Editoriale
QUESTIONEDICOERENZA. Sono magnifici: se Pantani torna a vincere dopo mesi di inattività mettono su il disco del sospetto. Se si ritira ai piedi della Marmolada non esitano a dire: «ecco, a pane e acqua è uno come tutti gli altri». Poi, però, hanno la sfacciataggine di teorizzare - seriamente, molto seriamente - che Petacchi potrebbe tenere la maglia rosa anche fin su il Terminillo. Non solo lo teorizzano, ma lo scrivono (Coen, su La Repubblica), chiamando in causa Giancarlo Ferretti, il tecnico dello spezzino, reo di tarpargli le ali, di condizionarlo troppo con il suo tatticismo esasperato. Ma statene pur certi, se Petacchi avesse tenuto la maglia rosa anche sul Terminillo, questi sarebbero stati i primi a gridare allo scandalo: «Ma come, un velocista che tiene anche in salita?». Sono davvero magnifici. Chiedono a gran voce l’«Epos» e poi pensano solo e soltanto all’«Epo».

QUESTIONEDITRATTINI. Che bel Giro, ragazzi. Che bel Giro e quanta bella gente abbiamo incontrato sulle strade d’Italia. Una moltitudine di gente festante, spuntata come d’incanto dal buio della depressione per gridare il suo amore per la bicicletta. Evviva il ciclismo, evviva la natura, l’aria frizzantina di montagna, la grigliata, il buon vino, evviva i ciclisti, evviva tutti. Alla faccia dei becchini che avevano prematuramente compilato il certificato di morte del nostro beneamato sport, eccoci qui, a raccontare tre settimane di festa, di gioia, di sport. E in queste tre settimane di ciclismo probabilmente molto più vero - certamente molto più credibile - abbiamo incontrato sulle nostre strade quella moltitudine di amanti delle due ruote che generalmente vengono definiti
«cicloamatori», coloro i quali amano stare in sella alla loro bicicletta ripercorrendo le strade dei loro beneamini. A questi si aggiunge una sparuta quanto pericolosa e cancerogena figura che noi ridefiniamo «cicloama-tori»: sì, con il trattino. Quegli pseudo corridori falliti, megalomani e patetici, che dicono di amare la bicicletta ma che nella sostanza preferiscono di gran lunga amare se stessi gonfiandosi i muscoli come dei tori. «Cicloama-tori» dell’allenamento quotidiano, che sfidano i «cicloamatori» della domenica. Solo a prima vista uguali, ma con i tratti diversissimi: soprattutto per via di quel trattino.

QUESTIONEDISTILE. Lui l’aveva detto: «Faccio tredici tappe e poi tolgo il disturbo». Robbie Mc Ewen ha ripetuto il copione di un anno fa: un po’ di Giro e poi tutto il Tour. Simpatico Robbie, simpaticissimo, ma qualcuno dovrebbe dirgli qualcosa. Soprattutto gli organizzatori del Giro, che subiscono senza proferire verbo. Poi non lamentiamoci se i francesi dettano legge, condizioni e vendono il loro prodotto Tour come meglio non potrebbero fare. Incominciamo anche noi a mettere dei paletti, a difendere il nostro prodotto. Il Giro è una cosa seria, non una sagra di paese, please.

QUESTIONEDIRISPETTO. Dopo la bella scalata dello Zoncolan (non ce ne vogliano gli organizzatori, ma il Mortirolo è tutt’altra cosa: tre chilometri micidiali contro i micidiali dodici del monumento agli scalatori), nel giro di poche ore, già al raduno di Pordenone, abbiamo incontrato gente nel villaggio del ritrovo che mugugnava: «si parla solo di Pantani, si guarda solo Pantani. Cosa avrà mai fatto?».
È bastato che il romagnolo rimettesse il naso fuori dalla finestra perché si scatenasse l’invidia antipantani. Era un tarlo malefico che ai tempi belli aveva divorato tante anime, in particolare quelle incapaci di comprendere che il bene di Pantani era il bene di tutto il movimento ciclistico. Un po’ come le vittorie di Cipollini, per intenderci. Così, dopo quattro anni di cocenti delusioni, finalmente è tornato. Di Pantani ne sentivamo la mancanza, dei tanti detrattori francamente potevamo farne a meno.

QUESTIONEDIREGOLE. Premessa doverosa: siamo felicissimi che la Bianchi sia subentrata al posto del team Coast; siamo felicissimi che possa godere degli stessi diritti sportivi maturati dal team tedesco, che poi significa correre il Tour de France di diritto e annoverare tra i propri corridori Jan Ullrich. Ma al presidente della CCP internazionale, Vittorio Adorni, chiediamo di spiegarci il perché di tante attenzioni rivolte al salvataggio della formazione tedesca e perché, invece, molto più sbrigativamente è stata liquidata la Index Alexia di Pier Carlo Pedruzzi. Lo sappiamo, da che mondo è mondo, la legge è sempre più uguale per taluni rispetto a taluni altri, così come il pugno del lettone Nauduzs è molto più pesante di quello di Petacchi (non potevano essere richiamati, penalizzati e multati entrambi?), ma le inadempienze contrattuali del signor Gunther Dahms (il signor Coast) erano proprio così diverse da quelle di Pedruzzi?

QUESTIONEMORALE. Un Giro bello, avvincente e, vogliamo crederlo, assolutamente pulito. I dati sembra che abbiano espresso questo. Auguriamoci però che il Giro non sia per il mondo professionistico italiano una semplice «isola felice», nella quale muoversi nel rispetto delle regole, e poi, una volta uscito dai confini rosa, pronto a tornare alle vecchie abitudini. Perché noi siamo contro un Giro «isola felice»; perché noi vogliamo un ciclismo pulito a 360 gradi per non voler mai constatare che si tratta di «un isola che non c’è».

Pier Augusto Stagi
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