PROFESSIONISTI | 24/08/2016 | 10:43 Ci ha lasciati il 24 agosto scorso di quindici anni fa. Era un venerdì caldo e afoso di Milano ancora impigrita, abulica e vacanziera. Adriano De Zan ci ha lasciato con il sorriso sulle labbra, come solo lui sapeva fare. Aveva 69 anni.
Figlio di attori, cresciuto qui e là tra alberghi e sistemazioni provvisorie, è approdato per caso alla radio e alla televisione diventando in breve una delle voci sportive più familiari e amate dagli italiani. Con un linguaggio semplice ed efficace, lontano dalla retorica e da compiacimenti verbali, Adriano De Zan per quasi mezzo secolo è stato il testimone loquace, critico e autorevole di uno degli sport più amati in assoluto.
Mezzo secolo di notizie in diretta, di impervie rotte stradali al seguito dei suoi eroi, in giro per l’Italia e per il mondo a commentare le imprese leggendarie, i successi, le cadute, le vittorie e le sconfitte, sempre con quel suo inconfondibile piglio narrativo fatto di coinvolgente semplicità. Se dovessimo usare un aggettivo per ricordare De Zan, faremmo ricorso a «leggero». Non perché fosse superficiale, approssimativo, incapace di coinvolgimenti: l’esatto contrario. «Leggero» perché ha sempre affrontato la vita e la professione con grande modestia e misura. Non si è mai preso sul serio, pur prendendo sempre seriamente ogni cosa che era chiamato a fare. Rigoroso ma non rigido. Autorevole ma mai autoritario. E poi la finiamo qui, perché altrimenti lo stesso Adriano da lassù potrebbe aversene a male. Non ha mai sopportato le celebrazioni, tantomeno i piagnistei. Aveva il dono dell’ironia, della battuta. Sapeva sorridere e sdrammatizzare e lo faceva sempre con garbo e tatto. Insegnava, perché aveva tanto da insegnare, ma lo faceva sempre con il gusto di chi non voleva ricoprire mai il ruolo del professore.
Era unico nel senso di unico telecronista di ciclismo. Non c'era un termine di paragone, il ciclismo televisivo era De Zan. Sento molti pareri positivi da parte dei nostalgici, molti pareri negativi di chi ci ha avuto a che fare. Chiari e scuri di una televisione monopolistica che non c'è più. Credo che adesso vi siano molti telecronisti capaci e la concorrenza fa sì che ve ne siano di molto preparati, corretti e competenti.
Un mito
25 agosto 2016 10:19runner
Lo ricordiamo con intatta stima e nostalgia.
La "voce" del ciclismo per tanti anni, sempre con professionalità, educazione e competenza.
Non ci sono parole
25 agosto 2016 11:07IngZanatta
Sono cresciuto con le sue telecronache e per me rimarrà sempre il numero uno, non me ne vogliano i successori. Ricordiamoci che l'8 Agosto 2001 (morirà 15 giorni dopo) chiese ed ottenne dai medici il permesso per uscire dall'ospedale e poter fare la telecronaca del Gran Premio di Camaiore, vinto da Bartoli. Come dire: il ciclismo prima di tutto, una passione smisurata. Ciao Adriano.
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