Gatti & Misfatti
Quel frontale Uci-motorhome

di Cristiano Gatti

Mi tocca pure difendere Richie Porte, mai l’avrei immaginato. Lui e il suo surreale motorhome, questo priveé semovente che lo met­te al riparo dai microbi, dai seccatori, dai bruschi cambi di clima e di microclima. L’esperi­mento del Giro d’Italia ha portato i ben noti risultati, sommariamente un vero cataclisma, ma su questo niente da ridire: ognuno è libero di fare le proprie scelte e i propri esperimenti, poi ne gode i benefici o ne paga le conseguenze. Ov­vio che Porte non abbia straperso il Giro per colpa del motorhome, ma inevitabilmente anche quello finisce nel computo finale del fallimento globale.

Tuttavia non è di questo che intendo parlare, non è per questo che mi tocca difendere Porte e il suo caravan da nomade: di vantaggi e svantaggi tecnici non mi importa un bel niente, anche perché non ho titoli per dire la mia. Molto più in­teressante, secondo me, è la que­stione generale che sovrasta il fatto specifico. Cioè: davvero dob­biamo accettare come giusta la decisione Uci di proibire il motorhome?

Siccome qui tutti accettano le regole, ma nessuno se le beve con l’anello al na­so, superbamente su tuttobici­web il direttore ha già rilevato questa strana prontezza, questa velocità supersonica, con cui il pa­chiderma Uci è intervenuto pri­ma del Tour. Strabiliante, davvero strabiliante tanta prontezza di riflessi: soprattutto per me, che ho sempre visto l’Uci muoversi con velocità da bradipo e tempismo da parastato. Oltre a questa evidente - e umiliante - sudditanza nei confronti del potentato francese, vorrei però rimarcare l’irritante arbitrio, la palpabile ingiustizia, l’insopportabile doppiopesismo della decisione stessa. Spacciata come mossa per mettere tutti sullo stesso livello, a me si rappresenta solo come insopportabilmente ipocrita e retorica.

Ma come: davvero vo­gliamo far credere che il motorhome è vietato per mettere tutti sullo stesso livello? Ditemi apertamente che se tutti prendono questo andazzo il gigantismo già ingestibile del Tour finisce definitamente fuori controllo. Ditemi che in qualche modo gli organizzatori vanno tu­telati, persino facilitati nel loro lavoro: se cominciamo a dare li­bertà di movimento e di improvvisazione a tutti quanti, chi si met­te più a regolare un simile luna-park? Ditemi cioè che c’è sotto un comprensibile problema logistico e chiudiamola lì. Ma per piacere non facciamone un editto in difesa dell’equità e della giustizia. Non sta in piedi, proprio non regge.

Io la penso così: nello sport è impossibile mettere tutti allo stesso livello di partenza. Già per sua natura il ciclismo è sbilanciato e iniquo. Vogliamo forse paragonare l’organizzazione e i mezzi di una Sky con quelli di un’Androni? Davvero vogliamo dire che Froome e Pellizotti partono dallo stesso livello? Fac­cia­no il piacere. Caso mai, facciano un monumento all’Androni che riesce comunque a reggere la com­petizione e il confronto, qualche volta persino ribaltando le gerarchie tecniche e passando per prima davanti a tutti. Ma è evidente che mezzi meccanici, preparatori atletici, tecnici e massaggiatori, tutto il complesso del­le strutture di un team ogni volta differiscono profondamente. Non ci piove. Se allora una squadra vuole imbarcarsi nella nuova frontiera del motorhome, così co­me in quella a suo tempo tranquillamente accettata dei trasferimenti con l’elicottero, dei cuochi personali, dei materassi memo­ry portati negli alberghi, persino del­la camera ipobarica proibita solo in Italia, se cioè una singola squadra vuole sperimentare qualcosa per avanzare di qualche centimetro nell’esasperata ricerca del particolare decisivo, forza, mi di­cano quelli dell’Uci dove sta lo scandalo. Mi dicano perché l’elicottero sì e il motorhome no. Mi dicano perché lo squadrone può piazzare alla Roubaix un cambioruote ogni venti metri e la squadretta invece s’attacca. Mi spieghino - ma con argomenti granitici e inattaccabili - dove sta la vergogna di questa libertà personale, la libertà di provare e di in­ventare, ovviamente nel rispetto delle regole fondamentali. Certo che se uno arriva con la bici mo­torizzata non siamo più nel cam­po della libertà, ma in quello del­la truffa. Lo sappiamo. Ma il mo­torhome e magari - un domani, chissà - la campana di vetro per te­nere in fresco come lo champagne il campione stanco, mi dicano, che problemi pongono?

Poi ci si capisce: questa li­bertà le squadre se la de­von­o spupazzare in proprio. Non esiste al mondo che un giorno Giro e Tour debbano ga­rantire ad ogni squadra un albergo con parcheggio per una dozzina di motorhome (caso mai la moda avesse preso piede…). Non esiste proprio. L’organizzatore garantisce un letto a tutti, punto. Se a qualcuno quel letto non ba­sta, settimo arrangiarsi. Dormi pure in motorhome, ma non rompere se in cortile non c’è spazio. Vai a parcheggiare davanti al centro commerciale, nell’antistadio, all’Autogrill: sono cavolissimi tuoi. La libertà è sacra, ma co­me diceva Voltaire non deve rompere l’anima a quella degli al­tri. Detto questo, non c’è altro da aggiungere: ancora una vol­ta, i cervelli dell’Uci brillano con il loro strabismo. Per non dimenticare: sono sempre quelli che per portare il ciclismo negli angoli più esotici e remoti del mondo lo stanno uccidendo do­ve è nato.
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