-prodigio che punta esplicitamente al bis nella corsa rosa dopo l'exploit del 2004. Non solo perché il 33enne trevigiano di Vittorio Veneto è il tricolore in carica della crono, ma essenzialmente perché Marzio il ruolo del luogotenente a vita se lo è voluto ritagliare sacrificando non poco le proprie attitudini ed ambizoni.
"Si la scelta è stata mia - ribadiva ieri Marzio in attesa della suggestiva cerimonia di presentazione delle 22 squadre avvenuta sulla portaerei Garibaldi -. Però prima di chiudere la carriera, un Giro tutto per me vorrei provare a correrlo. Ma sarà difficile, se non impossibile, trovare la squadra disposta a sposare questo progetto. Più passano gli anno poi...Mi accontenterei allora di una tappa. Si vincere almeno un tappa al Giro prima di mettere la bici al chiodo".
In questo Giro comunque potrai sempre fare la tua parte.
"La mia parte, come quella di tutta la Lampre, è già segnata. Senza Napolitano che avrebbe fatto gli sprint, la squadra è votata tutta per Cunego. Ognuno di noi conosce già il suo ruolo ed io sarò al servizio del mio capitano. Se avrò le mie libertà per andare a caccia di tappe o fare classifica significa che Damiano ha avuto problemi. Ed io francamente spero che la maglia rosa riesca a portarla lui e sino a Milano".
Come arrivi a questo Giro, il nono della tua carriera.
"Bene. Sto davvero bene, sono più che competitivo. L'avvicinamento è stato buono, anche se senza acuti. Quest'anno ho iniziato la stagione dalla Milano-Torino, privilegiando le corse a tappe seppur brevi. Così tra una cosa e l'altra mi sono ritrovato con 25 giornate di gara nelle gambe, non poche comunque".
La gente ti riconoscerà per la maglia tricolore che ti fascia.
"E' una bella soddisfazione. Uno stimolo ed una responsabilità in più. Me è meglio che me la goda tutta, perché saranno le ultime volte che potrò indossarla".
Quali i punti chiave della risalita dello Stivale quest'anno?
"Mancando un vero leader, una squadra in grado di controllare la corsa, si può decidere dappertutto. Quest'anno è disegnato bene, anche se con trasferimenti poco agevoli. C'è il terreno per parecchie le imboscate. Ma se tutto va regolarmente, due tapponi alpini, l'ultimo con l'arrivo sulle Tre Cime di Lavaredo, saranno decisivi ancor prima dello Zoncolan comunque importante come la cronoscalata di Oropa. E' chiaro che lo Zoncolan emetterà l'ultima sentenza e neppure la crono di Verona cambierà più di tanto. Non vedo un Giro che si deciderà sul filo dei secondi".
Chi potrà insediare allora Damiano Cunego?
"Senza dubbio i più accreditati sono Simoni e Savoldelli. Poi sulla carta c'è Di Luca che potrà dire la sua. Ma senza Basso la corsa al successo è apertissima e sarà davvero molto combattuta ed incerta".
Già, adesso Basso e ancora doping. L'immagine del ciclismo resta sempre infangata.
"Anche se alla fine la gente continuerà ad amare il ciclismo, ci aspetterà sempre in montagna. Crede che non tutti sono dopati, nonostante tante certezze vengano ogni giorno intaccate dagli eventi. Tutti oggi siamo messi a dura prova. L'aspetto più brutto però è che ora qualsiasi vittoria, ogni impresa, è vista col sospetto. Per noi corridori che facciamo tanti sacrifici e ci mettiamo tanto impegno non c'è nulla di più avvilente. Fa davvero male. Questo sport, ed è l'unico, da anni sta combattendo il doping e per questo bisogna dargli fiducia. Ma non è giusto attendere il Giro per cercare di trovare la soluzione al problema col rischio di fare processi sommari per accertare la colpevolezza di qualcuno. Servono invece pene e tempi certi. Ciò non toglie che se una persona sbaglia deve pagare. In Italia c'è una mentalità davvero strana. Se un corridore è accusato di doping è un criminale, un politico che intasca mazzette no".
Massimo Bolognini
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