Se non se ne parla adesso, a gennaio, a corse praticamente ferme, non se ne parla più. Allora colgo l’occasione per una libera uscita, lasciando un attimo il mondo del grande ciclismo per entrare nel mondo parallelo del ciclismo mondano e fighetto.
È una presa di posizione che sento di dover assumere, anche se passibile di epiteti come antica, retrograda, trinariciuta. Con chi ce l’avrà mai stavolta, si chiederà qualcuno. Ce l’ho con voi, con alcuni di voi, che andate in televisione e sui giornali, ma anche nei pub e nei locali alla moda, spacciandovi per ciclisti. Parcheggiata fuori, lei, il mostro da due-tre-cinquemila euro: un vecchio telaio in acciaio riverniciato, una sella di cuoio duro, un manubrio di forma varia, e soprattutto là sotto, dove scorre la catena, il nuovo mito, un recupero del passato, la scelta vintage e radical-chic dello scatto fisso.
Sì, dico a voi, ultimi arrivati alla bicicletta, dopo essere scesi dal Suv e dalla barca a Portofino. Avete fiutato che a New York e a Londra fa molto dandy metropolitano la bici con lo scatto fisso, ed eccovi subito in giro per le nostre città a spandere boria. Al vostro fianco, l’altro Rotary di nuova formazione, quello della bicicletta col motorino. In questo caso, per noi veterani e ortodossi, siamo veramente al tradimento: lo sport della fatica annacquato e vilipeso, togliendo barbaramente di mezzo l’essenza stessa dell’esercizio, cioè la fatica. Ovviamente il motorino è una grande cosa per obesi e cardiopatici, perché consente loro di usare comunque il mezzo senza rischiare la morte. Ma non è di loro che parliamo, ci mancherebbe altro. Io parlo di quei ganassa che ricorrono al motorino per guadagnare un pacco di minuti nelle gran fondo, o anche solo per staccare il geometra sugli strappi collinari nell’uscita domenicale. Vergogna. Siete patetici.
Scatto fisso e motorino non hanno nulla, in sé, di vergognoso. Sono semplici accorgimenti tecnici per situazioni specifiche e limitate. La degenerazione di questi tempi è tutta un’altra cosa. Direi che ha un nome terribile, per il ciclismo: moda. Sì, qualcuno ha lanciato l’ordine e tutto il gregge si è subito accodato. I rinnegati non si limitano ad usare il mostro a scatto fisso per le vie del centro. Si limitassero alle loro perversioni, sarebbero anche sopportabili. No, vogliono stravincere. Pretendono di raccontare a noi, che in bicicletta andiamo da sempre, quant’è bello usare la bicicletta. Sono come quei tizi che si sposano a cinquant’anni e poi tutte le sere spiegano il matrimonio a gente sposata da trent’anni. Lo stesso con lo scatto fisso: ci spiegano quant’è trendy, quant’è libidinoso, quant’è wow spostarsi dall’ufficio alla sauna con un unico rapporto, tendenzialmente molto duro. A noi, che sappiamo bene come sia ben più dura la realtà: provassero, questi frufrù dell’ultima ora, cosa significa fare non dico il Mortirolo, e nemmeno il Ghisallo, ma anche solo le Mura di Bergamo o il cavalcavia della Bovisa, con lo scatto fisso, provassero invece cosa significa avere sotto un bel cambio, che consente di passare all’agile, sublime e irripetibile invenzione della tecnica e della pratica. Provassero, una volta, ad usare davvero la bicicletta, non per scimmiottare gli yuppies della Grande Mela o della City londinese, non per essere come nelle foto dei mensili lucidi, ma semplicemente per sfruttarne tutti i vantaggi, di salute, di risparmio, di serenità e soprattutto di libertà. Provassero, e poi si levassero dai piedi, possibilmente.
So bene che ogni moda a due ruote porta comunque acqua al mulino della grande causa. So bene che per tante aziende in difficoltà questa moda dello scatto fisso e dei motorini è una improvvisa possibilità di sopravvivenza. Questo lo accetto. Ma mi piacerebbe che queste degenerazioni tecniche fossero solo una fase di passaggio, diciamo uno specchietto per le allodole, un’esca irresistibile per condurre poi tutti sulla retta via, l’unica possibile, l’unica sensata, cioè la bicicletta con il suo bel cambio a tot rapporti. Se invece avviene il contrario, se loro finiscono per dettare legge e noialtri per fare la parte dei poveracci antiquati, mi girano le scatole. Anche perché c’è qualcosa, o qualcuno, di molto peggio, in questi nuovi orizzonti…
Opinione strettamente personale: se sono insopportabili quelli che dopo due giorni a scatto fisso vogliono spiegarci la grandezza e l’intelligenza della bicicletta, io sopporto ancora meno un’altra categoria. Quelli di noi, ciclisti da sempre, che li stanno pure ad ascoltare.
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