Gatti & Misfatti
Uotts Ameriga

di Cristiano Gatti

Sono preoccupato per il Giro. Lo dico con sommo dispiacere, perché è di gran lunga l’occasione che più amo nel ciclismo. Ma forse è proprio per questo che mi scattano i pensieri. Par­lan­done da vivo, ho la netta sensazione che si sia buscato un brutto accidente.

Già se n’era discusso nei me­si scorsi: tutta una gran festa per la decapitazione, finalmente, di Angelo Zomegnan, brutto, sporco e cattivo, colpevole e responsabile di tutti i mali. Poi il periodo delle incertezze, delle voci e delle dicerie, tocca a questo e tocca a quello, di sicuro Bergonzi, però in concorso con Bulbarelli e Beppe Con­ti, magari con una zampa a livello tecnico di Martinello. Ne ho sentite e ne ho lette di ogni, fino alla decisione finale: cambia poco, è il corpaccione di prima senza la testa. Resta la squadra: più coinvolto Michele Acquarone, il manager, più responsabilità alla coppia Vegni-Allocchio, gli specialisti. E via che si riparte.

Lo confesso: sono andato alla presentazione, nonostante già tutto si sapesse in largo anticipo, con molta ansia e con una certa curiosità. Sono persino riuscito a digerire la prolissa cerimonia, dove si è puntato quasi tutto sulla commemorazione dei morti, salvo il deprecabile incidente di dimenticarne uno molto caro e molto importante, Ferrero Junior, che bene o ma­le di questa corsa resterà per sempre un papà nobile. Ma pazienza, sono sviste in buona fede. Più che altro, l’anno prossimo vediamo di spostare il vernissage in una data più consona: certamente il 2 no­vem­bre lo è.
Purtroppo, camera ardente a parte, è il resto che angoscia. Sin dal primo momento il Giro 2012 ha giocato a carte scoperte. Non ha fatto nulla per na­scondere i suoi punti critici e le sue debolezze. Niente: con raro senso di masochismo, con alto sprezzo del ridicolo, il Giro ha convocato una sfilza di campioni per sentire dalla loro viva voce che se ne guarderanno bene dal correrlo. Contador, Ni­bali, Hushovd: tutti dimissionari prima ancora di cominciare. So­prav­vivono, di quella ecatombe, i soli Basso e Scarponi. Persino Cobo, che nessuno sa chi è, ma che comunque è pur sempre il vincitore dell’ultima Vuelta, girerà alla larga. Prati­ca­men­te, affrontiamo l’inverno pregando tutti i santi che venga almeno uno Schleck, nel segreto timore che alla fine verrà quello scarso.

Quanto al percorso, non ne parliamo. La nuova gestione esibisce con orgoglio la sua scelta, contro le sadiche megalomanie della carogna Zomegnan: guardate che sciccheria, due settimane senza sforzi, persino senza ignobili trasferimenti, e alla fine tre arrivi in salita veri, con il solo tappone di Mortirolo (taroccato) e Stel­vio a mettere davvero paura. Evvi­va, come siamo umani, abbiamo inventato il Giro light, meno duro e meno crudele, alla portata di tutti, in questo senso autenticamente e sportivamente democratico.

Bello, se piace a loro. Pec­ca­to che un Giro così esista già da sempre e si chiami Tour. Due settimane noiose come le tasse, due o tre tappe di montagna neanche tanto feroci, quindi tutti a Parigi per festeggiare la grandeur sui Campi Elisi. E noi, che ultimamente eravamo riusciti a scrollarci di dosso la nomea di imitatori, di cinesi del ciclismo, di patetici replicanti, di nuovo pronti a confezionare un anonimo simil-Tour. E non mi vengano a dire che Cervinia è un salitone: lo conosco, sarebbe perfetto per il Tour. Piuttosto questa era, lo dico con orgoglio e con rimpianto, “la corsa più bella del mon­do nel Paese più bello del mondo”. Un marchio di qualità, un prodotto tipico. O ricordo forse male?

Sì, lo dico ad alta voce: temo fortemente che il dopo-Zo­megnan parta malissimo. L’attuale gestione - di squadra - fa della dimensione internazionale il suo obiettivo primario, meglio detto target. Ho qui sulla scrivania i de­pliant della nuova edizione: tutto è scritto in inglese, l’italiano è in ca­ratteri piccolissimi e ben nascosti. Mi vengono in mente i libroni del Tour: col cavolo che privilegiano l’inglese. Eppure non mi risulta che il Tour soffra di provincialismo, che in giro per il mondo nessuno lo conosca. Noi però abbiamo nel Dna questo complesso di inferiorità, sin dai tempi di Alberto Sordi e del suo memorabile “uotts-ameriga”. Ma va bene, facciamo quelli che sanno le lingue e che si aprono al mondo: globalizziamoci. Però, amici cari, concedetemi solo un ultimo però.

È questo: il Giro dell’internazionalizzazione (porco de­mo­nio, che parola) ha certo bisogno della lingua inglese, ma prima di tutto, per farsi gradire e amare all’estero, avrebbe bisogno di appeal. Do you know appeal? Ma sì, avrebbe prima di tutto bisogno di avere un grande percorso all’italiana, cattivo il giusto, cioè un percorso di Mortiroli e Zoncolan, di Plan de Corones e Strade bianche, un prodotto cioè veramente nostro, inimitabile, con dentro salite che ab­biamo soltanto noi, sterrati che abbiamo soltanto noi, paesaggi che abbiamo soltanto noi, persino vulcani che abbiamo soltanto noi. Que­sto come punto di partenza. Ma poi, per catturare davvero le attenzioni di tante nazioni, bisognerebbe avere campioni di tante nazioni. E noi? Noi andiamo incontro a questi mercati con una volgare imitazione del Tour e con un duello Basso-Scarponi. Sai che libidine, sai che botte davanti al video, dall’America alla Cina, per una cosa del genere. Aggiungo: proprio il percorso light, disegnato per non spaventare e anzi attirare campioni stranieri, sarà il più povero di iscrizioni straniere. Questo per chiarire una volta per tutte che non è la durezza a metterli in fuga. Forse è il contrario.

Lo so, forse sono troppo ap­prensivo. Ma non riesco a non essere preoccupato. Già mi viene il mal di testa alla sola idea di presentare questa cosa ai ver­tici del mio giornale. Immagino gli imbarazzi e le difficoltà di tutti i miei colleghi. Ma immagino anche la risposta dei nuovi organizzatori: e chissenefrega se gli italiani non ne parlano. Noi guardiamo al mondo. Giusto. Faccio solo presente che an­diamo ad aprire la bancarella sul mercato internazionale con il Giro più casereccio e provinciale degli ul­timi anni. Proprio stavolta. Al mo­mento, ha tutta l’aria del campionato italiano a tappe. Che idea: e chiamarlo così?
Copyright © TBW
TBRADIO

00:00
00:00
Primo podio internazionale per Sara Casasola. La friulana della Crelan Corendon oggi si è classificata al secondo posto nella gara di Essen (Belgio) prova valida per la Challenge Exact Cross per donne elite. La venticinquenne udinese di Maiano seconda anche...


La Top Girls Fassa Bortolo si è laureata campione d'Italia cronosquadre della categoria donne elite a San Biagio di Callalta nel Trevigiano. La regazze Chiara Reghini, Marta Pavesi, Irma Siri e Sara Luccon guidate da Rigato, hanno chiuso il math...


Sono i friulani del Team Tiepolo Udine i nuovi campioni d'Italia della cronosquadra juniores maschile. Il quartetto composto da Simone Granzotto, Tomaz Lover Medeot, Christian Pighin e Davide Frigo ha impiegato 34'35".86 per coprire i 29, 4 chilometri del percorso...


La Biesse Carrera Zambelli bissa il successo dello scorso anno e si laurea per la seconda volta campione d'Italia cronosquadre della categoria donne juniores. La formazione bresciana, composta da Erja Giulia Bianchi, Giulia Zambelli, Alessia Locatelli e Maria Acuti ha conquistato il...


Non ci sono più dubbi circa il fatto che per Paul Double il 2025 rappresenti la stagione della svolta. A 29 anni compiuti e alla prima stagione in una squadra World Tour, il corridore britannico infatti non solo ha...


Si è spento nella notte Nunzio Pellicciari, ex professionista reggiano, classe 1935. Aveva corso nella massima categoria dal 1959 al 1963 vestendo le maglie della San Pellegrino, della Molteni, della Torpado e della San Pellegrino - Firte. Chiusa la carriera...


Paul Seixas è il nuovo simbolo del ciclismo francese. A 19 anni è arrivato settimo al Giro di Lombardia, un evento straordinario perché è il più giovane corridore nella storia, ad essere entrato nei primi 10 alla sua prima Classica...


L’Italia continua a lasciare il segno ai Mondiali di paraciclismo su pista in corso a Rio de Janeiro. Dopo il brillante esordio nel chilometro da fermo,  Claudia Cretti ha portato ancora l’Italia sul gradino più alto del podio nella...


Parla britannico (ma anche un po’ italiano) l'arrivo in salita del Tour of Guangxi 2025. Sull'iconico e durissimo traguardo di Nongla, infatti, ad imporsi è stato Paul Double che, con una scalata solidissima e un’accelerazione decisiva portata nell’ultimo chilometro, è...


Stando all’ultimo aggiornamento del ranking UCI del triennio 2023/2025, la Cofidis si è presentata in Cina al Tour of Guangxi da ventesima formazione in graduatoria con un ritardo di 400 punti da colmare nei confronti della diciannovesima posizione occupata...


TBRADIO

-

00:00
00:00





DIGITAL EDITION
Prima Pagina Edizioni s.r.l. - Via Inama 7 - 20133 Milano - P.I. 11980460155




Editoriale Rapporti & Relazioni Gatti & Misfatti I Dubbi Scripta Manent Fisco così per Sport L'Ora del Pasto Le Storie del Figio ZEROSBATTI Capitani Coraggiosi La Vuelta 2024