COSA CE NE FACCIAMO DI UN VAN AERT COSI’

di Cristiano Gatti

Sono sincero, non mi tiro indietro, confesso senza problemi: avrei scommesso un dollaro che questo inizio di Giro si sarebbe sublimato nel segno di Van Aert. Inutile spiegare perchè: certe volte basta il nome. Il suo valore, il genere di tappe ideali, la sua voglia apertamente manifestata nelle giornate di vigilia.

Ovvio che tutti conosciamo i problemi incontrati in questa primavera dal fuoriclasse belga. Mentre lui soffriva e faticava, quelli del suo livello, soprattutto l'altro Van, si portavano a casa i Monumenti e lo umiliavano.

Anche per questo avrei scommesso. Mi dicevo: viene al Giro caricato a pallettoni, l'inizio è disegnato per lui come abito da sposa, i primi giorni li passerà in maglia rosa. Se non altro, terrà su il prestigio di una corsa rosa decisamente povera di nobiltà. Un Van Aert in cerca di riscatto può diventare una furia bestiale.

Invece eccomi qui a confessare la mia fesseria: Van Aert fatica dal primo chilometro, corre una cronometro breve (il suo pane) da criptare pietosamente, nella terza tappa albanese si stacca sulla prima salita e si presenta sul traguardo con un quarto d'ora, quando già ai transennisti cominciano a prudere le mani. Evidente: chi chiede pronostici mi eviterà come un gatto nero. Fama meritatissima.

Però, anche lui. Procede ad andatura da camper, goffo e legnoso, sembra proprio che in Italia sia venuto solo il Van, lasciandosi a casa l'altra metà. Incredibile. O ci dice che è vittima di un virus farabutto, o ci dice che sta semplicemente aspettando di trovare la condizione strada facendo, o ci dice che è innamorato e ha la testa altrove. Certo non può dirci che questi percorsi erano troppo impegnativi per lui.

In ogni caso, a noi del Giro vengono spontanei i cattivi pensieri. Già erano pochi i big alla partenza, già abbiamo perso Landa alla prima caduta, manca solo di vederne uno dei pochi tirarsi in Giro a questo modo. Detto da uno che ci è rimasto male, io: cosa ce ne facciamo di un Van Aert così.

L'esperienza insegna: quando il big straniero mostra questa gnagnera, tira una gran brutta aria. Di solito però aspettano di arrivare ai piedi delle Alpi: prima si vincono quello che c'è da vincere, poi arriva l'infiammazione al ginocchio o la tonsillite, quindi in via prudenziale, con tanto dispiacere, davvero con tanto rammarico, prendono il primo aereo nell'aeroporto più vicino.

Questo di Van Aert è un film diverso. Proprio non ha nemmeno cominciato il Giro. Ma l'aria che tira non è ugualmente bella. Con il giorno di riposo in arrivo per il volo verso l'Italia, i casi sono due: o Van Aert ne approfitta per rimettersi un attimo a bolla e riprova dal martedì a inventarsi qualcosa alla Van Aert, oppure rivela di avere tanto male da qualche parte e tira dritto verso il Belgio. Con tanti saluti all'Italia e agli italiani.

Io che avrei scommesso su di lui sceglierei volentieri la uno. Ma stavolta non ci scommetterei. Da un Van Aert così mi aspetto di tutto. Cosa ce ne facciamo di un Van Aert così.

 

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