Mi tocca pure difendere Richie Porte, mai l’avrei immaginato. Lui e il suo surreale motorhome, questo priveé semovente che lo mette al riparo dai microbi, dai seccatori, dai bruschi cambi di clima e di microclima. L’esperimento del Giro d’Italia ha portato i ben noti risultati, sommariamente un vero cataclisma, ma su questo niente da ridire: ognuno è libero di fare le proprie scelte e i propri esperimenti, poi ne gode i benefici o ne paga le conseguenze. Ovvio che Porte non abbia straperso il Giro per colpa del motorhome, ma inevitabilmente anche quello finisce nel computo finale del fallimento globale.
Tuttavia non è di questo che intendo parlare, non è per questo che mi tocca difendere Porte e il suo caravan da nomade: di vantaggi e svantaggi tecnici non mi importa un bel niente, anche perché non ho titoli per dire la mia. Molto più interessante, secondo me, è la questione generale che sovrasta il fatto specifico. Cioè: davvero dobbiamo accettare come giusta la decisione Uci di proibire il motorhome?
Siccome qui tutti accettano le regole, ma nessuno se le beve con l’anello al naso, superbamente su tuttobiciweb il direttore ha già rilevato questa strana prontezza, questa velocità supersonica, con cui il pachiderma Uci è intervenuto prima del Tour. Strabiliante, davvero strabiliante tanta prontezza di riflessi: soprattutto per me, che ho sempre visto l’Uci muoversi con velocità da bradipo e tempismo da parastato. Oltre a questa evidente - e umiliante - sudditanza nei confronti del potentato francese, vorrei però rimarcare l’irritante arbitrio, la palpabile ingiustizia, l’insopportabile doppiopesismo della decisione stessa. Spacciata come mossa per mettere tutti sullo stesso livello, a me si rappresenta solo come insopportabilmente ipocrita e retorica.
Ma come: davvero vogliamo far credere che il motorhome è vietato per mettere tutti sullo stesso livello? Ditemi apertamente che se tutti prendono questo andazzo il gigantismo già ingestibile del Tour finisce definitamente fuori controllo. Ditemi che in qualche modo gli organizzatori vanno tutelati, persino facilitati nel loro lavoro: se cominciamo a dare libertà di movimento e di improvvisazione a tutti quanti, chi si mette più a regolare un simile luna-park? Ditemi cioè che c’è sotto un comprensibile problema logistico e chiudiamola lì. Ma per piacere non facciamone un editto in difesa dell’equità e della giustizia. Non sta in piedi, proprio non regge.
Io la penso così: nello sport è impossibile mettere tutti allo stesso livello di partenza. Già per sua natura il ciclismo è sbilanciato e iniquo. Vogliamo forse paragonare l’organizzazione e i mezzi di una Sky con quelli di un’Androni? Davvero vogliamo dire che Froome e Pellizotti partono dallo stesso livello? Facciano il piacere. Caso mai, facciano un monumento all’Androni che riesce comunque a reggere la competizione e il confronto, qualche volta persino ribaltando le gerarchie tecniche e passando per prima davanti a tutti. Ma è evidente che mezzi meccanici, preparatori atletici, tecnici e massaggiatori, tutto il complesso delle strutture di un team ogni volta differiscono profondamente. Non ci piove. Se allora una squadra vuole imbarcarsi nella nuova frontiera del motorhome, così come in quella a suo tempo tranquillamente accettata dei trasferimenti con l’elicottero, dei cuochi personali, dei materassi memory portati negli alberghi, persino della camera ipobarica proibita solo in Italia, se cioè una singola squadra vuole sperimentare qualcosa per avanzare di qualche centimetro nell’esasperata ricerca del particolare decisivo, forza, mi dicano quelli dell’Uci dove sta lo scandalo. Mi dicano perché l’elicottero sì e il motorhome no. Mi dicano perché lo squadrone può piazzare alla Roubaix un cambioruote ogni venti metri e la squadretta invece s’attacca. Mi spieghino - ma con argomenti granitici e inattaccabili - dove sta la vergogna di questa libertà personale, la libertà di provare e di inventare, ovviamente nel rispetto delle regole fondamentali. Certo che se uno arriva con la bici motorizzata non siamo più nel campo della libertà, ma in quello della truffa. Lo sappiamo. Ma il motorhome e magari - un domani, chissà - la campana di vetro per tenere in fresco come lo champagne il campione stanco, mi dicano, che problemi pongono?
Poi ci si capisce: questa libertà le squadre se la devono spupazzare in proprio. Non esiste al mondo che un giorno Giro e Tour debbano garantire ad ogni squadra un albergo con parcheggio per una dozzina di motorhome (caso mai la moda avesse preso piede…). Non esiste proprio. L’organizzatore garantisce un letto a tutti, punto. Se a qualcuno quel letto non basta, settimo arrangiarsi. Dormi pure in motorhome, ma non rompere se in cortile non c’è spazio. Vai a parcheggiare davanti al centro commerciale, nell’antistadio, all’Autogrill: sono cavolissimi tuoi. La libertà è sacra, ma come diceva Voltaire non deve rompere l’anima a quella degli altri. Detto questo, non c’è altro da aggiungere: ancora una volta, i cervelli dell’Uci brillano con il loro strabismo. Per non dimenticare: sono sempre quelli che per portare il ciclismo negli angoli più esotici e remoti del mondo lo stanno uccidendo dove è nato.
Non era un corridore né un direttore sportivo, non era un meccanico né un massaggiatore, ma era tutto questo e molto di più: perché lui, il ciclismo, lo leggeva. Articoli e libri, perfino i miei, nonché radio e tv, che...
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