I VOTI DEL DIRETTORE. Phinney è perfetto, Basso fa sognare

| 05/05/2012 | 20:37
di Pier Augusto Stagi

Taylor PHINNEY. 9. Figlio d’arte, figlio del vento. Papà Davis è stato uno dei pionieri del ciclismo americano ai tempi di Lemond e Hampstein, e vinse due tappe al Tour. Mamma Connie è stata la prima olimpionica su strada (Los Angeles 1984). Hanno portato il piccolo Taylor a Marostica perché organizzavano camp sulle salite dolomitiche. Taylor, in Italia c’è restato (adesso vive a Lucca), prima come aspirante calciatore, poi come ciclista aspirante campione. Ad oggi ha vinto due titoli mondiali su pista nell’inseguimento ed è considerato giustamente uno dei giovani più interessati al mondo. Era l’uomo più atteso in questa crono d’apertura: puntualissimo.

Filippo POZZATO. 6. Da ragazzino era un buon cronoman, da affermato professionista quando è chiamato all’esercizio non è niente male. Fa quello che può, fa quello che deve. Perdere poco, per coltivare in questi primi dieci giorni un sogno rosa. Obiettivo raggiunto.

Michele SCARPONI. 4. Anche il body gli sembra grande. Anche la bicicletta. Anche la distanza. Sembra tutto enorme, anche il distacco che accumula. Non è il vero Michele. Non è il vero Scarponi. In Danimarca è venuto qualcun altro, in Italia rivedremo il vero Scarponi.

Damiano CUNEGO. 4. Duro, pesante, scomposto, contro un muro di vento che si è fatto con l’andare del tempo più dolce e gentile. Non per lui.

Ivan BASSO. 7. Perde solo 3” da Roman Kreuziger, 8” da Dario Cataldo e 15” da Marco Pinotti. Poi in pratica guadagna su tutti, soprattutto su Frank Schleck (20”), Damiano Cunego (24”) e Michele Scarponi (27”). Parte con il piede giusto e il morale alle stelle. 

Dario CATALDO. 7. Cercherà di fare classifica, fino alla fine, fino a Milano. Parte bene, con una più che onorevole prova contro il tempo. Grazie anche ad un grande tecnico, Davide Bramati, che legge il vento e le curve.

Joaquin RODRIGUEZ. 7. Non è propriamente il suo terreno, fa quello che può. E lo fa bene.

Franck SCHLECK. 5. Era al parco con sua figlia quando gli hanno comunicato che avrebbe corso il Giro d’Italia. Arriva qui di tutta fretta e nella crono va pianino ma non pianissimo.

Ramunas NAVARDAUSKAS. 7. L’ha in pratica scoperto Pietro Algeri, che lo ha avuto con se nella breve esperienza avuta con il Team Piemonte. Buon pistard, ottimo cronoman, tanto da vincere anche la cronosquadre del Tour con il suo team Garmin. All’inizio carriera ha sempre dovuto fare i conti con acciacchi vari, adesso ha trovato la sua dimensione.

Manuele BOARO. 8. All’intermedio (km 4,5) fa segnare un ottimo tempo (5’15”), in linea con i migliori. Alla fine con i migliori ci resta, dopo una crono da vero specialista delle prove contro il tempo. Cosa può imputarsi? Niente, ha fatto una prova magistrale, senza sbavature. Sapeva di essere tra i grandi favoriti della vigilia e non gli sono tremate le gambe. Giovane, ma già grande.

Adriano MALORI. 5. Cambia la bicicletta poco prima di lanciarsi dalla pedana (posteriore lenticolare, anteriore a profilo alto). Parte quando il vento ormai è quasi scemato (10 km/h contro i 25 di quando ha corso Kreuziger). Male, molto male nella prima parte. Non è un grande “rilanciatore”, e lo si è visto. Il percorso non era adattissimo ad uno come lui, ma è pur sempre il miglior cronoman italiano e il suo tricolore è arrivato un po’ ammainato.

Roman KREUZIGER. 7. Fa di testa sua. Non guarda internet e si affida al cuore e al cielo. Tutti gli uomini di classifica partono per ultimi? Lui decide di partire un’ora e mezza prima di tutti gli altri. Fa un buon tempo. Alla faccia dei maligni e degli anemometri.

Marco PINOTTI. 7. Un pugno sul manubrio, per aver sfiorato il colpaccio. La prima parte la fa bene, ma non benissimo. Delle 17 curve da affrontare undici sono proprio tutte condensate nei primi quattro km: lui non rischia più di tanto, e fa di tutto per rilanciare al meglio l’azione. Poi nella seconda parte, quella a lui più adatta, fa vedere di che pasta è fatto. Prima testa, poi gambe. Il risultato finale è buono. Ci volevano forse 500 metri in più: forse anche meno.

Diego ULISSI. 6. Parte un ora prima dei suoi capitani, quando il vento soffia ancora forte. Si difende e non affonda.

Domenico POZZOVIVO. 7. È un peso piuma e in una prova contro il vento, pardon, tempo, fa davvero un’ottima prova. Rispetto ad Amsterdam rimane in piedi. Arriva anche benino, facendo meglio di tanti mamma santissima. Cosa si può pretendere da uno che per volare ha bisogno del Pordoi?

SERPA & RUJANO. 6. Vale lo stesso discorso fatto per Pozzovivo. Due pesi piuma che amano le montagne, cercano di non farsi spazzare via da una prova contro il tempo non certo adatta ai loro mezzi. Ci riescono.

CICLOAMATORI. 8. Sfilano in ottomila lungo le strade di Herning sfidando il gelo (dieci gradi) e il gran vento. Tutti assieme appassionatamente: uomini donne e bambini, con il numero sulla schiena, ma con la tranquillità di chi ha voglia solo di fare “gruppo” e non classifica. Vincono tutti, con le loro coccarde rosa, nella nazione della bicicletta. Noi abbiamo esportato il Giro, un brand, una corsa, una storia mondiale. Noi dovremmo importare da loro la cultura, la sensibilità e la semplicità di vivere lo sport e i grandi avvenimenti. Si gela, ma che calore.

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