AMATORI | 14/08/2017 | 09:44 E’ morto l’Eroico. Luciano Berruti, quello dei baffi a manubrio, quello del basco a scacchi e dei pantaloni alla zuava, quello delle bici storiche e dei tubolari a tracolla, quello imparentato con Ganna e con Galetti, con il Diavolo Rosso e con Baslot, con Manina e con l’Avocatt. E’ morto l’Eroico. Ieri, in bicicletta, poco prima di mezzogiorno, in località Baltera, lungo la strada che da Bormida porta al colle del Melogno, dalle parti di casa sua, a Cosseria, nel Savonese. Forse un infarto. Aveva 74 anni, ma è come se ne avesse avuti 200, l’età della bicicletta in versione draisina, o soltanto 20, o magari 15, o neanche 10, l’età di chi – a forza di pedali – scopre il mondo, esplora il pianeta, inventa le giornate.
E’ morto l’Eroico. Un giorno, nel deposito di Camillo, lo zingaro del paese che salvava rottami, scovò una bici più vecchia di lui, malmessa, malconcia, malandata, senza manubrio, senza più vita: l’acquistò, l’aggiustò, l’accompagnò addirittura in una cronoscalata, o forse fu lei ad accompagnare lui, e insieme giunsero secondi al traguardo. L’inizio di un grande amore. Perché da quella Peugeot del 1907, la stessa con cui Petit Breton aveva conquistato il Tour de France nel 1907 e nel 1908, Berruti è tornato indietro nel tempo, lo ha respirato e abitato, lo ha vissuto e animato, e lo ha pedalato dovunque, in tutte le Eroiche, da quella originale di Gaiole in Chianti, a quelle che si stanno moltiplicando in Giappone e in Argentina, in Spagna e in Inghilterra.
E’ morto l’Eroico. Aveva collezionato i suoi gioielli in un capannone sublimato a museo: dalla cyclette con cui la principessa Sissi d’Austria si teneva in forma lontana da occhi indiscreti e popolari, a una delle bici con cui Franco Ballerini entrava nel ciclismo, e poi maglie, borracce, dorsali, cartoline, occhiali, foto, ragnatele, polvere, cinghietti, manifesti. Un’epopea. Il Far West delle due ruote umane. Il Louvre dei movimenti centrali. Il Colosseo delle pedivelle. E lui era – allo stesso tempo - cowboy, artista e gladiatore.
E’ morto l’Eroico. Chiunque ha una foto con lui, perché lui non diceva mai no a uno scatto, a un autografo, a una battuta, a una pacca, a un abbraccio, a una pedalata, a una mano, a una spinta, a un tuffo nella storia, a un salto nel tempo. Partiva sempre in prima fila, poi si sfilava, consapevole che la lentezza è soltanto una diversa velocità. E pensare che il suo cognome è sinonimo di velocità olimpica, anzi, olimpionica, anche se senza bici. Forse Luciano (e non Livio) Berruti sapeva anche che la lentezza è l’unico modo per rallentare la frenesia degli orologi, l’ossessione dei cronometri, la mania delle classifiche. Tant’è che si era guadagnato, fino a ieri, un’eterna posizione di fuori categoria.
E’ morto l’Eroico. E pure stavolta siamo morti, un po’, anche tutti noi.
Marco Pastonesi
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