STORIA | 27/12/2017 | 18:14 Era l’anno della maggiore età, per il
Premio internazionale
Vincenzo Torriani. A Bergamo, quel 3 ottobre del 2015, insieme a Gibì
Baronchelli e Pietro Santini c’era anche lui, Gualtiero Marchesi. Ci
sarebbe in realtà
dovuto essere anche don Antonio Mazzi, in quei giorni convalescente.
Eppure
alla tavola della 18esima edizione del “Torriani” il menù era stato
abbondante.
Anche proprio per la presenza di Marchesi e del suo legame con il mondo
del ciclismo.
Del resto, a
stimolare l’appetito del giovane Gualtiero era stata infatti una bicicletta.
Una Bianchi, con cambio Campagnolo. I cui pedali mulinavano come frullatore per
dodici chilometri ogni mattina, nelle campagne di San Zenone. Era il tragitto
casa-scuola, da ripetersi in senso contrario per tornare a pranzo. Salvo poi
replicare il tutto al pomeriggio. A conti fatti, quei 48 chilometri
giornalieri erano palestra per le gambe e per la mente, ancor più delle lezioni
tra l’istituto Gonzaga e la scuola di Stradella. “Le pedalata per andare a
scuola, nonostante fossero lunghe, avevano il loro fascino e le loro sorprese”,
spiega Marchesi nella sua autobiografia, ‘Marchesi si nasce: questa è la mia
storia’.
“In breve mi fecero diventare un campione di ciclismo. Alla fine della
guerra ero così allenato che a Milano, appena tornato, fui sfidato in una corsa
da un ragazzo iscritto a una prestigiosa associazione di atletica. Ebbene,
senza neanche tanta fatica fisica, stracciai il piccolo campioncino. Che non
poteva darsi pace di tutte quelle ore spese ad allenarsi”.
Divenuto il primo cuoco italiano a guadagnarsi le tre stelle
e poi a restituirle, amalgamò arte e passione per crescere alcuni tra i
migliori chef di oggi. A loro insegna i segreti di sapori e appetito per il
bello, tra cui quello della bicicletta. Non è un caso che oggi Enrico Crippa e
Davide Oldani, due tra i suoi più noti discepoli tra i fornelli, pedalino in
testa al gruppo non solo tra le cucine più rinomate del mondo. Il primo non per
niente è definito “il cuoco ciclista”, l’altro capace di dire che “la
bicicletta è la cosa più importante al mondo, dopo la famiglia e la cucina”. Stefano Arosio
Tim MERLIER. 10 e lode. Fa una volata impeccabile, perfetta, anche se sceglie il centro strada e quindi il vento in faccia. Ma ha lo spunto più rabbioso, più convincente, più cattivo ed efficace. Dà l’impressione di avere un paio...
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