ADISPRO. CENGHIALTA: La riforma serve subito

TUTTOBICI | 26/11/2016 | 07:40
Vicentino, nato a Mon­tecchio Mag­gio­re nel 1962 ma da anni residente a Sovizzo, Bruno Cenghialta è stato per tre stagioni tra i direttori sportivi della Tin­koff e nel 2017 entrerà a far parte del team Astana capitanato dal sardo Fabio Aru. Da diciotto stagioni è in am­mi­raglia, dopo una dozzina di anni di buona attività tra i professionisti con il picco di una vittoria di tappa al Tour de France nel 1991 e l’undicesimo posto nella classifica generale del Giro d'Italia del 1995. Cenghialta è anche da anni uno dei consiglieri della ADISPRO.
Nell’ultima stagione alla cor­te della Tinkoff, il diesse vicentino ha seguito in ammiraglia il Giro d’Italia, tutte le classiche italiane e alcune in Belgio.

Che idea ti sei fatto della si­tuazione, che non accenna a sbloccarsi, sulla paventata riforma del ciclismo?
«Sono in parte favorevole al­la riforma che secondo me potrebbe dare la possibilità di far entrare nel mondo del ciclismo nuovi investitori, nuovi sponsor. Se si resta bloccati, la situazione è destinata a ristagnare, ma se va in porto la riforma nella quale le squadre di seconda fascia avrebbero più aperture e possibilità di partecipare ad una parte del calendario principale, ecco che si po­treb­be creare l’interesse per avere nuovi imprenditori in­teressati al ciclismo in quanto avrebbero più garanzie di visibilità. Il problema è che ci sono tanti pareri diversi, e lo posso anche capire: chi ha vantaggi già acquisiti non ci sta a perderli, mentre chi non ne gode li vorrebbe ave­re. So che c’è la possibilità che qualche marchio importante e di qualità si avvicini al nostro mondo ma ci devono essere le condizioni giuste perché questo accada: è chiaro che un’azienda ha bi­sogno di essere presente agli eventi che sono più seguiti e pubblicizzati dai media. Io sono possibilista: vedo una chance di miglioramento, lo dico perché lavorando a contatto con gli imprenditori me ne sono reso conto. Ma è chiaro che dobbiamo avere più aperture, per dare la possibilità ai nuovi di entrare e quindi diventa essenziale la riforma che potrebbe aprire nuove strade. Chi di dovere deve prendersi la responsabilità e decidere da che parte bisogna andare, altrimenti re­stiamo sempre fermi allo stesso punto a discutere sen­za venirne fuori, con il rischio evidente che i possibili investitori finiscano per scegliere strade diverse».

Con l’addio della Lampre che è volata in Cina, non ci sono più team italiani in World Tour. Negli anni le nostre squadre sono sparite completamente...
«E questa è una realtà. Ma c’è anche da dire che la maggior parte degli sponsor tecnici sono aziende italiane e so­no tra le più grandi del mondo. Quanto agli sponsor, nel mondo del ciclismo è entrato da poco Segafredo che è una realtà che conosco bene, so che - a partire da pa­tron Massimo Zanetti - hanno tanta pas­sione per il ciclismo. In tanti anni di attività in questo modno, prima come ciclista e poi come tecnico, ho visto che ci sono mo­menti in cui gira in un certo modo e quindi tutto va bene, altri in cui le cose vanno meno bene a livello economico e di conseguenza è tutto più difficile. Dob­biamo essere bravi anche noi a cercare le aziende giuste, quelle che potrebbero avere interesse a far parte del mondo delle due ruote. E poi ci sono le leggi che bloccano un po’ la volontà di chi vorrebbe magari investire: ad esempio non ci sono sgravi fiscali e questo non aiuta le sponsorizzazioni».

Dalla Tinkoff alla Astana, sempre di grandi team si parla. Cosa ti aspetti dalla nuova avventura?
«Ancora non ho fatto il pri­mo incontro con la nuova formazione. È chiaro che la Astana è un team importante, che ha vinto tanto e vuol continuare a vincere, e ci sono grandi aspettative soprattutto per le prestazioni di Aru. Ma mi sembra di notare che ci sia troppa fretta nel voler vedere il duello tra Aru e Nibali e altri big delle corse a tappe. Vincenzo ha vinto il suo primo grande giro - la Vuelta - nel 2010 quando aveva 26 anni e solo tre anni dopo ha infilato gli altri grandi successi al Giro e al Tour. Aru ha appena compiuto 26 anni, ha già vinto una Vuelta, ma bisogna lasciargli il tempo di completare il suo cammino di maturazione: personalmente io lo vedo pronto per esprimersi ai massimi livelli il prossimo anno o al massimo tra due stagioni».

Valerio Zeccato, da tuttoBICI di novembre
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