Anche Eddy Merckx rischiò la vita nel 1969

| 27/11/2006 | 00:00
Sono passati da poco i cinquant’anni da quando la pista provocò nel ciclismo un al­tro incidente mortale che lasciò il segno, sempre in terra belga. In quei giorni, i pri­mi di ottobre del ’56, lo sfortunato protago­nista era certo più celebre dello spagnolo Galvez, deceduto sabato notte a Gand. Si trattava infatti dall’ex campione del mondo su strada Stan Ockers, l’idolo da ragazzino dello stesso Eddy Merckx ed al quale i bel­gi hanno dedicato addirittura un monu­mento nel finale della Liegi-Bastogne-Liegi, nel punto in cui Ockers aveva staccato tut­ti aggiudicandosi il prestigioso week end delle Ardenne che comprendeva all’epoca anche la Freccia Vallone. Stan Ockers cadde in maniera abbastan­za banale nel corso di una kermesse al pa­lasport di Anversa. Un altro corridore belga, Sterckx, stava tornando in pista dopo un incidente meccanico, spinto dal massaggia­tore e Ockers se lo trovò davanti all’uscita da una curva. Quasi lo tamponò, cadde, pic­chiò la testa e nonostante il casco si spense due giorni dopo all’ospedale a causa d’una serie di emorragie craniche. Ockers aveva vinto il mondiale nel ’55 sulle nostre strade a Frascati. Ed era arrivato secondo nel ’52 al Tour de France a quasi mezzora di ritar­do da Fausto Coppi, quel famoso Tour in cui l’organizzatore, Jacques Goddet, raddoppiò il premio spettante al secondo arrivato, pro­prio Ockers, per ridare un po’ di interesse ad una corsa già stravinta da Coppi dopo ap­pena una settimana di sfide. Ma a parte Ockers, su pista accadde an­che un episodio meno noto nel corso del qua­le rischiò la vita Eddy Merckx. Si era in Francia, a Blois, su di una lunga pista in ce­mento, scoperta. Nel settembre ’69 si corre­va una riunione ad ingaggio con tanti stra­disti. Merckx era reduce dal primo dei cin­que trionfi al Tour de France. La gara era di quelle dietro derny, quelle piccole moto pi­lotate dagli «allenatori». Quello di Merckx si chiamava Fernand Wambst. D’improvviso la moto che precedeva quella che pilotava Merckx, ebbe un problema ed il motociclista finì a terra. Wambst l’investì e cadde in un groviglio di motorette e biciclette. Anche Merckx finì a terra e la gente in tribuna urlò di spavento nel vedere quei corpi esanimi sul cemento del velodromo. Wambst morì sul colpo, dopo aver picchiato la testa. Merckx perse conoscenza ma si riprese in fretta, anche se a lungo si portò dietro poi tremendi mal di schiena a ricordo di quel ca­pitombolo. E commentò sempre con com­mozione l’episodio: «Il povero Wambst in­dossava un robusto casco di cuoio, io un ca­schetto dell’epoca, ben poca cosa. Ma ebbe la peggio lui. Al destino non ci si può proprio opporre». (da Tuttosport del 27 novembre 2006)
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