ROSA TROPICALE - LA MIA AFRICA - 2 _ GALLERY E VIDEO

PROFESSIONISTI | 17/01/2018 | 08:40
E’ un’altra Africa. E’ cambiato tutto, ma tutto, ma completamente tutto. Se prima, a Libreville, sembrava una civiltà ancora simile alla nostra, ora non c’entra più nulla. Al di fuori della capitale, le città sono villaggi fatti di capanne, dove la gente vive vendendo prodotti di qualsiasi tipo ed esponendoli come in un perenne mercatino delle pulci. Tra un villaggio e l’altro percorriamo la strada principale, che è in ottime condizioni, fatta di un continuo saliscendi.

Alterniamo foresta e savana. Qui si trovano – di tanto in tanto – capanne disperse nel nulla. Poi i mercatini, gli animali, le famiglie, gli adulti che chiacchierano, i bambini che giocano. E’ così in quasi tutti i villaggi, in quasi tutte le capanne. Oggi mi ha colpito soprattutto un gruppo di bambini: giocavano in un campo, liberi, scalzi, felici. Correvano dietro a un copertone di bicicletta. Non c’era altro. Accanto a loro, seduti, c’erano i genitori. Stavano cenando al lume di candela. Probabilmente la corrente elettrica, lì, non esiste.

Ed è anche un altro ciclismo. La corsa non ha nulla a che vedere, a che spartire, a che condividere con il ciclismo europeo: non c’è strategia, non c’è tattica, non c’è controllo, non c’è alleanza, non c’è un filo logico nel modo di correre degli africani. Scattano o si staccano, misteriosamente.

Quanto a noi, niente più grande hotel a quattro stelle tipo mondo occidentale: adesso ci troviamo in un alberghetto che sa più di bed and breakfast. E niente più oceano Atlantico, ma un fiume enorme, dalle acque limacciose, per arrivarci bisogna fare una strada con il pullmino, e ogni momento si rischia di toccare il fondo. E non c’è più neanche il wifi. Per un giorno siamo rimasti senza internet, e non vi dico che stavo male, ma mi è sembrato strano non poter essere collegato, non poter essere connesso.
Ci siamo organizzati con delle sim card gabonesi, ma sono più quelle che non funzionano di quelle che funzionano.

Luca – Luca Pacioni, il nostro velocista –, dopo il quarto posto della prima tappa, stavolta è arrivato secondo. Luca – Luca Raggio, il mio compagno di camera – trentesimo e io trentaduesimo. Tutti in gruppo.

Massimo Rosa
(testo a cura di Marco Pastonesi)

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COMMENTI
bravi
17 gennaio 2018 12:47 geo
Bell'articolo!

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