GIORNO DELLA SCORTA. La testimonianza di Pozzovivo
INIZIATIVE | 28/11/2015 | 10:33 Domani a Faenza si svolgerà l'edizione 2015 de Il Giorno della Scorta, un convegno che ruota attorno alla sicurezza nel mondo del ciclismo. Tra i protagonisti, Domenico Pozzovivo che quest'anno al Giro d'Italia è stato vittima di una brutta caduta e ha sperimentato - suo malgrado - l'efficienza della macchina dei soccorsi. Ecco la sua testimonianza.
«Sto bene, ma la botta è stata molto forte». Queste le prime parole di Domenico Pozzovivo, che dopo la paurosa caduta del Giro rassicura immediatamente tutti. Le prime immagini tolgono il fiato. Il corpo inerme riverso sull’asfalto. Attimi di terrore. La mente corre velocemente a Wouter Weylandt, morto nella terza tappa del Giro 2011. Allora come oggi siamo in Liguria. Le immagini sono forti, nella loro gravità anche violente. Restano impresse nella mente di tutti gli sportivi, meno che in quella di Domenico, che per l’impatto non ricorda assolutamente nulla.
«Diciamo che ho recuperato tutto solo dopo aver visto anch’io le immagini di quella caduta. Mi ricordo solo che la discesa era molto veloce e impegnativa e probabilmente a causa dell’asfalto un po’ sporco, come in un secondo tempo mi ha raccontato Philippe Gilbert, mi è andata via la ruota anteriore e io sono finito con la faccia sull’asfalto».
Ricoverato immediatamente al San Martino di Genova, dove è stato curato e assistito dall'equipe del professor Paolo Moscatelli, primario del pronto soccorso. Domenico Pozzovivo era finito per terra nella discesa di Fontana Barba Gelata, verso Monleone, durante la 3a tappa del 98° Giro d'Italia. «Quello che mi ricordo è che appena ho ripreso coscienza mi spiaceva che ci fossero persone che erano in ansia per me. Volevo comunicare subito di stare bene, quella era la mia priorità. Avevo subito un trauma cranio-facciale ma sentivo di poter rassicurare la mia futura moglie e i miei genitori, così come i tanti tifosi che mi vogliono bene».
Fondamentali, come spesso in questi casi, il pronto intervento dello staff medico del Giro d’Italia… «Guarda è proprio così. Io sarò grato al professor Giovanni Tredici e al dottor Massimo Branca, così come a tutti i loro collaboratori, per tutta la vita. Io ho rivisto le immagini e mi sono reso conto che io sono caduto a forte velocità, ma anche loro sono stati velocissimi a soccorrermi. Hanno fatto tutto con velocità e calma. Sembra un ossimoro, ma non lo è. Veloci a capire la situazione e la calma di fare tutto quello che era necessario fare per il mio bene: professionisti di grandissimo livello».
Quest’anno, però, tanti sono stati gli incidenti nelle corse di tutto il mondo e non sempre abbiamo visto la stessa efficienza medica… «Guarda, io credo che in Italia siamo davvero all’avanguardia in materia. C’è sempre da migliorare, questo è chiaro, ma il livello di assistenza medica raggiunto al Giro d’Italia e nelle corse italiane, non solo quelle targate Gazzetta, è molto più elevato che altrove: su questo non ci sono dubbi».
In Italia siamo quindi più bravi? «Sì».
Però ti sarai fatto un’idea su quello che andrebbe ancora fatto? «Con quello che abbiamo visto, soprattutto all’estero, è necessario che gli organizzatori si preoccupino di scegliere con cura i loro collaboratori: i vari autisti o motociclisti. Non si può prendere personale non specializzato o non addestrato. Ecco perché anche “Il Giorno della Scorta” ha una valenza e una forza eccezionale. Spesso si dice che gli italiani sono faciloni e superficiali: questo è un campo dove non siamo secondi a nessuno. Anzi, facciamo davvero scuola. Cosa mi sento di dire loro? Grazie. Semplicemente grazie».
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