TOUR. Froome, quel ragazzo scoperto da Claudio Corti
| 08/07/2012 | 12:43 Incredibile - sta dicendo Bradley Wiggins, le basette più lunghe del
Tour -. Sto mettendo la maglia gialla come il protagonista dei miei
sogni da bambino, Miguel Indurain. Fucking enormous!», che sarebbe il
contrario della boiata pazzesca. Forse non è proprio così, Wiggo è
venuto al Tour per vincerlo, e prima o poi questa maglia la doveva
mettere. Piuttosto, di incredibile c’è chi ha vinto la 1ª tappa di
montagna, Christopher Froome, 27 anni, stesso squadrone Sky del
basettone in giallo. E’ nato a
Nairobi, Kenia, e fino a 5
anni fa correva ai Mondiali con la maglia nerorossoverde del suo Paese.
Ora ha anche il passaporto di Sua Maestà, ma resta il 1º keniano a
prendersi una tappa del Tour: e forse in futuro a prenderselo tutto.
Si
decide in 6 km, gli ultimi, con pendenze al 20% e l’arrivo su una rampa
asfaltata che d’inverno è una pista da sci. Wiggins, Baronetto di Sua
Maestà per gli ori su pista ai Giochi 2004 e 2008, mette in testa i
suoi: Boasson Hagen, Rogers, Porte e infine Froome, l’ultimo scudiero.
Diventa un’impietosa eliminazione. Cancellara saluta la sua maglia
gialla, Schleck e Gesink si arrendono, Basso e Scarponi pure.
All’ultimo km restano in cinque: i due Sky, Cadel Evans, Vincenzo
Nibali e l’estone Taaramae. Evans ci prova, ma Froome lo acchiappa e se
ne va da solo sulla pista da sci. Due secondi di vantaggio su Evans e
Wiggo, 7 su un Nibali da complimenti, 19 su Taaramae.
Di
solito chi si prende la maglia gialla lascia vincere il compagno di
fuga, o il compagno di squadra. Ieri è sembrata un’altra storia. Che
Froome avrebbe vinto comunque, e se non avvesse sprecato un minuto e
mezzo per una caduta alla 1ª tappa, la maglia gialla starebbe bene pure
a lui. Un anno fa era alla Vuelta per aiutare Wiggo ed è finita con
Froome sul podio, secondo posto, l’aveva staccato sull’Angliru, il
Mortirolo di Spagna. Wiggins nei grandi giri non ha mai avuto grande
fortuna, o cade o si perde in una giornata da balordone. Non è che
Froome sta pensando a Parigi? «No, non quest’anno. Sono qui per Wiggo e
lo aiuterò. Ma un domani penso proprio di sì...».
Il bravo
ragazzo che viene dal Kenia. Figlio di diplomatici delle Nazioni Unite,
padre sudafricano e madre inglese, è cresciuto fino ai 14 anni a
Nairobi e poi in Sudafrica. Ora che è al Tour, se la domanda è quando
ha cominciato a vincere, risponde con orgoglio: «Una tappa al Giro
delle Mauritius, il Giro delle Mauritius, e al Giro dell’Egitto sono
arrivato 5º nel cronoprologo a Sharm El Sheikh». Nel 2008 è arrivato in
Italia, ingaggio nell’italosudafricana Barloworld, direttore sportivo
Claudio Corti, lo stesso di Mario Cipollini. Viveva tra Brescia, Como e
Montecatini. Profezia di Corti: «Questo africano diventerà un grande
corridore, al Tour può arrivare nei primi cinque».
In
Italia, Corti non ha trovato ascolto, e Froome se n’è andato in
Inghilterra a prendere passaporto e contratto con Sky. «Però non
dimentico e non dimenticherò mai le mie origini», dice. E non deve
dimenticare, almeno fino all’anno prossimo, che il capitano è il
Baronetto, quello che via radio gli dava il tempo in salita, aumenta,
rallenta, accelera, e quando l’ha visto partire non ha detto niente.
Troppo forte Froome, troppo forti gli Sky. Nibali, che se l’è cavata
benone, è stupito: «La prima salita del Tour fa sempre danni, ma era
difficile prevedere che ne facesse così tanti. Quelli vanno a un ritmo
pazzesco...». Lo squadrone che vuol far vincere Wiggins. E magari nel
2013 Chris l’afrikaner.
da «La Stampa» dell'8 luglio 2012 a firma Giovanni Cerruti
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