EUROPEI. Estonia, il Paese della canzone e della cultura

GIOVANI | 07/08/2015 | 07:57
A Tartu si dice che non puoi capire l’Estonia se non conosci il suo Festival della canzone. L’estone canta: quando è triste, quando è allegro, quando è ubriaco. Di fronte ad alcuni teatri, anche nei pressi del quartier generale di tappa, due clochard per comunicare tra loro non parlano: cantano.
Cartolina per i turisti o no, non è un caso se l’indipendenza del 1991 qui viene chiamata la “Singing revolution”. Il popolo, nelle piazze prima e nei festival di quartiere poi, festeggiò cantando il ritorno alla libertà dopo il periodo sovietico. Un periodo in cui c’era poco spazio per arte, religione, artigianato e poesia. Ma nemmeno l’Urss corse il rischio di togliere a questo territorio di confine il suo amore per la musica, che venne tollerata anche nei decenni delle Repubbliche socialiste sovietiche. Oggi il Song festival stadium è un anfiteatro a cielo aperto che delle rigide temperature invernali se ne infischia. E fischia, questo sì, alle canzoni tradizionali e alle sue rappresentazioni inscenate da un coro sino a tremila voci.
Costruito negli anni Ottanta, regola l’avanzamento del palco verso gli spettatori, per assicurare un’acustica perfetta o quasi. Uno studio accurato, scientificamente provato. Diversamente non potrebbe essere, visto che Tartu è città di cultura.
Furono gli svedesi ad aprire il primo ateneo nel Seicento, oggi se ne contano 12. Le scuole elementari sono 26. Tartu investe il 40 per cento delle proprie risorse economiche in educazione, cultura e sociale, con chimica, fisica, astronomia e scienze ambientali che radunano migliaia di studenti da 65 nazioni diverse. Il tasso di disoccupazione, da queste parti, non va oltre il 6%. Numeri che cantano il dinamismo di una città, che risponde fischiettando alle difficoltà.

da Tartu, Stefano Arosio

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