ADISPRO. CHIESA: ITALIA, RIPARTIRE SI PUÒ

TUTTOBICI | 25/04/2017 | 07:58
Mario Chiesa ha da pochi mesi iniziato la nuova avventura nel Team Bahrain Merida che il direttore sportivo bresciano, che è anche segretario di ADISPRO, ha guidato anche alla Milano-Sanremo.

Il consiglio direttivo dell’associazione dei direttori sportivi italiani doveva ritrovarsi in questi primi mesi della stagione: ci siete riusciti?
«L’idea emersa nell’assemblea annuale era quella di trovarci al più presto e il presidente Davide Goetz giustamente spinge per riuscire a riunirci tutti assieme. Sembra una barzelletta ma gli impegni con il World Tour sono molteplici ed è difficilissimo trovare il mo­mento giusto per riuscire a trovarci. Ora sono iniziate le Classiche del Nord, ci sono al­tre corse in calendario e quindi i giorni buoni si assottigliano. Quando poi riesci a trovare un paio di date senza impegni per le competizioni, c’è giustamente la famiglia come priorità e le altre cose che hai tralasciato per ovvi motivi. Co­sì diventa sempre un problema far coincidere il giorno buono per tutti. Speriamo di riuscire a fare questa riunione al più presto perché dobbiamo chiarire alcune cose, alcuni passaggi. E poi è utile perché faccia a faccia possiamo dare una rinfrescata alle nostre idee e problematiche da portare avanti, per non far cadere tutto nel dimenticatoio».

Primi vagiti della nuova stagione. Come ti è sembrata la situazione generale del ciclismo?
«Ci sono grandi team con grandi sponsor che tengono duro e quindi vanno avanti. Purtroppo non è la stessa cosa in Italia dove le grandi aziende si sono allontanate dal ciclismo, e le poche che ci sono af­fiancano team stranieri. D’al­tra parte anche a livello di cam­pioni non è un momento bellissimo in Italia e quelli che abbiamo sono dislocati in giro nelle diverse squadre. Ci sono stati anni d’oro nei quali in Italia c’erano tante squadre forti e di conseguenza tanti corridori di alto livello: ricordo stagioni con più di dieci team professionistici e con molti corridori italiani. Ora, a parte i team Professional e Con­tinental, che non sono molti, sappiamo bene qual è la situazione».

Giorgio Squin­zi, patron della Mapei per anni un team leader nel mondo del ciclismo, ha detto “In Italia il ciclismo si è sgonfiato perché sono ve­nuti a mancare i grandi sponsor...”.
«Il dottor Squinzi adesso vede il ciclismo sotto un altro aspetto, visto che è impegnato nel calcio con il Sassuolo. Sono d’accordo sul fatto che per fa­re una squadra di primo livello ci vogliono dai 20 ai 30 milioni di euro, che sono una cifra troppo alta, esagerata per invogliare i vari sponsor ad entrare. Però mi chiedo quanto costa una squadra di calcio di primo livello? Che ritorno pubblicitario porta alle aziende? Prendiamo solo il Giro d’Italia e il Tour de France, quale altra disciplina dà tanta visibilità agli sponsor? Non c’è nessun altro sport che ti dà tante ore di diretta in televisione e tutto il resto del ritorno mediatico attorno all’evento. E se hai una buona squadra che si mette spesso in evidenza, il ritorno di immagine è sicuramente importante. Ci sono eventi sportivi di grande risonanza come le Olimpiadi, ma si disputano ogni quattro anni, il ciclismo propone ogni anno questi grandi eventi».

Anche il doping, ha detto Squinzi come tutti giustamente sottolineano, ha tolto credibilità al ciclismo. E questo pesa tantissimo in ottica sponsorizzazione...
«Non è possibile negare quello che è successo nel nostro mondo, ci mancherebbe. Però è anche giusto sottolineare che nessun sport ha fatto quanto il ciclismo per contrastare il do­ping. Dal 2005 è stato introdotto il passaporto biologico, altri sport lo hanno fatto da poco, molti non ci pensano nemmeno...».

Eppure la gente per le strade non manca mai, il ciclismo at­tira sempre tantissime persone: prima, durante e dopo le corse. Questo dovrebbe essere linfa vitale per le due ruote.
«E se ci fossero i campioni italiani che c’erano negli anni passati, mi riferisco ai vari Gi­mondi, Bugno, Moser, Sa­ron­ni, Pantani, Cipollini e via di­cendo, la gente vicina al ciclismo sarebbe ancora più numerosa. È un amore che non finisce mai, ma il grande personaggio è fondamentale e attira la gente. Ora si punta sulle nuove tecnologie come le telecamere sulla bici che ti fanno vedere tante cose durante la gara, sono cambiati i tempi e giustamente sono cambiate tante cose nel ciclismo nel be­ne e nel male».

Valerio Zeccato, da tuttoBICI di aprile
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COMMENTI
Pensiero
25 aprile 2017 10:47 FrancoPersico
La crisi economica globale unita alle incertezze non facilita. Alla guida delle squadre ci vorrebbero dei dirigenti d\'azienda e non ex ciclisti. Personalmente cancellerei i procuratori da questo sport. Null\'altro da dire.

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