Giro, Tour e l’ombra di Saiz
di Gian Paolo Porreca
«Entre la carpe et l’autruche...». «Fra la carpa e lo struzzo...» dove in senso figurato per carpa si intende un incrocio fra un mellifluo e un imbecille e per struzzo, se è necessario sottolinearlo, chi nasconde la testa sotto la sabbia... Questo è l’offensivo titolo di apertura che L’Équipe di lunedì 16 novembre ha dedicato al Giro d’Italia, al suo editoriale di presentazione stipulato verosimilmente di concerto tra RCS e La Gazzetta dello Sport e al suo relativo - «molto relativo...» ci correggerebbe l’estensore dell’articolo, Pierre Ballester - impegno contro il doping.
E già, perché i francesi ed il Tour definiscono questo Giro ’99 di profilo alto solo in senso altimetrico, ma di profilo basso «sur les affres du dopage». «A la guerre comme à la guerre», alla stampa transaplina non va giù il solo «minute d’evocation au micro» ed il rimedio prescritto dal Giro è da loro icasticamente paragonato all’utilità del mercurocromo contro la febbre da fieno!
Cotanta supponenza, siffatta prosopopea lungo l’articolo intero, solo perché Carmine Castellano si è rifiutato fondamentalmente di proporre una carta etica da far firmare agli atleti e ai loro team prima della corsa e tantomeno un controllo medico pre-gara gestito dall’Organizzazione e non dalle squadre, ma si è invece limitato ad affermare una generica possibilità da parte del Giro di allontanare i protagonisti che in un modo o nell’altro contravvengano al fair-play sportivo, e ciclistico in particolare.
«Je suis a fond avec Jean-Marie Leblanc», si è difeso Carmine Castellano, «A fond ma derriére», a fondo ma dietro, puntualizza con un’accidia deprecabile il collega francese!
Che nel testo ulteriore sottolinea in particolare una sospetta connivenza fra Giro e Vuelta, una «entente cordiale», dicevate così?, italo-spagnola per espugnare la leadership del Tour, ammiccando ad una sorta di comune liberismo verso il doping.
Certo, ci auguriamo che Castellano vada prossimamente in Spagna ad omaggiare la presentazione della Vuelta e non a scendere già a patti con Manolo Saiz, il direttore sportivo della Once che al Tour ’98 guidò da capopopolo l’oscena rivolta contro i metodi di indagine della gendarmeria francese.
Ma non è certo colpa di Castellano se proprio quel signor Saiz, dopo una estenuante assemblea dai toni di putsch, tenuta il 4 novembre scorso, prima del vernissage del Tour, è riuscito a scalzare Roger Legeay ed il suo bon ton da Presidente dell’Associazione Internazionale dei Gruppi Ciclistici Professionistici e ad indurre nell’assemblea un ben diverso orientamento!
Leblanc e il Tour volevano, per il tramite del lealista Legeay, una carta dell’etica sportiva e un controllo biologico-medico «indipendente» prima della partenza della corsa, accettati, in accordo con gli sponsor, da tutte le squadre partecipanti. Con il diritto di espellere atleti e personaggi vari in difetto di moralità.
Viva il Tour e la sua grandeur, squadre francesi tutte allineate, pure la Festina?, clap clap, come sarebbe stato contento il ministro Buffet...
Con Saiz al potere, c’è da giurarci, il dissidio franco-spagnolo si inasprirà invece nuovamente ed il ciclismo italiano potrà vezzeggiare di fatto quell’atteggiamento che non ci fa storicamente onore: l’ambiguità.
Ma che colpa abbiamo noi, - L’Équipe certo parlerebbe di alibi... - se i francesi hanno dalla loro parte le leggi dello stato sul doping e sono in diritto di tenere da ben quattro mesi in fermo di polizia il dottor Mihailov, il medico della TVM ed agli arresti domiciliari - in un albergo della Marne - il direttore sportivoPriem e il massaggiatore Moors della stessa squadra, come fossero colpevoli di chissà quale reato penale? E fra l’altro siamo proprio sicuri che tale atteggiamento di rigore sia poi in grado di generare adeguati meccanismi sanzionatori? Vedi i quattro calciatori transalpini di livello nazionale - Arribagè Sibierski Guerin Pouget - incriminati per nandrolone e poi nella logica del vizio di forma uno alla volta, come i petali di una margherita, assolti?
Certi che in Italia, nonostante Tangentopoli, la Rivoluzione francese non avrebbe avuto proseliti, e che in un regime di Pedali Puliti e avvisi di garanzia pure al Master di ciclismo diCassani vi annunciano impunemente gli indiziati Conconi e Cecchini, testimoniamo la nostra pallida solidarietà alla Società del Tour de France.
L’antidoping come mira o miraggio, in una singolare legge del contrappasso dopo aver esonerato dai controlli ematici Ullrich e Riis e Virenque al Tour di due anni fa - qualcuno lo ha dimenticato? - «c’est la vie», molto prima del 3 luglio Leblanc sarà costretto a parlamentare proprio con quel Saiz lì che nel luglio scorso si gloriava di «avoir mis un doigt dans le cul du Tour»!
La classe, si nota bene, non è acqua.Tantomeno sangria.
Gian Paolo Porreca, napoletano, docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare, editorialista de “Il Mattino”
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