DONNE | 17/02/2016 | 08:09 Questo mese vogliamo dedicare la rubrica ACCPI Newsalle donne. Per parlare dello stato del ciclismo femminile in Italia e all’estero diamo la parola ad Alessandra Cappellotto, vice presidente ACCPI, prima italiana nella storia ad aver vinto un Campionato del Mondo su strada (San Sebastian 1997), oggi attivissima per le “sue” ragazze.
Che stagione si aspetta? «L’avvento del Women World Tour ha cambiato molto poco per le ragazze, speriamo che il CPA faccia ancora di più per il settore femminile per dare le giuste indicazioni alla federazione internazionale in vista dell’imminente Riforma del ciclismo. Il movimento femminile deve sfruttare i punti positivi del progetto maschile, evitando gli errori già commessi in passato. Sono fiduciosa perché l’UCI si sta dimostrando molto attenta al ciclismo femminile, lo sta guardando con grande interesse perché ne vede le grandi potenzialità. Se in Italia la nostra lunghissima tradizione ci porta a snobbarlo un po’, in nazioni ciclisticamente più giovani come Australia e Stati Uniti, maschi e femmine hanno iniziato nello stesso periodo ad andare in bici, a diventare professionisti e a sfornare campioni quindi è più semplice pensare alla parità».
L’ACCPI ha elaborato una proposta di nuovo contratto per le formazioni continental, fuoristrada e femminili: ce lo può illustrare? «La bozza di accordo tipo è stata progettata dall’avvocatessa Marianna Savina Piacenza del Foro di Milano che sta partecipando al “Master in Diritto Sportivo e Rapporti di Lavoro nello Sport” all’Università Bicocca, sotto la supervisione del segretario generale dell’Associazione Corridori Internazionale Federico Scaglia, ed è stata proposta al Consiglio Federale. Il nuovo accordo collettivo per le società e i ciclisti dilettanti militanti nei campionati nazionali ed internazionali che ci si augura verrà sottoscritto dalla Federazione Ciclistica Italiana e dalla Lega Italiana Ciclismo Professionistico, andrebbe a regolare il trattamento economico e normativo dei rapporti tra ciclisti élite e società iscritte alla FCI, predisponendo degli allegati standard che dovranno obbligatoriamente essere adottati dalle parti (modulo della convenzione tipo; prospetto retributivo; tabella provvedimenti disciplinari, sanzioni e multe; tabella premi; testo di polizza assicurativa; modulistica legge privacy)».
Sostanzialmente cosa cambierebbe? «Il rapporto tra il ciclista dilettante (le atlete èlite sono considerate tali, ndr) e la società si costituisce con la stipula di un accordo, nel quale vengono regolamentati la forma, la durata, il rinnovo e la cessione del contratto individuale, oltre alla tutela, in ambito dilettantistico, di importantissimi e innovativi aspetti e diritti. In primo luogo verrà dettagliatamente disciplinata la modalità di retribuzione dei singoli atleti da parte delle società, distinguendo tra una retribuzione costituita da una parte fissa e da una parte variabile di durata dell’accordo, che sarà legata al conseguimento di risultati sportivi individuali o di squadra, come da tabella conforme alla “tabella premi tipo” che viene allegata all’accordo collettivo, del quale entra a far parte integrante a tutti gli effetti e che dovrà essere puntualmente specificata e quantificata per tutti gli accordi individuali».
C’è dell’altro... «In secondo luogo vengono disciplinati e tutelati la malattia, l’infortunio e la maternità. In caso di malattia ovvero di infortunio, per il periodo di inabilità spetteranno al ciclista i compensi stabiliti dall’accordo fino alla scadenza dello stesso, mentre la società beneficerà delle eventuali indennità assicurative pattuite a proprio favore. In caso di ciclista in periodo di maternità, le spetteranno i compensi stabiliti dall’accordo fino alla scadenza dello stesso, mentre la società beneficerà delle eventuali indennità assicurative pattuite a proprio favore, con una convenzione ad hoc. Importantissima novità è, infatti, l’assicurazione maternità. La società potrà assicurare presso compagnia convenzionata con l’UCI la ciclista in caso di maternità, sottoscrivendo polizza che rechi le condizioni, le modalità, i termini e i minimi stabiliti di comune accordo dalle parti collettive e riportate nel testo allegato al presente accordo. Ed infine, la disciplina del riposo settimanale e delle ferie, nonché del congedo matrimoniale retribuito, di almeno dieci giorni consecutivi, concordato tra il ciclista e la società, tenendo conto delle esigenze dell’attività agonistica».
Raggiungere la parità tra i sessi nel nostro movimento è davvero possibile? «Sarebbe un sogno, mi piacerebbe che il ciclismo diventasse come il golf e il tennis dove la differenza tra uomini e donne a livello di gare e montepremi è insignificante. Ci tengo a ricordare che, grazie alla collaborazione dell’ACCPI con le altre associazioni italiane sportive riunite nella Confederazione Italiana dello Sport (CIDS) e al sostegno accordato prima l’On. Emanuela Di Centa e ora a Josefa Idem, si è riusciti a presentare al Senato, per le atlete di tutte le discipline sportive, un disegno di legge per la modifica della Legge 91 sul professionismo. Il ddl AS 1996 promosso dalla vice presidente Valeria Fedeli, insieme alla senatrice Idem e al senatore Raffaele Ranucci, vuole superare le discriminazioni per le atlete che non godono delle garanzie contributive, previdenziali e sanitarie previste dagli inquadramenti contrattuali. Come associazione siamo inoltre sempre attivi nel dialogare con gli organizzatori e abbiamo assistito con successo alla Strade Bianche, al Giro dell’Emilia e ad altre manifestazioni al femminile appaiate alle maschili che evidentemente funzionano. Perché il movimento davvero cresca, dobbiamo impegnarci tutti, non dipende solo dagli atleti ma soprattutto delle squadre. Purtroppo in Italia abbiamo troppi team che pretendono di partecipare a gare internazionali o di WorldTour senza avere i mezzi e le capacità economiche per onorarle come si deve».
Recentemente è mancata sua sorella Valeria, anche lei in passato ottima ciclista: vogliamo ricordarla insieme? «Volentieri. Nonostante Valeria fosse lontana ormai dal ciclismo da anni, è stata ricordata con affetto da molti. La nostra famiglia ha vissuto un momento difficile, è stata una perdita importante, ma io come pure il marito Terenzio e i tre figli di Valeria, ci teniamo a ringraziere tutti coloro che ci sono stati vicini e ci hanno fatto sentire la loro presenza e il loro grande affetto. Non è retorica, abbiamo davvero avvertito l’attenzione delle persone di questo mondo che ancora una volta mi ha dimostrato di essere una famiglia unica».
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