SCHWAZER e un sistema in cui «tutti sapevano»

DOPING | 09/09/2014 | 13:33

C'era un sistema articolato e complesso nel mondo dell'atletica, scoperto dalla positività del marciatore Alex Schwazer prima dei Giochi di Londra 2012 e portato alla luce nelle oltre 400 pagine di avviso di conclusione delle indagini preliminari notificato qualche settimana fa agli avvocati di Schwazer e a quelli dei medici federali Giuseppe Fischetto e Pierluigi Fiorella e dell'ex dirigente Fidal Rita Bottiglieri


Scrive oggi Claudio Gatti su Il Sole 24 ore che «la Procura di Bolzano non si è limitata a puntare il dito su quelle quattro persone. Ha fatto molto di più, lanciando una pesantissima accusa all'intero sistema sportivo italiano. Dalla lunga e meticolosa indagine, coordinata dal procuratore Guido Rispoli e condotta dal sostituto Giancarlo Bramante con il supporto investigativo del Ros di Trento, con il tenente colonnello Michael Senn e il maresciallo capo Alessandro Fontana, assieme ai Nas di Firenze e di Trento, è infatti emerso che nell'epoca in cui il Coni era presieduto da Gianni Petrucci il sistema anti-doping ha fatto acqua da tutte le parti. Non solo, abbiamo anche appreso che nelle rare occasioni in cui hanno rischiato di finire nelle seppur larghissime maglie della rete anti-doping, atleti di punta sono stati puntualmente aiutati a uscirne indenni. Per fare nomi e cognomi, a parte Schwazer si parla degli staffettisti che nel 2010 hanno vinto l'argento nella 4x100 agli Europei di Barcellona e del velocista/saltatore Andrew Howe».

L'atto di accusa mette a nudo un intreccio di interessi e connivenze sportive ed economiche che fa tornare a mente l'epoca buia del "doping di Stato". «Non è un caso - sottolinea il professor Alessandro Donati, consulente dell'Agenzia antidoping mondiale - che Schwazer sia stato beccato dalla Wada e non dalla Fidal o dal Coni».
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COMMENTI
9 settembre 2014 19:06 angelofrancini
Per molto tempo ho parlato della vicenda "doping di stato" in relazione allo scandalo doping che ha attraversato gli ultimi anni della presidenza CONI di Pescante: lo scrissi nel mio programma elettorale del 2001.
Ed indubbiamente la cosa avrà, per un certo periodo, per forza attraversato anche la successiva presidenza CONI di Petrucci, che sostituiva Pescante.
In tale vicenda il ciclismo ha pagato il prezzo più alto, pur essendo estraneo all’attuazione del “doping di stato”: é stato usato come parafulmine e salvagente di quelle federazioni che invece lo praticavano.
La FCI non praticava il “doping di stato”, semmai erano i suoi tesserati a farlo in modo autonomo: quale miglior salvagente per il sistema sportivo italiano era rappresentato dal buttare fango, come accadde, sul movimento del ciclismo per salvare il “doping di stato” degli “altri”!
Il ciclismo era praticato da “dopati” che non lo erano per colpa della Federazione ciclistica che, ricordiamoci, usava gli atleti un giorno all’anno in occasione del mondiale: ma per gli “altri” che praticavano la loro disciplina agonistica esclusivamente nella squadra nazionale si poteva sostenere lo stesso discorso?
Ora appare chiaro cosa significasse quella famosa frase di Petrucci che, in un discorso, lodando l’impegno della FCI contro il doping disse: “la FCI è l’anello forte della lotta al doping”!
Certamente perché la FCI non poteva essere tirata in ballo con il “doping di stato”!
Mi chiedo se non sarebbe ora che uscissero anche i nomi eccellenti di quel periodo che sono stati coperti dal “j’accuse” del CONI contro il ciclismo.
Quindi in conclusione diteci i nomi di coloro, federazioni-dirigenti-medici-atleti, della due vicende “doping di stato” cui l’articolo del “Sole 24 ore” fa riferimento: noi “dopati” del ciclismo abbiamo il diritto di saperlo.
E questo Lei caro Donati lo sa benissimo.

coni
9 settembre 2014 20:48 siluro1946
Evviva, hanno scoperto l'acqua calda!

9 settembre 2014 22:11 VociDalGruppo
Caro Sig. Angelo Francini. Non so se ha letto il libro del Sig. Donati - Lo Sport del Doping (e prima Campioni Senza Valore). Non mi sembra che il "doping di stato" riguardasse solo l'atletica, lo sci di fondo, il canottaggio .... forse dimentichiamo i nomi degli illustri campioni che andavano dal Dr. Conconi e tutto il marciume che c'è in questo ambiente. Connivenza, ipocrisia ed omertà sono all'ordine del giorno. La storia è vecchia: chi controlla il controllore ? Fino a che l'antidoping è in mano a chi tira le redini è possibile fare il buono e cattivo tempo. E' ora di cambiare. E gli interessi (e la mentalità) mi sembrano ancora lontane da una soluzione. Peccato. I pochi, ahimè atleti puliti si vedono rubare risultati e contratti dai soliti disonesti... Io non sto facendo nessuna candidatura. Per cambiare ci vuole la volontà ma soprattutto persone con sani e forti principi etici e di lealtà sportiva, ma soprattutto la certezza del sistema antidoping e della pena.

@VociDalGruppo
10 settembre 2014 01:34 ruotone
Quei libri li abbiamo letti tutti e non è necessario fare ogni volta il promo.
Personalmente credo che Angelo Francini sia stato impreciso (forse volutamente) quando dice che il doping di stato non ha riguardato il ciclismo. Però è una piccola sfumatura storica
In realtà c'è stato il periodo della cavia messicana usata per i test degli scienziati romani e ferraresi, prodromica alle olimpiadi del 1984 di Los Angeles. Per il resto è vero che il doping del ciclismo sia stato individuale e dei singoli team successivamente e certamente massiccio.
Donati ha avuto la fortuna di pescare parecchio nel ciclismo, sport che notoriamente racconta i suoi peccati, peccatucci e peccatoni e dove tutti sanno tutto di tutti.
Negli altri sport non è stato così. E lì negli sport "olimpici" il doping di stato è arrivato sino ad oggi nella più totale e scontata omertà.
La vastità del doping non è rappresentata come effettiva diffusione nei vari sport dai libri di Donati.
Il peso del ciclismo è gonfiato a vantaggio degli altri sport, più controllati centralmente ed omertosi.

Se sono le federazioni ad istigare più o meno esplicitamente al doping con la complicità e l'occhiolino sui controlli, come è possibile pretendere che siano gli atleti a fare scelte etiche. Non tutti sono come Giovanni Franceschi o altri coraggiosi che poi pagarono a caro prezzo il loro rifiuto.

Ritengo che sia, pur essendo uno che detesta cure e medicine (se non proprio indispensabili), tragicamente normale che degli atleti forti di manifeste protezioni facciano i furbi. L'occasione fa il gatto ladro, e il gatto quando l'occasione gli capita ruba!
Questo non deve e non può far piacere sul piano etico, ma sebbene spiaccia parecchio per quei pochi atleti che fanno scelte di etica radicale direi che è il sistema che si rigenera e per questo ritengo assurdo che si punti l'attenzione solo sugli atleti e sulla loro (loro esclusiva) truffa ai danni degli altri concorrenti.

Chi di loro è così genuino da rinunciare alla casta olimpica, a quella casta che consente di fare contratti pubblicitari con le ex aziende di stato, con la dolciaria o la pastaria leader, di promuovere le solite onlus degli amici dei dirigenti in cambio magari di qualche piccola consulenza fiscale o di una sistemata alla posizione fiscale all'agenzia delle entrate, di essere idolatrato contrattualmente dalla Gazzetta, di partecipare a "Ballando sotto le stelle" o fare altre remunerate comparsate in programmi tv vicini all'establishment. E poi, più in lù negli anni, ai più meritevoli e "fedeli" ecco un bel posto nelle dirigenze sportive internazionali o uno lautamente remunerato scranno in parlamento.

OK
10 settembre 2014 12:30 emmemme53
Credo che Ruotone e Angelo Francini si siano ben intersecati nei loro discorsi. Tutto ciò non fa' una grinza. Dal Ciclismo parafulmine degli altri sport a tutto quello che la notorietà (dovuta magari alle vittorie dopate) porta di conseguenza, ovvero soldi, pubblicità, gossip tenore di vita e visibilità da nababbi.

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