Simone con Ivan Santaromita, Cristiano Frattini e Dario Andriotto
STORIA | 11/11/2016 | 07:40 La carriera ciclistica di Simone Zucchi, specialmente fra i professionisti, dura come una rosa ossia “ lo spazio di un mattino”. Si è però, in un certo senso, riaperta, da poco, a quarantacinque anni, in altra veste. Naturalmente non è più in bicicletta ma al volante di una vettura, una vettura importante e indispensabile nello svolgimento delle corse, quella del medico di gara, in un contesto organizzativo di corse di primaria importanza come quello di RCS Sport.
Infatti, nel 2016, nell’équipe medico-sanitaria diretta dal prof. Giovanni Tredici, ha fatto il suo esordio alla guida della vettura del dott. Massimo Branca, medico di lunghissima militanza in corsa, quella che solitamente, anzi sempre, è immediatamente alle spalle del gruppo seguito dal presidente di giuria, davanti alla lunga colonna delle ammiraglie, come per oltre trent’anni ha fatto Tredici e ora continua, da qualche anno, Branca. L’automedica1 è quella che opera gli interventi in corsa, a fianco del corridore che richiedono assistenza oltre che essere, per solito, la prima a intervenire per i soccorsi in caso di cadute. E’ una posizione delicata, “calda”, sempre nel cuore della corsa, nel traffico – talvolta frenetico - delle ammiraglie. Com’è comprensibile la guida di questa vettura deve essere una guida sicura e conoscitrice delle speciali dinamiche e “logiche” (virgolette d’obbligo per logiche, almeno nel senso comune) proprie di una corsa ciclistica.
E Simone Zucchi, su indicazione del prof. Tredici e del dott. Branca, con l’avallo e la ratifica della direzione corsa di RCS Sport, opera la sua rentrée in gruppo, a distanza di quasi venti anni, in posizioni che, lo dice scherzando ma che sinceramente riconosce vere, non gli erano molto abituali quando pedalava in bicicletta. All’epoca, nel gruppo, era indicato come “il fagiano”, soprannome scherzoso con il quale era stato battezzato dai molti amici pedalatori della numerosa colonia varesina-varesotta con i quali Simone Zucchi è rimasto sempre, ed è tuttora, in costante contatto, in varie occasioni, in incontri e pedalate.
E’ stata buona la sua attività fra i dilettanti culminata nella Brunero-Bongioanni del d.s. di lungo corso Giuseppe Damilano, prima del passaggio fra i professionisti nel 1997 nell’Amore e Vita, poi nel 1999 alla Polti e la conclusione, nel 2000, alla polacca Atlas. Ha ottenuto sette vittorie comunque, seppure distribuite in corse disputate in Argentina, Cile, Portogallo e Slovenia. “Vittorie internazionali”, e sorride dicendolo, il “fagiano” che, conclusa l’attività di pedalatore, lavora nella vicina Svizzera ticinese e spiega che nella sua carriera non è mai stato protagonista di una “fagianata”, l’azione così definita quando un corridore, senza cercare di dare a vederlo, quasi con noncuranza, aumenta la sua andatura per avvantaggiarsi quasi di soppiatto.
E’ pleonastico scrivere della grande soddisfazione, dell’orgoglio e della riconoscenza che prova per chi ha reso possibile questo suo “ritorno in gruppo” in una posizione per lui non immaginabile, solo sognata, quando correva. E le corse hanno confermato che è stato un inserimento riuscito quello di Simone Zucchi, per capacità di guida e carattere, all’interno dell’affiatata ed efficiente squadra dell’équipe medica del Giro e delle altre corse rosa.
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