TRENTIN? SÌ, PUÒ FARE IL CAPITANO

PROFESSIONISTI | 26/11/2017 | 07:14
Il primo giorno di settembre, inforcando i pedali da Coin ver­so Tomares, Matteo Trentin an­dava incontro alla sua terza vittoria spagnola. A poco più di 30 chilometri, sulla spiaggia di Malaga, An­tonio Gisbert collocò gli sguardi persi dei “Los Torrijos” nel suo famoso di­pinto del “fucilamento” che oggi domina il Prado di Madrid. Lì dove lo stesso Matteo, nella tappa conclusiva della Vuelta, ha centrato la quarta vittoria nella corsa spagnola.

Quel giorno, sul volto di Trentin - proprio come su quello che dipinge il ge­nerale - c’era lo sguardo fiero di chi guarda in faccia il proprio destino. Sen­za timori. L’orgoglio e l’ambizione si sono poi tinti d’azzurro, con una ma­glia vestita ai Mondiali di Bergen senza avvertirne il peso, nonostante il titolo di capitano in corsa.
Non è nel carattere trentino di Matteo l’arte di nascondersi. Non potrebbe es­serlo per uno che il 2017 lo ha chiuso con la perentoria volata alla Parigi-Tours, nell’ultima gara in maglia Quick Step, bissando il successo del 2015. La chiusura del cerchio in una stagione che ha allargato il raggio delle ambizioni. Dimensione nuova, quella di Tren­tin, modellata dal pieno della maturità atletica e soprattutto proiettata verso un futuro di responsabilità e ambizioni. Lui che già aveva saputo affiancare alla predilezione per le classiche anche un successo che evoca pagine del mito, con la vittoria nel 2016 della tappa al Giro partita da Muggiò e conclusa nientemeno che a Pinerolo. Lui che ha tagliato il traguardo a braccia alzate anche due volte al Tour de France. Sul­le strade iridate di Norvegia, una manciata di centimetri avevano fatto la differenza tra lui e i primi tre, Peter Sa­gan, Alexander Kristoff e Michael Matthews. Mica gente qualunque.
«Mi girano i coglioni, il podio è per tre e il quarto è il primo dei pirla», aveva sentenziato a caldo. Un manifesto: quando la diplomazia non annacqua il gergo e non diluisce l’istinto con la prudenza. A Trentin, quel giorno, la fame è rimasta dentro. Ed è divenuta stimolo per saziare ambizioni e misurarsi con la nuova avventura in Orica Scott.

Come per un moderno eroe romantico, Trentin pedala oggi incontro al proprio destino, cercando di afferrare l’eredità dell’ultimo grande specialista italiano nelle prove di un giorno, Paolo Bettini. Matteo e Paolo: gregari, da bruchi di­venuti farfalle una volta liberati dal loro bozzolo.

«Le caratteristiche dei due, in effetti, sono mol­to simili - spiega Ma­rino Amadori, commissario tecnico della Na­zionale Under 23, uno che Trentin l’ha visto crescere, e bene, nelle se­lezioni azzurre di categoria -. Ri­cor­do in particolare il Giro delle Fiandre Under 23 del 2011, vinto da Salvatore Puccio. Quel giorno, Matteo corse una gara memorabile. Ma anche negli anni successivi ha continuato a crescere e a farlo bene, migliorando tantissimo. Correre in Nazionale, certo, ha contribuito alla sua maturazione. Così come, più in generale, il fatto di aver spesso corso accanto a grandi campioni. La scelta di passare in Orica Scott gli darà la possibilità di giocarsi le proprie carte, ha l’età e l’esperienza giusta per farlo».

Per Amadori, questa fase di transizione non rappresenterà un problema. «Si è sempre presentato preparato agli ap­puntamenti importanti, quindi cambierà poco per lui. Ha corso come uo­mo di appoggio a lungo, proprio co­me Paolo Bettini con Michele Bar­toli. Bettini però è esploso prima, facendo un bel salto di qualità. Negli ultimi mesi Trentin ha dimostrato di poter correre da leader e ha mancato davvero di un nonnulla la medaglia ai Mondiali. Non fosse stato per quella maledetta curva…In ogni caso, ha un posto tra i grandi, a livello internazionale. E potrà togliersi belle soddisfazioni».

«In effetti, negli ultimi mesi ha dimostrato Mat­teo grande maturità - gli fa eco da parte sua Gianluigi Stan­ga, che ex diesse ha visto sbocciare più di un atleta di primo piano -. Cor­rere da capitano, certo, sarà differente. Ma non è più un giovanissimo che potrebbe patire questo passaggio. Avere i gradi è, innanzitutto, una grande motivazione. Dopo tanti anni in una squadra, molti meccanismi sono collaudati. Cambiare ambiente può dargli l’opportunità di sfruttare al cento per cento il cambiamento a proprio favore. Gli si è prospettata questa op­portunità e non vedo perché avrebbe dovuto farsela scappare. Ha dimostrato di avere grandi doti e può trarre solo vantaggi da questo cambiamento. Se arrivasse in una mia squadra, gli darei però un solo consiglio: quello di divertirsi. Non si pensi più a schemi, watt e tecnicismi. Occorre divertirsi. E lui mi sembra maturo anche in questo, perché già lo stava facendo in questi ultimi mesi alla Quick Step».

Il pollice alto è anche quello di Giancarlo Fer­­retti, ex diesse Fassa Bor­tolo: «Penso che Trentin possa fare molto bene, la scelta fatta lo responsabilizza del tut­to. Divenire capitano gli offrirà vantaggi e autonomia e gli auguro di cogliere ancor più vittorie. Sicuramente già in Quick Step aveva una squadra di grande valore, se ha preso questa decisione è perché pensa di migliorare ulteriormente». Non ci sono insidie, secondo Ferretti, nell’approccio differente alle ga­re, nel suo futuro ruolo di capitano. «Non guardiamo le spine: non ci saranno differenze psicologiche. La responsabilità ce l’ha anche un gregario, ce l’ha chiunque lavori in una squadra che vuole vincere. E chi trionfa lo fa perché ha dietro un bel gruppo». Il senso del realismo è quel che a Ferretti fa anche evitare suggestivi parallelismi. Ri­cor­dando i tempi da direttore sportivo del­la Mg Boys Maglificio, spiega: «Presi Bettini da ragazzino, era vivacissimo. E molto simile a Michele Bartoli. Sareb­be diventato capitano anche con me, Paolo. Era scritto nel suo destino. A Trentin auguro di ripercorrere le sue stesse orme, ma non facciamo paragoni. A 28 anni, nemmeno se avesse un decennio davanti potrebbe cogliere i successi di Bettini, che tra l’altro ha firmato tante gare bellissime».

Concetto che lo affianca al pensiero dell’ex team manager Liquigas, Ro­berto Amadio, che spiega come «i due possano essere paragonabili solo come percorso. Ma Tren­tin, già dal prossimo anno, per le corse del nord e alcune tappe dei grandi Giri potrà considerarsi alla pari de­gli Alexander Kristoff o dei Peter Sa­gan. Non si arriva tra i primi 5 a un Mondiale o nella top ten di una classica monumento», come ha fatto Trentin col decimo posto alla Milano-Sanremo 2016, «se non si hanno le palle. A Ber­gen, Matteo ha forse sbagliato qualcosa in quell’ultima curva, ma è un dettaglio tecnico. Perché un quarto posto in una gara del genere è comunque qualcosa di molto importante. Alla prova iridata ha saputo correre da leader ed è per questo che non pagherà lo scotto della promozione a capitano, ora in Orica. Dopo anni di professionismo, si ha la maturità per vivere con serenità questi cambi di prospettiva, senza che influiscano a livello psicologico. Penso che questi anni in Quick Step gli siano serviti a maturare e sia alla Vuelta che alla Parigi-Tours abbia dimostrato la personalità che gli arriva da aver corso a lungo accanto a grandi campioni, co­me Tom Boonen ad esempio. Ora Mat­teo avrà più libertà d’azione, in Orica. E per lui sarà una grande opportunità».

«Sarebbe stato capitano anche in Quick Step, do­po quel che ha fatto ne­gli ultimi mesi», aggiunge il ct Davide Cas­sa­ni. «In ogni caso, è una grande chan­ce. Aspet­tia­mo a fare parallelismi, ma il percorso di Matteo può ricordare quello di chi, da gregario, ha fatto tanta gavetta per arrivare poi a giocarsi le proprie carte. È difficile che possa ambire a una Liegi o a un Lombardia, ma potrà puntare al Fiandre, alla Sanremo, ad alcuni arrivi dei Grandi Giri. È un corridore veloce, che ha il senso della corsa ed è uno degli uomini più bravi del nostro ciclismo. La sua evoluzione l’ha portato ad arrivare a correre da capitano, a diventare uomo di riferimento. E la cosa importante credo sia proprio questa crescita che è riuscito a completare».

Stefano Arosio, da tuttoBICI di novembre
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COMMENTI
26 novembre 2017 16:40 tempesta
Bel Corridore, quello che ha fatto nel 2017 non lo ripetera piu.Perche? Verra controllato e la musica cambia.

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