Nibali, un Giro per la storia

di Pier Augusto Stagi

Ci siamo, finalmente è maggio ed è tempo di Giro d’Italia. La corsa rosa quest’anno presenta un cast di assoluto livello e tanti candidati alla vittoria finale. Tra i big al via la carta azzurra su cui scommettere è, ancora una volta, Vin­cenzo Nibali. Ha preparato con puntiglio l’assalto alla terza rosa, un’impresa che sarebbe davvero storica anche in considerazione dell’età, perché la vincerebbe a 34 anni, 6 mesi e 19 giorni, diventando il trionfatore più vecchio su­perando Fiorenzo Magni che nel 1955 aveva 34 anni, 5 mesi e 29 giorni.
Lo Squalo non alza le braccia al cielo dalla Sanremo 2018 e ha grande fame di vittoria.
«Il Giro è l’obiettivo più importante dell’anno. Non correrlo nel 2018 mi è pesato, da italiano mi è mancato sentire l’affetto dei tifosi. Ho tanta voglia di rosa. Sento la competizione dentro di me, ho voglia di lottare».
Gli avversari sono avvisati. Vincenzo è la bandiera del ciclismo italiano degli ultimi vent’anni. In carriera finora ha colto 51 vittorie, tra cui il Giro 2013 e 2016, il Tour 2014 e la Vuelta 2010 (4 trionfi su 20 grandi giri disputati, ndr). Più 7 tappe al Giro, 5 al Tour e 2 alla Vuelta; 18 maglie rosa, 19 al Tour, 20 alla Vuelta. Tre Monumenti: Lom­bar­dia 2015 e 2017, Sanremo 2018; due campionati italiani, due Tirreno-Adria­tico e tanto altro. Dall’era di Gimondi, nessuno ha vinto di più di questo si­gnore di Messina, che per inseguire il sogno della bicicletta da bambino dormiva nella macchina di papà Salvatore per andare a correre oltre lo Stretto. Da allora sembra passata una vita e un po’ è così visto che sta vivendo la sua quindicesima stagine da prof.
«Alla Vuelta 2010 avevo 25 anni, per la felicità mi sembrava di aver vinto la corsa della domenica. Ero giovane, soltanto dopo ho capito quello che avevo fatto. Il passaggio più faticoso è stato dal 2010 al 2013: più attenzione, tanta pressione, aspettative. Il Giro era la ga­ra che desideravo più di tutte da bambino ed è stata quella più difficile da ripetere come vittoria. Il Tour? C’è vo­luto l’aiuto di tutti per placare l’ondata di eventi che si erano scatenati dopo quel trionfo. Un grande giro lo costruisci giorno per giorno, devi andare forte o difenderti tutti i giorni, sei stanco ma ti tieni sempre qualcosa dentro perché qui, a differenza delle classiche, c’è un domani».
Gli obiettivi nel mirino sono risaputi: Giro 2019, Olimpiade 2020, Mondiali 2021. Per la corsa rosa si è preparato bene sul Teide con il fratello Antonio, Damiano Caruso, Valerio Agnoli, An­drea Garosio e l’austriaco Hermann Per­nsteiner. In 11 giorni ha messo nel­le gambe 48 ore di allenamento macinando 1.337 km con 29.291 metri di dislivello. Solo in bicicletta ha consumato 34.835 kilo calorie. Ha svolto un buon lavoro, con simulazioni di gara anche dietro moto insieme al suo allenatore di sempre Paolo Slongo, prima di rifinire il lavoro in corsa al Tour of the Alps, chiuso al terzo posto, e alla Lie­gi-Bastogne-Liegi, dove è giunto ottavo.
Sulle strade del Trentino è parso particolarmente pimpante, attaccando a ri­petizione  non appena la strada iniziava a salire. Ha fatto conoscenza con due giovani talenti che ritroverà al Giro d’Italia in maglia Ineos al fianco di Egan Bernal, uno dei pretendenti alla maglia rosa. Al #TotA si è dovuto in­chi­nare a Pavel Sivakov e Tao Geo­ghe­gan Hart, che hanno oltre 10 anni me­no di lui, alla Liegi nulla ha potuto contro lo strapotere del suo coetaneo Jakob Fuglsang.
«Sto bene, però questi “bravi ragazzi” sono stati più che all’altezza. Li avevo incontrati a Tenerife con Chris Froo­me, anche loro devono aver lavorato du­ro in vista del Giro. Hanno vinto corse importanti nelle categorie minori, non c’è da sorprendersi per come vanno» raccontava a Bolzano. E anche dal Belgio è tornato senza rimpianti. «La corsa è stata davvero dura ed esigente, ho preso davanti la Roche-aux-Faucons, ma quando Fuglsang ha accelerato sono stato costretto a sedermi co­sì come hanno fatto Alaphilippe e tanti altri. Per quanto mi riguarda, la vittoria è scappata ma il morale c’è. Per la prima volta ho lavorato “dietro mo­tore” al Teide, questo tipo di allenamento di solito lo svolgevo solo più avanti, al San Pellegrino in vista del Tour de France. Abbiamo simulato del­le parti di tappe insieme ai compagni: nei raccordi tra una salita e l’altra, nei tratti pianeggianti e ondulati ci mettevamo tutti a ruota del motorino di Slongo e poi in salita ognuno svolgeva i suoi lavori specifici. Sono contento perché la gamba gira bene».
Lo confermano i dati del suo computerino tanto che Slongo confida: «È un buon Vincenzo. Le ultime corse ci han­no dato le risposte che volevamo, non sono emerse lacune particolari su cui intervenire. Dopo il blocco di lavoro in altura, che di solito lo rende un po’ “impastato”, Vincenzo si è dimostrato già brillante. La simulazione di gara in allenamento con la moto ha dato i suoi frutti, a prescindere dal risultato la prestazione è quella che volevamo. È esplosivo e ogni giorno che passa sta sempre meglio».
Negli anni scorsi Slongo in moto simulava Froome, questa volta il suo pupillo dovrà confrontarsi con tanti rivali di­versi. «Il ciclismo sta cambiando, i giovani sono cresciuti. Dovremo confrontarci oltre che con Bernal, con Tom Dumoulin e Primoz Roglic che dalla loro hanno le crono, e poi non va sottovalutato Mikel Landa. Quest’anno il Giro ha un parterre quasi migliore del Tour. La corsa è ben bilanciata. Il finale è davvero duro: può far pareggiare i conti agli scalatori rispetto ai cronomen» continua il preparatore della Baharain Merida.
Per questa missione rosa nulla è stato lasciato al caso. Quest’anno Vincenzo ha cominciato a gareggiare all’UAE Tour il 24 febbraio, da quando è pro’ (2005) mai aveva iniziato così tardi. Ha fatto un vero “stacco” invernale, co­me non accadeva da anni. Per i tanti impegni non andava più neppure in fe­rie per davvero, salvo recarsi dai suoi parenti in Sicilia o nel Lazio da quelli del­la moglie. La mente restava sempre “collegata”. Lo scorso inverno invece ha fatto vacanza e ha ripreso con cal­ma. Ci voleva proprio, considerato il tanto lavoro conseguente l’infortunio dovuto alla caduta all’Alpe d’Huez per bruciare le tappe del recupero. Ha cu­rato particolari in passato un po’ trascurati, come la palestra: pesi, corpo libero, addominali, dorsali. A inizio preparazione ha inserito più richiami di forza, aumentando i carichi, oltre al volume e all’intensità. Con il passare dell’età il problema non è la resistenza, ma i cambi di ritmo in salita.
Grazie anche ai test nella galleria del vento di Go­ri­zia, nelle prossime settimane Vincenzo userà un nuovo manubrio per le cronometro (al Giro sono tre, per un totale di quasi 60 km, ndr) sullo stile di quello di Cam­penaerts, fresco primatista dell’ora. È più leggero e aerodinamico, realizzato dopo simulazioni in 3D, e nella versione da utilizzare in salita (al San Luca, il pri­mo giorno) anche 6 centimetri più alto per una maggiore resa quando si alzerà sui pedali. Per le prove contro il tempo, dalla BMC è arrivato l’allenatore David Bailey e la partnership con McLaren ha da­to un contributo im­portante. Si è investito tanto in aerodinamica, materiali, modo di lavorare. La tendenza è chiara: in salita i distacchi sono minori. La crono ti fa perdere o gudagnare di più.
Per un miglior recupero nel do­po-tappa Vincenzo utilizzerà un apparato di pressoterapia. Oltre alla Graston Technique, per la mobilizzazione dei tessuti, e all’In­diba Activ: si accelerano i naturali meccanismi di rigenerazione del tessuto e si migliora il recupero. Si sfrutta pure il “trapano” Hipervolt: un massaggiatore che sfrutta meccanicamente la fase di vibrazione del massaggio, con cui si può lavorare più in profondità rispetto alle mani. A curare i suoi muscoli e i suoi pensieri ci penserà, come sempre, il fidato Michele Pallini.
Da oltre un mese lo Squalo sta utilizzando delle solette propriocettive o plantari adattivi di ultima generazione per i piedi, con un sensore che emette frequenze amplificate per una migliore coordinazione muscolare e una diminuzione dello stress del gesto atletico. Tutto è legato alla postura conseguente l’incidente dello scorso anno al Tour. In termini di efficienza di pedalata i ri­sultati sono buoni, lo ha confermato an­che l’ultimo test svolto nei pressi della sua casa di Lugano.
Vincenzo non ama effettuare le ricognizioni, prima di partire per Bo­lo­gna ha preferito allenarsi in tranquillità in Svizzera e trascorrere del tempo con la moglie Rachele e la piccola Emma Vittoria. Nei giorni scorsi ha visionato solo la crono di San Marino, per rinfrescarsi la memoria sottodata guarderà i video realizzati dal diesse Franco Pel­li­zotti con Domenico Pozzovivo, che ha percorso le tappe più insidiose, e da Al­berto Volpi, che in ammiraglia ha visionato le frazioni piemontesi. Nel ciclismo di oggi, in cui si lotta sul filo dei secondi, bisogna partire forte e perdere il meno possibile fin dal prologo. Il San Luca non determinerà grandi distacchi ma farà già qualche differenza. Nel 2017, alla sua ultima partecipazione, tra Dumoulin, Quintana e lui il podio fu racchiuso in 40”. E non c’era una ultima settimana dura come quella di quest’anno che sulla carta permetterà agli scalatori di pareggiare i conti con i cronomen. La sua forza sarà l’esperienza: Vincenzo è un uomo da corse a tappe, le sue doti fisiche e la sua testa per le tre settimane fanno la differenza. Ha l’età migliore per la resistenza e la durata della prestazione nel tempo. È risaputo che dorma sempre sonni tranquilli: quello che potrebbe stressarlo più del solito è il clima che si respira nella sua squadra. Lo Squalo e chi gli sta vicino non celano il malumore che si respira alla Bahrain Merida da cui dovrebbe separarsi a fine stagione. Inoltre è innegabile che in passato abbia potuto contare su gregari più for­ti e affiatati, al Tour of the Alps ha det­to che si è sentito “Nibali contro tutti”. Sarà stata una battuta, ma nei momenti decisivi era sempre solo. Al Giro potrà fare affidamento su un terzetto di uo­mini fidati: il fratello Antonio, che sta crescendo molto bene; lo scalatore Do­menico Pozzovivo, che ripresosi dalla brutta caduta alla Freccia Vallone sarà al suo servizio prima di vestire i gradi di capitano alla Vuelta; e il compagno di stanza Damiano Caruso, che dovrà essere al suo fianco nelle fasi chiave. Trattandosi di professionisti siamo certi che le difficili trattative di mercato verranno messe da parte almeno per le tre settimane di corsa che Vincenzo ha cerchiato di rosso e durante le quali anche la Bahrain Merida ha bisogno di ben figurare, essendo ancora ferma a un solo successo stagionale.

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