Ghiretti, un uomo nuovo per il ciclismo

| 12/10/2004 | 00:00
Se un personaggio con la storia e le capacità di Roberto Ghiretti si avvicina al ciclismo, non ci piove: il mondo della bici sta cercando il salto di qualità. Che, sulla carta, è già pronto: pochi mesi e scatterà il Pro Tour, una sorta di Champions League su due ruote riservata a venti squadroni. Per quanto bello, è soltanto il primo passo: più che darsi un’organizzazione, conta migliorarla e soprattutto farla rendere. Far rendere al meglio gli investimenti nello sport è l’ultimo mestiere di Roberto Ghiretti, uno che quattro anni fa ha chiuso da direttore generale della Lega volley una lunga e ricca esperienza sotto rete, con ruoli da primattore a Parma e nella Milano berlusconiana. Idee ed eventi sono le altre medaglie di un curriculum che non si nega nemmeno qualche bell’incarico di prestigio: aver dirottato queste esperienze in una struttura di marketing è stata l’ultima scelta, aver affiancato in questi anni nomi importanti, vedi sponsor (Coca Cola, Banca Popolare di Novara, Danone, Ip, Nestlè), federazioni (atletica, basket, canottaggio, tennis), società (Milan, Juve), ed enti pubblici (università di Bologna, provincia di Rimini e Milano), è un risultato alla continua ricerca di aggiornamenti. Il prossimo dovrebbe essere il ciclismo, terreno fertile perchè la managerialità è un lusso che pochi si sono concessi e tanti non hanno capito: senza quella, non c’è promozione. Contattato di recente da un grande team, Ghiretti guarda, studia, progetta: dovesse mettersi all’opera, sarebbe una bella novità. Per lui, che la bici non l’ha mai frequentata, per il ciclismo, che da uno così ha soltanto da guadagnare. Ghiretti, il suo nome fa già pensare a uno sport che volta pagina... «Il ciclismo deve esser pronto per cambiare. E le condizioni per capitalizzare un patrimonio popolare ci sono: con l’organizzazione e la comunicazione, deve cercare una strada per esaltare i valori che propone». Come non ha mai fatto. «Non dico questo: fin qui ha cercato una visibilità per vie tradizionali, mentre oggi le esigenze di chi investe sono cambiate: se non sei il Milan, la Juve, la F1 e la moto intesa come Valentino Rossi, la pubblicità tabellare non rende. Bisogna individuare le capacità di uno sport e farle rendere tutte: sfruttarne una sola è limitativo». La sua ricetta? «Nessuno ha la bacchetta magica: bisogna costruire qualcosa che vada al di là della necessità di far apparire il singolo marchietto». Crede che l’interesse delle aziende verso il ciclismo sia ancora alto? «Lo è, ma in un mercato difficilissimo come quello attuale lo sponsor cerca qualcosa di più completo. Noi vogliamo capire come funziona questo sport e che esperienza possiamo portare, se diventeremo un traino lo dirà il mercato». Ghiretti nel ciclismo non significa solo sponsor, vero? «L’errore che fa quasi tutto il nostro sport è proprio quello: il marketing è l’ultimo pezzo di un percorso, prima ci vuole la struttura per costruire un prodotto. Nel ciclismo si può lavorar bene: c’è un patrimonio di base, cominciamo a costruire su quello». Angelo Costa
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