LIBRI | 05/12/2015 | 09:24 Autore, attore, mattatore. Scriba, scrivano, scrittore. Cronista, colorista, opinionista. Viaggiatore, a volte commesso, a volte anche commosso, sempre divertito e appassionato, sempre curioso e disincantato. Giornalista sportivo, o anche, cantaglorie.
Gian Paolo Ormezzano, come un cantautore, e da cantautore, stavolta fa il giro d’Italia per presentare il suo “I cantaglorie” (66thand2nd), tutti i giornalisti, sportivi (e non proprio sportivi o non solo sportivi), dei suoi 80 anni compiuti di vita e quasi 60 di vita sulla strada, che è il giornalismo, fra marciapiedi e stadi, fra corse in bici e corse a piedi, fra piste di tartan e piste di neve, anche fra salotti e trattorie. Da Candido Cannavò a Gianni Mura, da Giovanni Arpino a Dino Buzzati, da Carlin a Raro, la radiografia enciclopedica di una passione e di una professione, di un mestiere e di un’arte, anche di una vocazione e – tutto sommato – di un lavoro che lo ha portato a diventare il primatista italiano per il numero di Olimpiadi seguite scoprendo e raccontando. Un lavoro profondamente cambiato tanto da rendere irripetibile quel periodo vissuto da inviati, carta e penna, carta e macchina, carta e cuore, e valigia sotto il cuscino.
A Tortona, accolto dalla Bibilioteca civica, Ormezzano ha evocato il suo primo servizio, quello per la morte di Fausto Coppi, e dissacrato il suo ultimo ingaggio, quello per “Novantesimo minuto”, ha ricordato l’amicizia di Enzo Ferrari, cinque anni da “ghost writer”, e svelato i dialoghi con Michel Platini, colpevole di rovinargli non l’italiano ma il francese, ha rispolverato la direzione di “Tuttosport” e ripassato i servizi per “La Stampa”. Vulcanico, Ormezzano era capace di fare una Milano-Sanremo scrivendo, in macchina, un ritratto di Coppi per un giornale cinese, una rubrica per “Il Giornalino” di “Famiglia Cristiana” e un pezzo per “La Stampa” prima di dedicarsi alla corsa. Geniale, Ormezzano si sbizzarriva anche nei titoli: per un Roma-Lazio, squallido nel gioco e nudo nel risultato, 0-0, GPO escogitò un “Romolo e Remo non si ammazzano più”, per un Gianni Motta che conquistò il Giro d’Italia alla Coppi un “Lassù qualcuno ti ama”, per il deludente campionato iridato di ciclismo del 1969 il definitivo “L’uomo è andato sulla Luna ma il Mondiale l’ha vinto Ottenbros”.
Ma l’unico, l’irripetibile, forse il meglio, è quello che Ormezzano ha fatto, fa e continuerà a fare prima e dopo, sopra e sotto, intorno e dietro le quinte. Ogni occasione è un’avventura. Quella volta che, al Giro d’Italia, a San Pellegrino Terme, in un grande albergo termale, con Gianni Ranieri lanciò una sola scarpa di ogni paio di scarpe (e ce n’erano a decine, nei corridoi) nel fiume Brembo. Quella volta che fu riconosciuto da due poliziotti mentre entrava, a testa china, in un locale da strip-tease a Calgary, in Canada, dove si esibiva una sosia di Marilyn Monroe. E tutte quelle volte che con Alfredo Martini e Adriano Dezan si misuravano a barzellette (e alla fine fu dichiarato vincitore Alfredo).
Travolgente, esilarante, istrionico, ma sempre elegante e anche autoironico, Ormezzano potrebbe andare avanti per ore, giorni, anni. Lo farà presto, giura, con un secondo libro sui cantaglorie. Aspettiamo. E ci contiamo.
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