Gatti & Misfatti
La favola di Carolina

di Cristiano Gatti

Diciamoci la verità, senza inutili ipocrisie, noi del dannato mon­do ciclistico: la storia del do­ping in casa Schwazer-Kost­ner, due cuori e una provetta, ci appassiona parecchio. Sin­cerità per sincerità: in un mo­do un po’ perverso, ci provoca persino una specie di piacevole consolazione.

Dicono i saggi dell’antichità che è dell’uomo forte riconoscere le proprie debolezze. E allora ri­conosciamole tranquillamente, sperando di essere uomini forti. Personalmente, devo proprio ammetterlo: la novela dei due piccioncini delle nevi mi diverte. Ma non tanto perché mi piaccia godere delle sventure altrui: fino a quei pun­ti di abiezione non mi spingo. Non riesco a infierire sui disgraziati. Il livello di di­vertimento non è legato ai guai e alle angosce che stanno rovinando il clima in quella casa dei sogni, la casa dei suadenti spot tutti montagna, amore e pulizia, quanto agli imbarazzi e ai finti stupori che stanno turbando il mondo dello sport olimpico italiano.

Finora, alla bella gente cresciuta a pane e De Coubertin, faceva un gran gioco raccontarsi che gli sporcaccioni e i farabutti stavano tutti in bicicletta. Loro duri e puri, il ciclismo losco e truffaldino. Inutile tirarla in lungo: sul ciclismo non avevano neanche torto, ma era sul dogma della castità nelle altre discipline che chiaramente ciurlavano nel manico. Poi il terremoto alla vigilia dei Gio­chi di Londra, con la bella fac­cia del ragazzone d’alta mon­tagna che improvvisamente si sporca di Epo. E lei, la fidanzatina? La fidanzata di Schwazer e la fidanzata d’Ita­lia? Tanto leggiadra, candida come giglio, il più bel visino e il più bel vitino dello sport azzurro, improvvisamente raccontata come povera gioia finita nel baratro di un compagno imbroglione. All’inizio, più avvincente di una fiction: lui a tramare cose turche con Michele Ferrari, il satana di tutti gli scandali, lei poverina all’oscuro, vittima ignara, innamoratissima e ro­manticissima nella casetta del­le cose belle, delle medaglie preziose e dei valori veri. Alla faccia dei valori. Messa mano a quelli ematici, un cataclisma.
Non lo dico per malvagità congenita: già dal primo attimo, non mi sono mai bevuto questo film di lui mascalzone e baro che vive dentro la stessa casa, fa­cendo di tutto, a totale insaputa dell’ingenua compagna. Carolina all’oscuro? Ma per fa­vore. Sarà che noialtri in que­sti venti anni ci siamo fat­ti un immane master su mo­dalità e messinscene del do­ping, su recite e complicità, ma l’idea che davvero una convivente possa risultare completamente estranea e ignara è francamente fuori da ogni limite. Possiamo essere benevoli e creduloni, ma questa mi sembra davvero eccessiva. Difatti.

Difatti l’inchiesta della Procura di Bolzano, cui poi ha fatto riferimento quella del Coni, squarcia il velo sulla favoletta sud-tirolese. La cara Carolina, tan­to cara e tanto ingenua, finisce sotto accusa per complicità e omessa denuncia. Altro che ignara e vittima: deve difendersi e spiegare perché mai abbia coperto - a dir poco - il cmpagno.
Lasciandola alla nuova fatica di rifarsi una verginità a livello pubblico, augurandole le migliori fortune, noi possiamo tranquillamente avvertire lei e i suoi cantori che comprendiamo bene il dramma, avendolo più e più volte sperimentato in vent’anni d’inferno. Di­cia­mo però nel contempo che proprio in questa interminabile odissea abbiamo im­parato bene che le favolette stanno a zero. Niente duri e puri, niente isole felici, niente casette di montagna al di fuori e al di sopra del­le miserie umane. Il male non sta tutto nel ciclismo, il bene non sta tutto fuori, negli sport e negli spot poetici dell’olimpismo idealizzato. Per quanto ci riguarda, adesso stiamo un po’ noi alla finestra. Vediamo come se la cavano, vediamo cosa raccontano. Se trovano choccante e faticoso muoversi tra le macerie, chiedano pure. Siamo sempre qui, pronti a spiegare che dalle macerie non se ne esce più.
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