Simona Ercolani, la signora di «Sfide» che tifa per Bitossi

| 20/11/2006 | 00:00
La fortunata serie televisiva "Sfide", in onda su Rai 3 già da otto edizioni, vede la brava regista romana Simona Ercolani, come ideatrice e produttrice della trasmissione. «Tutto nacque anni fa, durante un viaggio in Argentina - racconta la Ercolani -. Per meglio abituarmi a quel contesto, stavo leggendo i libri di un autore argentino, Osvaldo Soriano. Me ne capitò tra le mani uno in particolare: “Il rigore più lungo del mondo”. L'autore citava un episodio - penso frutto della sua fantasia-, nel quale evocava una partita di calcio in una zona remotissima della Patagonia. Una situazione del tutto particolare dove l'esito di un calcio di rigore, avrebbe sancito l'assegnazione dello scudetto. Il racconto è incentrato su questa vicenda e l'autore è bravissimo a carpirne tutti i particolari. Io, che ho sempre avuto la passione per il montaggio televisivo, mi è venuto spontaneo immaginare la stessa storia, raccontata con immagini invece che su un libro. Da lì sono nate una serie di associazioni dalle quali ha preso spunto il progetto “Sfide”. In effetti non c'era - televisivamente parlando - un programma che raccontasse lo sport come ha poi fatto “Sfide”. Quando ho proposto l'idea in Rai, è stata subito accettata e visti i risultati, diciamo che è andata bene». Volendo invece approfondire il suo rapporto con il ciclismo, che cosa ci può dire a proposito? «Posso dire che adoro andare in bicicletta. Lo faccio spesso con mia figlia ed è un esercizio che mi rilassa da morire. Per quanto riguarda la mia professione, devo dire che il ciclismo propone sempre storie bellissime, lunghe storie che ti mettono alla prova. Le storie lunghe sono sempre le più difficili da raccontare. Mettermi alla prova mi diverte sempre moltissimo. Sì, mi piace raccontare il ciclismo ed i suoi campioni. Il mio preferito in assoluto, è Franco Bitossi». In effetti, “Gli anni di Franco Bitossi”, la puntata di “Sfide” dedicata al campione toscano, è semplicemente fantastica. Qualcosa degno di essere relegato alla migliore antologia televisiva. «Un grandissimo personaggio. Gli ho dedicato anche un capitolo del mio libro uscito alla fine di ottobre (“Sfide”, editore Rizzoli, costo 16,00). Un eroe in assoluto. Trovarsi in testa alla corsa e doversi fermare perchè il cuore fa i capricci. Vedere passare uno ad uno gli avversari mentre tu sei fermo ed immobile sopra un paracarri. Un altro si sarebbe buttato di sotto al paracarri ed invece Bitossi aspetta che la crisi sia passata, per poi ripartire. Pensare, che prima di allora, ne ignoravo l'esistenza. C'è voluto “Sfide" per conoscere ed innamorami di questo personaggio. Del resto, non conoscevo nemmeno Eddy Merckx. Lo sport era assolutamente al di fuori della mia vita. Ero capitata soltanto una volta allo stadio, con amici, quasi per sbaglio». Quali sono stati gli altri campioni del pedale che l'hanno colpita, raccontandoli attraverso “Sfide“? «Abbiamo trattato Chiappucci, Pantani, Moser, Anquetil. Diciamo che il corridore francese mi è rimasto impresso in modo particolare. Un campione completamente al di fuori del contesto di quei tempi. Un uomo incestuoso, pieno di donne e di amanti. Una storia carica di risvolti umani, bellissima da raccontare. Spesso 1° al traguardo, ma sempre alla ricerca dell'amore del pubblico. Un pubblico che gli preferiva Raymond Poulidor, il rivale, da lui spesso battuto. Quando Anquetil in punto di morte, si trova davanti Poulidor, venuto a salutarlo per l'ultima volta, gli riserva una battuta carica di un incredibile umorismo: «Vedi Raymond ... Tu arrivi sempre secondo...». Roberto Sardelli
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