CIAO MARCO. «Che cosa mi avete fatto»

APPROFONDIMENTI | 14/02/2014 | 08:22
Arrivando all’autostrada del Brennero si lascia alle spalle il valico Campo Carlo Magno, che divide la Val di Sole con la Val  Rendena: un piccolo tratto di discesa ed eccola, Madonna di Campiglio, cittadina di sci ma anche meta ambita per gli amanti della  bicicletta. A destra la mitica pista Miramonti, sulla sinistra nella  parte alta del borgo c’è l’Hotel Touring, elegante e tranquillo, gestito dai coniugi Dalla Giacoma, che quest’anno festeggiano i 40 anni di matrimonio. Ad accoglierci sono proprio loro, Antonio di 66  
anni e la signora Elena, di 64, che gestiscono il complesso con il figlio Bruno, di 38 anni. Sono gentili e discreti come tutti gli  innamorati della montagna. Il bisnonno del signor Alberto era la guida alpina ufficiale della principessa Sissi: sì, l’imperatrice d’Austria.
Siamo venuti sin qui per parlare di Marco Pantani a dieci  anni dalla sua morte. Perché qui, il 5 giugno 1999, il Pirata venne escluso da un Giro d’Italia ormai dominato (e sarebbe stato il  secondo consecutivo) in seguito a un controllo antidoping a sorpresa  che evidenziò un livello troppo alto dell’ematocrito nel suo sangue.  
A dieci anni dalla morte del romagnolo, avvenuta il 14 febbraio 2004  in un residence di Rimini, cerchiamo di capire che cosa accadde quel giorno, che di fatto rappresentò l’inizio della fine...

Signor Antonio, che cosa ricorda di quei momenti?
«Il primo flash riguarda il pomeriggio del giorno 4, quando Pantani aveva stravinto anche la tappa che arrivava sin qui (era la quarta,  dopo Gran Sasso, Oropa e Pampeago: secondo alcuni fu quello strapotere la causa di tutto..., ndr). Entrò in albergo dopo la premiazione, ma non era felice bensì molto contrariato. Gli si fece incontro Gimondi, lo prese sotto braccio e gli disse: “Che impresa, hai fatto!” Ma Marco non era sereno, né tantomeno felice. Rispose serio che nessuno degli avversari veniva avanti per cui lui si era trovato a vincere...».

Perché la MercatoneUno aveva scelto il suo hotel?
«Perché abbiamo sempre avuto una buona cucina. E per i corridori questo è importante. Oltre alla formazione del Pirata, era da noi anche la Saeco con Savoldelli e Cipollini».

Ci furono problemi per voi, il giorno della tappa?
«Ricordo che la MercatoneUno alle ore 18 ci cambiò tutti i menu. Prendemmo gli zaini e andammo al supermercato a fare nuovamente la spesa».

Accadde qualcosa di strano, quella sera?
«Sì, e mi chiesi il perché. Pantani rimase in stanza mentre gli altri  della squadra cenavano. Venne giù non prima delle 21, mangiò solo riso in bianco, ma almeno quattro etti. Al tavolo con lui c’era solo  Candido Cannavò, il direttore della Gazzetta. Mi sembrò strano il menu di Marco, perché il resto della squadra aveva “spazzolato” di  tutto».

E nel dopo cena?
«Pantani rimase a parlare con Cannavò, che si fermò a lungo pur non  avendo la camera nel nostro hotel. Fu una serata molto laboriosa per noi. Pur avendo 80 posti, facemmo 150 coperti al ristorante».

Quali richieste le furono fatte per Pantani?
«Marco necessitava di una camera senza balcone per evitare le irruzioni dall’esterno dei tifosi che chiedevano autografi o  desideravano fare fotografie. Io ne ho solo quattro, ma gli trovai la numero 27, al secondo piano. Era a due letti, ma lui dormì da solo e dunque ne lasciammo uno solo all’interno».

E poi che cosa accadde sino all’ora del sonno?
«Marco salì in camera piuttosto tardi. Anche quel particolare mi parve inconsueto, visto che il giorno seguente c’era un’altra tappa molto impegnativa».

Eccoci al giorno dopo: a che ora arrivarono i responsabili del controllo antidoping?
«Tra le sei e le sei e trenta. Andarono su da Marco e da Savoldelli. Stranamente ritornarono un’ora più tardi per fare il controllo. E tra me e me dissi: è curioso, non potevano fare tutto prima?».

E poi arriva l’annuncio dell’ematocrito alto...
«Sì, e fu una confusione spaventosa. Cercai di chiudere tutte le  porte, Marco urlava “Cosa mi avete fatto, cosa mi avete fatto!”. E la sua voce si sentiva dal secondo piano sino alla hall».

E’ vero che si ferì?
«Sì. Ebbe uno scatto d’ira e spaccò con un pugno il vetro di una finestra, procurandosi un taglio».

A che ora scese il Pirata?
«Rimase in camera sino alle 13, nel frattempo avevo chiamato i Carabinieri per chiedere protezione. La MercatoneUno decise di fare una conferenza stampa e per noi fu un danno terribile. I media salirono dappertutto, sfondarono sedie e divani, avrò avuto dieci milioni di lire di danni».

Si spera che quell’episodio le abbia anche portato qualche beneficio, no?
«Da allora il nostro hotel è diventato una specie di luogo di pellegrinaggio per gli appassionati di ciclismo e per i tifosi di  Marco. Ogni anno sono migliaia le persone che vengono da noi e ci chiedono di lui. Sono soprattutto stranieri, americani e giapponesi su tutti. La morte avvenuta dopo quattro anni e mezzo da quel giorno rese tutto ancora più solenne. Vengono qui come per riportare il Pirata tra noi...».

da «Tuttosport» del 13 febbraio 2014 a firma Paolo Viberti
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