Pensavamo stamattina a Caserta, ed alla sua maglia nera, di città italiana dove si vive peggio, nella classifica plurifattoriale del Sole 24Ore. (Riflettevamo, innanzitutto, e fra parentesi, a margine, all’utilizzo ultracomodo, spontaneo, della terminologia ciclistica sulle prime pagine di quei quotidiani che al ciclismo in genere riservano lo spazio di un necrologio, e che di Malabrocca e Pinarello ignorano la storia. Ci vorrebbe un copyright, o almeno una ripetizione imposta di ciclismo a chi disegna le pagine, “chi era Schroeders?”, per poter lecitamente, e senza usurpare la passione altrui, fare suo questo lessico...).
Ripensavamo, allora, stamattina a Caserta, e al suo ultimo posto nella qualità della vita, in base alle variabili rituali che determinano siffatta graduatoria: servizi pubblici, ambiente, sanità, istituzioni sociali, delinquenza ...
E ce ne chiedevamo oltre un ir/razionale “perché?”, con gli occhi e il cuore ancora pieni dell’emozione di aver vissuto domenica una nuova edizione del Borgocross di Casertavecchia.
Casertavecchia, per chi non lo sappia, è un gioiello di Medioevo disperso su una collina e il cielo, e il Borgocross, giunto alla 35a edizione, è l’idea felice, diritti di autore all’amico Michele De Simone, giornalista e responsabile storico del CONI di Caserta, che nel 1978 pensò ad incastonare uno sport massimamente a vocazione ambientalista come il ciclista in una scenografia strepitosa, e ineguagliabile, per storia e suggestione.
Se si ha in terra e in cielo un Borgocross, o la chance di far decollare una iniziativa volano di civiltà e cultura come il Borgocross di Casertavecchia, non ci si può rassegnare davvero ad una maglia nera...
Certo, il ciclismo è un indicatore modesto, parziale, ma senza alcun dubbio nella qualificazione di un territorio e del suo habitat è molto più rappresentativo di qualsiasi altra disciplina sportiva: dal calcio al tennis, dal nuoto al rugby... E la passione dei suoi promotori, a Caserta, resta davvero senza eguali: da Amedeo Marzaioli a Pasquale Ventriglia, da Angelo Letizia ad Antonio Giordano, da Antonio Curci a Giuseppe Coppola, che ne furono i primi artefici, fino a giovani come Enrico Pella e Sandro Iovanella che oggi ne guidano le redini....
Esenza dubbio il ciclocross, nel novero del ciclismo, costituisce una entità di nicchia. Anzi, di cult, un po' come la pista. Ma è pur sempre la miccia per provare ammirazione, nel guardare le figurine dei ciclisti variopinti a pervadere un panorama antico e tetragono, il volteggiare delle bici di fronte allo ieratico silenzio del Castello diruto, il loro moto a carezzare l’altrui immoto.
Caserta maglia nera, eppure titolare di un Borgocross... Forse, sfioriamo il parziale, se non il banale. Ma non di uno scudetto di calcio, parliamo, non ci si fraintenda, quando scriviamo dell’impatto che uno sport può avere nella elevazione di una città.
E allora che sia il ciclismo, il deus ex machina in senso sportivo/turistico/culturale di Caserta.
Siamo abituati a non essere né amati, né compresi fino in fondo, qui e altrove, ma Caserta potrà meritare grazie alla devozione per il ciclismo e per la sua cultura una posizione migliore nella classifica del Sole 24Ore.
E se non basterà l’input del Borgocross, troppo in alto e troppo dedicato agli innamorati, che le istituzioni trovino una occasione più eclatante, più clamorosa. Pensiamo all’aquilone del ciclismo in un volo a planare nei giardini e nei viali della sua Reggia vanvitelliana... Pensiamo, il sogno non costa, ad un Giro d’Italia il più vicino possibile che parta, o approdi, in quella sua Versailles senza paragoni. E che di Casertavecchia è il controcanto aristocratico.
Caserta noi la vogliamo, grazie al ciclismo, sorridete pure delle nostre illusioni, in maglia rosa.
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