TRENTIN. «Preparo il Tour de France a 2.320 mt»

PROFESSIONISTI | 08/06/2015 | 15:55
I corridori, per almeno certi periodi dell’anno, svolgono vita da eremita. Prima di un grande giro o comunque di un periodo intenso e importante di gara il ritiro in altura ormai è un obbligo. Dopo 15 giorni al Centro de Alto Rendimiento (C.A.R.) di Sierra Nevada, Matteo Trentin ci spiega quanto sia difficile (ma produttivo ai fini della condizione) stare “fuori dal mondo” per pensare solo e soltanto alla bici.

Bentornato tra noi umani. «Grazie! Dopo essere stato con la squadra in altura finalmente sono tornato a casa, anche se solo per qualche giorno visto che disputerò il Giro di Svizzera ormai imminente. Dopo il Tour of California l’unico posto utile per allenarsi in quota e al caldo era qui, visto che quasi dovunque in montagna era brutto tempo. Abbiamo lavorato tanto e bene, le sensazioni sono buone. Spero di far bene in Svizzera, la corsa presenta dei begli arrivi e dall’altura di solito sono sempre uscito bene. Spero di aver ritrovato il colpo di pedale giusto e di dimostrare che merito il Tour de France. La squadra sarà incentrata su Cavendish per le volate, Martin e Kwiatkowski per le cronometro ma il percorso presenta tappe un po’ per tutti, soprattutto nei primi 9 giorni. La seconda tappa della Grande Boucle già si prospetta una giornata di ventagli al 90%, poi ci aspetta il pavé, il muro di Huy, il muro di Bretagne… Ci sarà da divertirsi».


Hai seguito il Giro d’Italia? «Poco, ho visto solo le ultime tappe perché ero in ritiro con i miei compagni. Quando non devo correre non mi piace guardare il ciclismo in tv, leggere riviste o siti dedicati, ma lassù era l’unica alternativa al suicidio. Eravamo in cima alla montagna, circondati dal nulla, immagina una località sciistica d’estate in cui non si pratica nessuno sport alternativo allo sci, non pensare alle nostre montagne invase per esempio dalle mtb in questo periodo… Questo centro di allenamento voluto dal governo spagnolo per sportivi può ospitare quasi 200 atleti ed è super attrezzato con campi d’atletica, piscine, campi da calcio, palestre e chi più ne ha più ne metta. Per allenarsi è il top, per sviare il cervello però proprio l’opposto». 


Da quando sei padre è ancora più dura stare lontano da casa? «Assolutamente sì. Dopo le classiche e il California speravo di stare più a casa con la mia famiglia, invece il maltempo non me l’ha permesso. Tra skipe, foto e whatsapp cerco comunque di non perdermi nulla della crescita di Giovanni rimanendo in contatto con Claudia, dispiace stare così spesso lontani dagli affetti ma è il mio lavoro, dobbiamo farcene una ragione. Si tratta di un sacrificio non indifferente, speriamo di metterlo a frutto andando forte».

Giulia De Maio

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COMMENTI
vai crossista!
8 giugno 2015 18:37 joe67
Mitico Teo,in bocca al lupo per tutto!

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