El Gouzi, il sogno di Cacaito

di carlo Malvestio

Per Omar El Gouzi è cominciato un periodo molto delicato, non solo della sua stagione, ma della sua carriera. D’altronde è al quarto anno U23 e vorrebbe capitalizzare il suo percorso di crescita con il passaggio tra i professionisti. Classe 1999, è nato a Peschiera del Garda da genitori marocchini e cresciuto a Sega di Ca­va­ion, tra il Lago di Garda e la Val­po­li­cella, un «luogo ideale per allenarsi».
Ha cominciato ad andare in bicicletta perché «nel mio palazzo vivevano un ragazzo e l’allenatore della US Ausonia. Ho convinto i miei genitori a provare questo sport e da lì non ho più smesso».
Lo chiamano Cacaito, in onore di Nel­son Rodriguez: «Me lo affibbiò il mio allenatore tra gli esordienti, perché ad una corsa a Palù di Giovo, una delle pri­me che affrontai in salita, andai mol­to forte. Ancora adesso qualche compagno mi chiama così».
Questo crocevia importante per il suo futuro il corridore della Iseo Serrature Rime Carnovali Sias lo ha approcciato nel modo giusto, chiudendo nono il Giro d’Italia U23 e settimo il Campio­na­to Italiano, dimostrando una gran gamba quando la strada sale. A questi appuntamenti sono poi seguite le partecipazioni a Giro dell’Appennino e GP Lugano tra i professionisti e poi il Giro del Veneto a tappe.
Stai attraversando un gran bel periodo…
«Sono uscito bene dal Giro d’Italia e la conferma è arrivata dal Campionato Italiano. Voglio provare a sfruttare la gamba e fare bene nei prossimi appuntamenti, senza però strafare perché la fatica accumulata è tanta».
Soddisfatto del tuo Giro U23?
«All’appuntamento ero arrivato molto motivato. L’anno scorso ero a ridosso della Top 10 e sono crollato nell’ultima tappa sul Mortirolo, quindi quest’anno volevo veramente lottare fino alla fine per un buon piazzamento. Ho terminato in crescendo, e questo è importante, l’esperienza dell’anno precedente mi è servita. Con la squadra siamo sempre stati allerta, ci siamo inseriti nelle azioni giuste e siamo anche andati vicini a vincere la maglia blu dell’Intergiro, con Ma­sotto che ha chiuso secondo».
Lasciando stare Ayuso, eri lontano dagli a­ltri avversari?
«Nelle ultimissime tappe non così tan­to. Tolto Ayu­so, che era di un’altra categoria, ho sofferto solo nella tappa di Lago di Campo Moro, nella quale ho comunque limitato i danni chiudendo in rimonta. Ad Andalo ho attaccato e ho chiuso quarto e poi sul Nevegal sono rimasto agganciato ai primissimi».
Tra Tirol-KTM e Iseo Rime Carnovali hai già fatto tanta esperienza coi professionisti.
«Sì, ormai di esperienze coi professionisti ne ho fatte abbastanza ed è sempre utile perché poni l’asticella verso l’alto e di gara in gara puoi vedere quanto stai migliorando. Ho avuto modo di correre il Tour of the Alps, il Giro dell’Austria e la Cro Race, conclusa male con la frattura della clavicola, in maglia Tirol e poi quest’anno altri appuntamenti im­portanti come Appennino e Lugano sotto la guida di Mario Chiesa e Daniele Calosso».
Che tipo di scalatore sei?
«Sono uno scalatore puro. In questi anni mi sono reso conto che vado forte quanto c’è brutto tempo, freddo e pioggia. Ed è paradossale, perché non mi piace correre con quelle condizioni, pe­rò rendo di più».
Adesso arrivano altri appuntamenti im­portanti.
«C’è il Giro della Valle d’Aosta, che quest’anno ha solo tre tappe. Poi proverò a giocarmi le mie chance per una maglia azzurra al Tour de l’Avenir. Non sarà facile ma non sono tagliato fuori. Ho indossato la maglia della Nazionale solo una volta, da secondo anno junior, ad un trofeo in Germania, grazie alla chiamata di Rino De Candido. Fu una grande emozione».
Da qui a fine stagione qual è il grande desiderio?
«Chiudere bene la stagione e strappare un contratto da prof per l’anno prossimo. Sono ormai al quarto anno da U23 e spero che qualcuno mi chiami».
E per la tua carriera?
«Potendo sognare dico la vittoria di un Grande Giro».
Un bilancio di questo quadriennio da U23?
«Il primo anno in Viris è stato positivo, con tanti piazzamenti nelle classiche U23 internazionali, poi invece la stagione in Tirol-KTM è stata abbastanza ne­gativa. In squadra stavo bene, ma ho sbagliato completamente la preparazione, perché ho voluto provare un nuovo metodo, lavorando poco e basandomi molto su numeri e watts ed era la prima volta che lo facevo. La scelta è stata er­ra­ta e i risultati scarsi. Dall’anno scorso sono con la Iseo; il 2020 è stato condizionato dal covid e ho corso poco e quest’anno invece sta andando piuttosto bene».

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