tuttoBICI. Scarponi e la voglia di crescere ancora

| 28/11/2010 | 16:00
La sua stagione non è da lamette ai polsi, ma certamente è ricca di rimpianti. Michele Scarponi però non si straccia le vesti e tantomeno impreca la malasorte: lui, l’aquila di Filottrano, sorride soddisfatto. «Perché dovrei essere triste? - ci dice subito dopo aver corso Il Lombardia da autentico protagonista -: sono stato in pista da gennaio ad ottobre a grandi livelli, ho raccolto grandi risultati. Ci ho provato fino alla fine. Forse ho raccolto meno di quanto potessi e dovessi, ma io sono felice anche così, perché so che il prossimo anno sarò ancora più agguerrito».
Michele Scarponi lo incontriamo al Cen­tro Mapei di Castellanza dove, assieme ai suoi nuovi compagni di squadra della Lampre-ISD, ha sostenuto i primi test in vista della prossima stagione. È sereno, disponibile, con quel suo volto che sprigiona simpatia a prima vista. Parlata sciolta, occhi veloci come le sue gambe, senso della battuta degna di un cabarettista di Zelig.
«Sai cosa c’è, che ci si prende troppo sul serio. Io il mio lavoro lo adoro. Per la bicicletta mi piego dalla fatica, poi però torno con i piedi per terra e so an­che comprendere quali sono le priorità della vita: salute e famiglia. Quindi calma: ho perso il Lombardia, non c’è nulla di irreparabile. Sono arrivato secondo, un giorno arriverò primo».
Quest’anno Michele avrebbe potuto vincere per il secondo anno consecutivo la Tirreno-Adriatico, invece l’ha persa “ai punti”: 180 a 205 per Stefano Garzelli. Anche se questa volta, chi ha fatto meno punti ha vinto. Per 13” (tredici), non è salito sul podio del Giro d‘Italia. Infine, Il Lombardia, sfumato sul più bello, quando Philippe Gilbert l’ha lasciato sul posto e al marchigiano è rimasto solo il sapore acre del secondo posto.
«Però contano anche i piazzamenti. Sia ben chiaro, io corro sempre per vincere, ma alla fine uno deve anche prendere atto della forza degli avversari e comprendere fino in fondo quello che si è fatto. Io quel giorno sulle strade del Lombardia ho dato tutto: non mi rimprovero di nulla. Cosa ci posso fare se sono finito contro il corridore più forte nelle corse di un giorno? Cosa posso farci se Gilbert è davvero un fenomeno? Con tutto il rispetto per Thor Hushovd, che tra le altre cose oltre ad essere un grande corridore è anche un ragazzo adorabile, ma l’uomo più forte di Geelong è stato Philippe. Se non si fosse trovato nel finale un vento contrario che soffiava ad oltre 40 km/h sarebbe arrivato al traguardo. È stato il più forte e al Piemonte e al Lombardia l’ha dimostrato abbondantemente».
A proposito di Mondiale: tra i rimpianti anche la mancata convocazione azzurra?
«Se ti dicessi di no sarei un bugiardo. Un anno fa a Mendrisio mi resi utile alla causa, speravo e pensavo di poter rientrare anche quest’anno nei piani. Mi è spiaciuto essere completamente escluso dal progetto, ma come ti ho detto io non faccio mai drammi: oggi non mi hanno visto? Domani farò in modo di farmi vedere. Peccato solo che dopo il Mondiale ho dimostrato di essere tra gli uomini più in forma in assoluto: terzo al Giro dell’Emilia e secondo al Lombardia. Non si può dire che sia andato piano».
Come consideri la tua stagione?
«Per me è stata molto buona. Ho raccolto solo quattro vittorie, ma sono sempre stato protagonista. Ho vinto la tappa dell’Aprica al Giro d’Italia, ho sfiorato il podio, penso di aver dimostrato di essere un corridore affidabile sia nelle corse di un giorno che in quelle a tappe. Certo, mi è mancato un pizzico di fortuna, quel “quid” che spesso ti fa fare la differenza. Alla Tirreno, nella tappa di Macerata, Michael Rogers mi ha ostacolato e quell’incidente mi è costato la corsa: Garzelli ha guadagnato secondi, e io ho perso ai punti. Al Giro, senza la cronosquadre me la giocavo anche con Arroyo».
Come sul San Fermo, al Lombardia: cade la catena e la frittata è fatta…
«La frittata sarebbe stata fatta comunque: io ho sbagliato a cambiare, ma Philippe era di un altro pianeta».
In ogni caso un bel modo di salutare la tua vecchia squadra…
«Io corro sempre per far bene, ma è innegabile che dentro di me c’era anche il desiderio di lasciare la Androni Giocattoli con un grande risultato. Mario Androni, il nostro patron, è un vero appassionato, una persona davvero speciale: pane al pane, vino al vino. Un grande. Gianni Savio un manager che meriterebbe forse molto di più, forse un po’ come il sottoscritto. È innegabile, a Gianni devo davvero tantissimo. Marco Bellini invece è come un fratello: peccato che nella crono di Borgomanero, il giorno dopo il Lombardia, non sia stato in grado di reggere il mio ritmo e alla fine ci siamo dovuti accontentare del terzo posto. Un terzo posto che ancora oggi mi brucia… A parte gli scherzi, io alla Androni devo davvero tanto e penso e spero di averli ripagati con dei buonissimi risultati. Il prossimo anno sono in un team più grande, di ProTour, e le responsabilità aumenteranno. Io sono pronto».
Pronto per inseguire il successo pieno al Giro d’Italia?
«La Lampre mi ha preso per questo e io ci conto parecchio. Quest’anno sono arrivato quarto, il prossimo anno parto per puntare al bersaglio grosso».
Torniamo per un attimo al Lombardia: quando hai capito che con Gilbert c’era poco da fare?
«Fin da subito. Quando ho visto i suoi compagni di squadra correre in quel modo, ho capito che Phi­lippe era in grande condizione. Io ci ho provato, sia sul Ghisallo che sulla Col­ma di Sor­mano, ma era in stato di gra­zia e c’era po­co da fa­re».
Quest’anno chi ti ha impressionato?
«Nibali su tutti. Ho sempre ritenuto Vincenzo un grandissimo corridore, un talento purissimo, ma quest’anno mi ha davvero stupito. Poi il Gilbert del Lombar­dia mi ha lasciato senza pa­role, e non solo per il gelo e la fatica. A proposito: mai corso una gara così dura».
Il prossimo anno correrai al fianco di Damiano Cunego…
«Io sono sicuro che saremo una bellissima coppia. Entrambi abbiamo buoni motivi per darci una mano e cercare di portare a casa qualcosa di importante. Quest’anno Damiano ha corso tanto e lottato come pochi: è stato solo molto sfortunato. Io sono sicuro che l’unione fa la forza e la Lampre ha tanti corridori forti, in grado di far davvero bene».
Ti aspettavi un ritorno così da parte di Ivan Basso?
«Io sì, perché Ivan è un fuoriclasse. Ha un motore molto buono e una testa che pochi hanno. L’anno scorso l’hanno criticato, ma nessuno ha messo in giusta evidenza il fatto che aveva corso due Grandi Giri e si è piazzato in entrambi tra i primi cinque. Quest’anno si è sbloccato. Sullo Zoncolan ha compiuto una vera impresa e francamente sono felice per lui».
Pensi che possa tornare ad essere competitivo anche al Tour de France?
«Se saprà scegliere tra Giro o Tour, sì. Ivan è un corridore di spessore internazionale. Se prepara la Grande Boucle come si deve, lui è lì a lottare per la vittoria».
Il prossimo anno al Giro potrebbe esserci anche Riccardo Riccò…
«Se ci sarà saranno dolori per tutti, perché Riccardo è un corridore pericolosissimo».
Ti è simpatico?
«Non mi è antipatico…».
Tornerà anche Danilo Di Luca…
«E saranno di nuovo dolori… Sono tutti corridori che hanno un loro perché».
Cosa pensi delle dichiarazioni del capo della Procura dell’Antidoping Ettore Torri?
«Un po’ fuori luogo. Nella sua posizione non può permettersi di dire certe cose, anche perché non è vero. Basti sentire cosa dicono gli esperti dell’Uci: i corridori non sono tutti dopati. I dati dei passaporti biologici sono più che confortanti. Quindi…».
Quindi?...
«Quindi si deve andare avanti senza timori nella lotta al doping, ma non è nemmeno giusto generalizzare».
Cosa pensi della radiazione?
«Ti rispondo così: capisco perfettamente che noi corridori non possiamo più sbagliare, perché la misura è colma. Perché gli appassionati e non solo loro ne hanno le scatole piene, ma per quanto riguarda la radiazione non so. Potrebbe essere una strada…».
Vacanze?
«“On the road”. Dal 30 ottobre in giro in macchina dalla mia Filottrano a Parigi: andata e ritorno. Equipaggio: io, mia moglie Anna (sposata nel 2006, ndr) e la nostra cagnolina Lamù. Dodici giorni in giro come tre innamorati. Bello, no?».
Bellissimo. A proposito di famiglia: bimbi in arrivo?
«Ci stiamo lavorando con cura, non avere fretta».
Quando sei a casa, come ami occupare il tuo tempo?
«Tormento Anna, me la godo più che posso e poi sono un motoperpeuto. Io amo stare in compagnia. Se c’è da far baldoria, io ci sono. Amo seguire la mia squadra del cuore, l’Inter, e poi faccio quello che per dieci mesi non posso fare. Mi concedo qualche piccolo stravizio, soprattutto culinario, con i miei amici storici. Quelli con i quali è sempre bello fare baracca».
Pensi mai al futuro?
«Sempre».
Cosa ti piacerebbe fare una volta sceso di sella?
«Ma quello non è futuro, per me è ancora fantascienza. Ho solo 31 anni, ho tutta una vita davanti. Ho tantissimi progetti da realizzare. Ti faccio due esempi: uno si chiama Giro d’Italia, l’altro Giro di Lombardia. In mezzo un bimbo o una bimba per poter raccontare tra qualche anno quanto sono stato figo in bicicletta. Insomma, di cose da fare ne ho ancora tante. Per il dopo ciclismo ci penseremo tra dieci anni. I miei modelli agonistici sono Noé e Bertolini».
Scusami Michele: ti pesa ancora il tuo passato?
«Il passato è passato. Punto». Punto.

Pier Augusto Stagi
da tuttoBICI di Novembre 2010

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COMMENTI
Bella
28 novembre 2010 18:09 Fra74
bella intervista...complimenti al giornalista ed al corridore....

28 novembre 2010 21:34 eroma
bellissima intervista degna di un grande campione come Michele e il bello deve ancora venire .


Grande Uomo e grande Campione!!!
29 novembre 2010 08:56 The rider
Bravo Michele, sei una bravissima persona e un grande Campione.
Per il 2011, ti auguro di vincere una grande corsa a tappe !!!

Buone Feste, Maurizio Ponti.

29 novembre 2010 11:30 scatto
bell'intervista e bei pareri ma dati da ex a ex dopati bravi signori sieti molto bravi dai giornalisti in poi

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