L o fece vincere, platealmente, con tanto di didascalia e cerchiolino a indicare il suo gesto caritatevole. Da quel momento sul Monte Ventoso cominciò a soffiare rabbia e rancore. Armstrong che pretendeva l’applauso sincero per il suo sommo gesto, Pantani imbufalito (a ragione) per essere stato trattato come un corridorino qualsiasi: neanche fosse stato il Bernaudeau di Hinault. Mesi di stilettate e dichiarazioni pepate. Il texano che snobba l’«elefantino», Marco che non si fa mettere i piedi in testa, ma ha il garbo di fargli sapere «che se solo sapesse davvero quello che penso di lui, saremmo due grandi amici». Ci impiega un po’ Armstrong a capire d’aver sbagliato, ma alla fine quello che conta è il risultato. E Armstrong chiede a Pier Bergonzi, collega de La Gazzetta dello Sport, di fare in modo di creare le condizioni per incontrare il Pirata. L’incontro avviene, e Lance chiede scusa. Diciamolo fino in fondo, quel giorno sul Mont Ventoux non si comportò certo da campione. Se un campione decide di lasciare la vittoria ad un avversario, lo deve fare con garbo e classe, in modo tale da far apparire quella vittoria assolutamente credibile agli occhi di tutti. È buona educazione ringraziare quando si riceve un regalo, ma non è certamente carino ostentare il regalo e magari dichiarare quanto ti è costato per acquistarlo. Lance quel giorno perse una grande occasione, ma ha saputo recuperare e l’occasione se l’è ricreata alla Vuelta Murcia, dove i due hanno trovato i tempi e i modi per spiegarsi. E se sul Monte Ventoso Armstrong dimostrò di essere certamente campione in bicicletta ma non altrettanto campione di sportività, con il suo successivo gesto ha però dimostrato un’umiltà e un’intelligenza che gli possono solo fare onore. Ha sbagliato ma ha anche rimediato, con un gesto da autentico campione. Non è facile ammettere i propri sbagli, seppur veniali; lui l’ha fatto con quel garbo che gli era mancato in Francia. Certo, va anche ricordato che i corridori non sono delle belle educande che vanno in giro in bicicletta a cercare ciclamini, ma in corsa e in particolare al Tour de France, la tensione agonistica è elevatissima e qualche parola non propriamente controllata può pur sempre uscir fuori. È anche vero che le polemiche del Monte Ventoso hanno avuto origine da un malinteso tra i due. Il texano raccontò poi che al Pirata quel giorno gridò «vitesse vitesse» (velocità, velocità); Marco capì invece «vinci tu». Incomprensioni, dettate dall’agonismo e dalla tensione. Ciò non toglie che il texano quel giorno non ci fece una bella figura, ma alla fine hanno prevalso la sensibilità e il buon senso. C’è voluto un po’ di tempo, ma per i gesti intelligenti non si è mai fuori tempo massimo.
Protagonista di un altro ripensamento, sempre lui, Lance Armstrong. Diciamo che il texano ha vissuto e sta vivendo in embrione una vicenda alla Pantani. La Procura di Parigi dal 18 ottobre sta indagando sulla US Postal, la sua squadra. L’indagine è scattata dopo una lettera anonima giunta al procuratore della Repubblica di Parigi, Jean-Pierre Dintilhac, nella quale si affermava che una troupe della tivù France 3 avrebbe notato movimenti sospetti di un’auto al seguito della US Postal all’ultimo Tour. In particolare sarebbe stato notato uno strano passaggio di buste di plastica. Ma si è spinto più in là Le Canard Enchainé, settimanale satirico dalla grande tradizione nelle inchieste su celebri scandali, secondo cui l’US Postal avrebbe utilizzato al Tour estratti di sangue di vitello, il cui effetto ossigenante sul sangue sarebbe paragonabile a quello dell’Epo. Al centro dell’inchiesta c’è un farmaco norvegese, l’Actovegin, proposto come gel e utilizzato per migliorare la circolazione sanguigna che non figura nell’elenco dei farmaci proibiti. Ricorderete che la reazione di Armstrong non fu delle migliori, per certi versi fu molto scomposta. Certo, chi l’avrebbe presa bene, direte voi. Però è anche vero che un conto è dichiararsi estraneo ad ogni accusa, difendere la propria immagine, e un altro è arrivare a scrivere sul proprio sito internet che in Francia non ci avrebbe messo più piede, se non per disputare il Tour de France. È arrivato persino a pensare di lasciare Nizza, sua residenza europea, ma la moglie l’ha immediatamente stoppato. Ha dichiarato cose violentissime contro la magistratura francese e sui francesi, che da due anni stanno insinuando cose pesanti sul suo conto.
Poi, improvvisamente, la retromarcia. Prima alcune frasi distensive sui cugini d’oltralpe, poi la decisione di correre il Circuito della Sarthe e, infine, a metà marzo la decisione di collaborare con la giustizia francese. In verità il giudice incaricato delle indagini, Sophie-Helene Chateau, aveva disposto una rogatoria per chiedere all’UCI i campioni di sangue prelevati ai corridori dell’US Postal. La società e l’UCI non hanno potuto far altro che prenderne atto. Anche in questo caso ha prevalso il buonsenso: mai carta bollata poteva essere più convincente.
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