PROFESSIONISTI | 08/04/2015 | 00:50 Un cognome, un destino praticamente scritto con un cognome così. E di amici Adriano ne ha tanti, amici conosciuti e praticati nei lunghi anni di ciclismo che hanno scandito i suoi primi settant’anni (è nato a Bologna il 15 gennaio 1943) e che lo vedono sempre, più che mai, sulla breccia a combattere una battaglia - praticamente quotidiana, con molte ore al giorno di lavoro - per continuare un lavoro, quello dell’organizzatore di gare ciclistiche, che ha alla base, quale presupposto, la passione. Non si spiegherebbe altrimenti, né per lui, né per molti dei suoi collaboratori, l’impegno e le fatiche in un contesto difficile, anzi difficilissimo, come quello che attualmente vive il ciclismo professionistico, soprattutto in Italia. Quando i giochi si fanno duri, i duri escono. E Adriano Amici è certamente un “duro” nel suo impegno nel settore delle due ruote. Da sempre si può dire è in mezzo alle biciclette, è un “figlio d’arte” poiché il padre Aladino possedeva un negozio-officina di biciclette a Bologna. Adriano ha percorso una buona carriera agonistica, soprattutto fra i dilettanti, dove le sue doti di velocista gli hanno fruttato una sessantina di vittorie. Passato fra i professionisti nel 1969 con l’Eliolona gestita da Alceo Moretti e Silvano Ciampi direttore sportivo, passa l’anno successivo alla Cosatto dove trova quali d.s. il corregionale Diego Ronchini e Gino Bartali nel 1971. Gino Bartali, amico di papà Aladino con il quale gareggiava fra i dilettanti e gli indipendenti, è una presenza importante e frequente nella vita di Adriano ed è stato suo testimone di nozze con la signora Morena, nel 1971. Il miglior risultato fra i prof è il secondo posto alla Coppa Sabatini di Peccioli del 1971, alle spalle di Roberto Poggiali. L’aumento della distanze rispetto alle corse dilettanti, la qualità dei competitori, limano e limitano il suo spunto veloce e lo fanno soffrire, fisicamente e moralmente, come ha riferito al compianto Gino Sala per un suo articolo su tuttoBICI del 2003. Decide di lasciare l’attività su strada e si cimenta in pista, anche dietro i grossi motori dell’epoca e nei circuiti. S’inserisce sempre più nel lavoro dell’avviato negozio-officina accanto a babbo Aladino al quale è legatissimo. Il negozio si amplia e si trasferisce a Calderara di Reno, al Bargellino, al limitare del comune di Bologna e annovera una clientela vasta e importante fra i quali i fratelli Prodi. Il prof. Romano Prodi e il fratello Vittorio, presidente della provincia di Bologna, sono fra i suoi clienti più assidui. Fra i meccanici alle sue dipendenze c’è anche il noto “Ciarèn”, al secolo Edoardo Fucacci, meccanico storico di Francesco Moser e altri campioni. Già nel 1971 organizza con l’amico Nino Recalcati il suo primo circuito a Casalecchio di Reno e poi ai Giardini Margherita di Bologna. Nasce il G.S. Emilia che collabora nell’organizzazione del giro dell’Emilia con il G.S. Stadio-Corriere dello Sport di Ermanno Mioli e Dante Ronchi e, successivamente, ne rileva la titolarità. Medesimo discorso è applicabile per la Milano-Vignola, trasformata nel G.P. Beghelli e, via via, la Coppi & Bartali e varie altre corse. Allora come oggi è una sorta di “pronto soccorso” per l’effettuazione di corse in difficoltà. In questa visione Adriano Amici non rivendica ruoli di “salvatore della patria ciclistica” ma si richiama alla sua ottima capacità commerciale per cui non vuole lavorare in perdita. Grazie alla sua organizzazione, alle economie di scala e ai collaboratori riesce a limare costi. Non sempre l’operazione ha successo ma il presupposto di base è sempre valido e presente. La sua propensione commerciale, schiettamente ammessa, è comunque perseguita e sviluppata con parallela grande correttezza di rapporto costante e collaborativo con le aziende che gli accordano fiducia. Alcuni nomi che da sempre lo affiancano sono quelli di Granarolo, Sidi, Beghelli, Navigare, selle SMP, realtà di specifico spessore, unitamente a varie altre. Un legame che va aldilà della pura convenienza, ma si qualifica come una partnership fondata sulla fiducia e sulla stima reciproche. Una piccola digressione: per Adriano Amici il programma di corsa è, da sempre e per sempre, il “catalogo”, quasi a testimonianza della sua formazione e mentalità correttamente commerciale. Del resto è da tenere sempre presente una sostanziale differenza fra organizzazioni emanazioni di grandi gruppi, soprattutto editoriali, e organizzatori indipendenti. I primi possono disporre di risorse aziendali mentre i secondi devono sempre mettere le mani nelle proprie tasche. E non è differenza di poco conto... Nel 2005 cede l’attività dell’avviato commercio di biciclette ai dipendenti e si dedica esclusivamente all’organizzazione e alla fornitura di servizi (vetture e conducenti in corsa) ad altri organizzatori di differenti categorie. Nell’attività è affiancato dal figlio Andrea che è stato uno specialista, a livello nazionale, nei 100 e 200 metri d’atletica leggera e dalla figlia Elisa che cura i famosi “cataloghi”. Altra figura di rilievo, discreta, silenziosa ma preziosa, è Manuela Buldrini. Attorno ruota, nell’orbita di Adriano, uno stuolo di preparati e appassionati collaboratori, che ricoprono i vari ruoli della complessa organizzazione di una gara di ciclismo. E’ però, sempre e comunque, Adriano Amici il riferimento e lo snodo vitale e, com’è quasi regola ineliminabile nelle migliori tradizioni organizzative ciclistiche, preferisce fare da sé piuttosto che delegare. Qualcuno scherzando dice, riprendendo un aforisma di un famoso conterraneo di Amici, Enzo Biagi, a proposito di Silvio Berlusconi “...avesse un filino di tette, farebbe anche l’annunciatrice tv”, a significare che se Adriano Amici fosse fornito di tali attributi, si proporrebbe anche come miss alle premiazioni…… E’ in un momento di riflessione per pensare quello che farà da grande Adriano Amici che lamenta una, continua, palese, mancanza di supporto sinergico e informativo, da parte delle istituzioni preposte, a difesa delle prerogative e valenze del calendario italiano. Vedere il suo Giro dell’Emilia con il collegato Trofeo Beghelli in concomitanza con nuove iniziative, in nuove nazioni, accreditate da titoli di valore meramente finanziari, lo fa soffrire per sé e anche per l’avvenire del ciclismo di casa nostra. Saprà superare anche questo momento crediamo, anzi, ne siamo certi.
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