Pelle bianca, bianca e azzurra. Snella e slanciata eppure forte. Aspetto deciso, carattere grintoso, personalità solida. A occhio: allegra, aperta, sportiva. Una che ama stare all’aria, anche al vento, sempre nella natura, una che non sa rinunciare alle gite e che non manca agli appuntamenti. Una sana, una giusta. Una bella dentro e fuori. Una di cui innamorarsi a prima vista.
L’ho conosciuta l’altra sera, e siccome eravamo nel Castello di Bevilacqua, mi è apparsa come una principessa. Splendente, se non folgorante. Alla fine della serata è salita sulla mia macchina, anche se avrebbe meritato un cavallo bianco, magari bianco e azzurro, e non una Qubo, per quanto bianca, bianca ma non azzurra, a metano. E siamo andati via, insieme, nella notte, cantando sotto la pioggia.
Si chiama Adrenaline ed è una mountain bike. L’ha fabbricata Liotto, un artigiano-industriale di Vicenza. E mi è stata donata – premio immeritato, riconoscimento di cui sono riconoscente – da una famiglia, una congrega, una comunità di appassionati veneti per il Prestigio d’oro-Fiera del riso. Organizzatori, federali, tecnici, dirigenti, sponsor, giornalisti e fotografi, eterni corridori come – per dirne tre - Renato Giusti (lui, il principale colpevole della mia premiazione), Attilio Benfatto e Sergio Bianchetto. Un gran ballo ma a tavola, il piacere di stare ancora insieme, condividere sapendo di appartenere.
Il ciclismo vive, si nutre, si fortifica di queste famiglie, congreghe, comunità di appassionati. Il loro è un amore non sempre corrisposto, è un dare infinitamente superiore al ricevere, è una voglia esplosa da bambini e duratura, resistente, irresistibile. Tanto che ogni anno non ce n’è uno di loro che non dica, innanzitutto a se stesso, e poi anche agli altri, se ne valga veramente la pena, e poi invece rimane, s’impegna, come prima, più di prima.
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