MARTIN, l'uomo di Germania

| 25/04/2011 | 09:19
Tony Martin non è un tipo che ama parlare. Per esprimere i suoi stati d'animo preferisce uno squadro, profondo e freddo al tempo stesso. Ma quando il suo volto si distende, come accaduto sul traguardo di Nizza della Corsa del Sole, nonostante il freddo pungente, allora emergono gioia e allegria. «Sono stato teso negli ultimi giorni di corsa - confessa - perché la tensione per difendere la maglia gialla è stata altissima, con la pioggia si rischiava di cadere ad ogni curva».
Ma quella di leader di una grande corsa è un’esperienza che il giovane ta­lento tedesco doveva affrontare nel suo cammino di crescita che deve portarlo, nelle sue ambizioni, a disputare un gran­de Tour de France.
«È uno degli obiettivi che ho ma dei quali non avevo mai osato parlare. Adesso però ho capito che è un obiettivo possibile e quindi non mi posso e non mi voglio nascondere».
Attenzione, non sono parole dette a vanvera perché Tony Martin è un perfezionista maniacale, un professionista a tutto tondo che, per raggiungere il proprio obiettivo, non lesina impegno e sacrificio. Un esempio? Quest’inver­no è stato uno dei protagonisti del Critérium di Curaçao, nelle Antille Olandesi ma mentre i fratelli Schleck e compagni si godevano il sole e gli ozi di fine stagione, il venticinquenne Martin si allenava tutti i giorni in bicicletta, serio e incorruttibile. Proprio come deve essere, nella realtà come nell'immaginario comune, un ufficiale della polizia tedesca qual è Tony Martin. Che ha ottenuto un periodo di sospensione dal servizio (non si è licenziato, badate bene) proprio per inseguire il sogno del Tour.
In una Germania che sta cercando nuove motivazioni per seguire il ciclismo e sogna nuovi campioni che vadano a colmare il vuoto lasciato da Ullrich e Zabel, Tony è un ragazzo “esemplare”: come Ullrich e come Zabel, anche Martin è nato nella Germania dell’Est, a Cottbus per la precisione, ma di quel regime non ha fatto in tempo a conoscere praticamente nulla. Quattro anni più tardi, infatti, c’è stato il crollo del muro di Berlino che ha portato poi all’unificazione della Germania, ma la famiglia Martin a quel punto aveva già lasciato il paese - direzione Ungheria - prima di scegliere Eschborn, alle porte di Francoforte, come città nella quale ricostruire la propria vita.
Soprattutto Martin non ha legami con lo sport della Germania dell’Est: è entrato sì in una scuola delà sport a Cottbus nel 2001, ma si tratta di una scuola basata su canoni occidentali: lì Tony si è diplomato nel 2004, subito dopo aver conquistato il suo primo titolo di campione nazionale nella cronometro riservata agli juniores.
«Ho iniziato a correre a 14 anni con la maglia di un piccolo club, l’RV Sos­senheim, poi sono passato al RSV Seeheim e infime al Thüringer Energie Team, che è la più forte formazione giovanile tedesca. Il mio idolo era Jan Ullrich, seguivo in tivù tutte le sue corse».
Il destino e la vita l’hanno portato oggi a vivere in Svizzera, sulle rive del Lago di Costanza, proprio a pochi chilometri dalla villa del suo idolo di un tempo, che in bicicletta ormai va solo a comprare il pane o ad accompagnare a scuola la prole.  
«Però Jan non l’ho mai incrociato, addirittura nemmeno lo conosco. In Ger­mania molti, dopo il secondo posto che ho ottenuto al Giro di Svizzera del 2009, hanno cominciato a paragonarmi a Ullrich, ma non ci sarà mai un altro Ullrich. E questo paragone non mi piace neanche un po’. Certo, mi fa piacere essere additato come la speranza del ciclismo tedesco, lo considero un onore, ma non sono uno che ascolta quel che dicono di lui. Ho fatto tesoro dei consigli di Rolf Aldag, il mio direttore sportivo: quando al Tour ho indossato la maglia bianca, mi ha detto di non aprire nemmeno i giornali tedeschi, perché altrimenti avrei perso il contatto con la realtà e io so che aveva ragione».

da tuttoBICI di Aprile a firma di Paolo Broggi
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COMMENTI
Martin
25 aprile 2011 10:58 ciano90
Se Ullrich avesse avuto il suo carattere avrebbe vinto quanto Merckx. Spero per Tony che riesca ad avverare il suo sogno anche se in montagna deve ancora migliorare molto per essere lì con i migliori. Un sincero augurio comunque.

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