Enrico GASPAROTTO. 10. Il settimo sigillo italiano nell'Amstel è di questo ragazzo friulano di 34 anni che qualcuno non avrebbe neanche più voluto vedere nel mondo del ciclismo. Un viaggio di nozze senza contratto, con tutti i dubbi del caso, con tutte le paure di chi teme di dover andare in pensione anzitempo. Poi la proposta della Wanty, una piccola formazione Professional belga, che almeno gli tiene aperto il sogno di poter essere ancora corridore. Ancora utile. Un anno per ritrovarsi, per prendere le misure, per misurarsi con i migliori. Oggi il riscatto, con una vittoria che gli mancava da quattro anni, esattamente da quell’Amstel Gold Race del 2012. Ci prova con tempismo, con coraggio, con determinazione ed esperienza. Scatta sul Cauberg, dove la strada punta il cielo. Poi la volata, ed Enrico il cielo lo punta ad indicare e ricordare che oggi a vincere non è solo lui, ma tutta la squadra e anche e soprattutto chi non c’è più.
Michael VALGREN. 8. Resiste e subisce, ma alla fine resiste e collabora. Il danese si porta a casa un piazzamento importante, che può sembrare amaro, ma amaro non è.
Sonny COLBRELLI. 8. Dei velocisti che aspettavano la volata finale è il più veloce. L’Amstel aveva due anime, due sentimenti: chi doveva attaccare e chi doveva sprintare. Chi doveva anticipare e chi doveva temporeggiare. Tra i temporeggiatori lui è il più veloce di tutti.
Enrico BATTAGLIN. 6. Si muove al penultimo passaggio sul Cauberg, parte all’inzeguimento di Bob Jungels e lo fa bene. Nel finale è lì per aprire spazi ai compagni, ma i compagni non ci sono
Michael ALBASINI. 7. Lavoro strepitoso per Michael Matthews: in questi casi si dice invisibile, ma il suo si vede benissimo. È il suo capitano che si mette in mostra molto poco.
Rui COSTA. 5. Pedala bene, o almeno così sembra. È lì nel vivo dell’azione fino all’ultimo, poi all’ultimo si perde.
Diego ULISSI. 6. Non è propriamente la sua corsa, l’aveva detto anche alla vigilia dell’Amstel, ma porta a casa un piazzamento (7°) che può fare morale e dice che il ragazzo c’è.
Giovanni VISCONTI. 6. Resta imbottigliato sul più bello, e paga quegli ultimi duemila metri a tutta che non finiscono mai e lo finiscono.
Roman KREUZIGER. 5,5. In una tratto non facile, tagliato dal vento mette in mostra un’azione molto bella, ma dura poco. Troppo poco.
Tim WELLENS. 6,5. Ha soli 25 anni, che compirà il 10 maggio, prossimo, ma ha talento da vendere. Un contropiede di altissimo contenuto tecnico. Mentre gli altri faticano, lui sembra giocare. Bello in bicicletta, elegante come pochi. Gli manca poco, ma non gli manca poi molto.
Michael MATTHEWS. 4. La sua Orica GreenEdge corre come meglio non potrebbe fare, lui questo traguardo lo conosce non bene, ma benissimo. Eppure alla fine si perde.
Philippe GILBERT. 5. Reduce da mille è più incidenti e contrattempi, non ultimo la frattura di un dito dopo un duro diverbio con una automobilista, il belga non può che raccogliere un pugno di mosche.
Matteo BONO. 8. Stai bono, stai bono, ma lui è fatto così e per questo la Lampre-Merida se lo tiene bene stretto. Se c’è da accendere la miccia e dare battaglia lui è il primo. Sono in tanti a cercare la fuga, in ogni corsa che si rispetti, ma sono pochi quelli che costantemente sanno prenderla o crearla. Matteo è uno di quelli. Così, anche oggi, lui s’infila nella fuga giusta con Laurent Didier (Trek-Segafredo), Laurens De Vreese (Astana), Matteo Montaguti (AG2R-La Mondiale), Kevin Reza (FDJ), Alex Howes (Cannondale), Larry Warbasse (IAM Cycling), Tom Devriendt (Wanty-Groupe gobert), Fabien Grellier (Direct Energie), Josef Cerny (CCC Sprandi-Polkowice), Giacomo Berlato (Nippo-Vini Fantini). Come direbbe il grande Alfredo Martini, Matteo è proprio bono. Molto bono.
Fabio FELLINE. 5. Non è il caso di infirerie, anche peché il naso l’ha picchiato per davvero, ma un corridore della sua esperienza non può commettere certi errori. In un tratto di trasferimento, pensa bene di pulire il tubolare e infila la mano tra telaio e freno: cappottato. Felline è stato portato e operato all’ospedale di Maastricht. L’intervento in anestesia locale è servito per permettergli di respirare.
Julian ALANPHILIPPE. 5,5. Era tra gli uomini più attesi, ma la sua è una corsa molto anonima, anche se alla fine è pur sempre sesto.
Robert GESINK. 4. Non c’è proprio.
Fabio ARU. S.V. Oggi si ferma. Non è cosa che gli piace, anzi conoscendolo gli staranno ancora girando gli zebedei. Il Tour è lontano, c’è ancora tempo, bisogna mantenere la calma e il sangue freddo: guai farsi prendere dalla fretta, ma è chiaro che il talentino sardo è in ritardo.
Niccolò BONIFAZIO. 6,5. Esce a lungo in avanscoperta nella parte finale della corsa insieme a Meersman, Thurau e Van der Sande. Azione più che pregevole.
Se Sonny non merita 9-10 non so come le fai le pagelle..
17 aprile 2016 19:14LampoJet
L'essere Italiano è condizione favorevole per avere costantemente 2 punti in più nella pagella di Stagi....
Sentirsi italiani, però "dendro"....
Wanty Olandese?
17 aprile 2016 21:34geo
D'accordo su tutto, ma la Wanty è Belga....
Bando alle polemiche, alment oggi. W Gasparotto!
18 aprile 2016 11:58runner
Almeno oggi (dopo un digiuno di vittorie italiane nelle classiche del Nord di anni)gioiamo tutti per la bella e meritata vittoria di Gasparotto! Un corridore combattivo che ha sempre onorato la carriera, raggiungendo anche vittorie di spessore.
Davvero bravo!
Per tutti i corridori senza contratto
18 aprile 2016 12:48geo
Chissà quanti corridori sono senza contratto (come ha rischiato Gasparotto) e potrebbero fare belle cose....
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