Alessandro Petacchi: «Vinco come se fosse sempre l'ultima volta»

| 04/09/2010 | 10:42
Vamos campeon! Vamos Petacchi! Gli spagnoli stravedono per lui e applaudono entusiasti. Se fosse un torero, Alessandro Petacchi uscirebbe dalla porta grande della plaza de toros portato in trionfo. Come del resto si meriterebbe, per la volata magistrale con la quale ha conquistato la 7ª tappa della Vuelta (20ª complessiva nella corsa spagnola, oltre alle 21 del Giro e alle 6 del Tour: 47 in tutto). E lui con il pubblico si scioglie, si concede con un dolce sorriso a foto, autografi e strette di mano. Tutto diverso dal Petacchi che invece s’era presentato in conferenza stampa poco prima. Inquieto, tormentato, teso, con la testa sempre girata verso destra e lo sguardo a cercare un orizzonte irraggiungibile, mentre i denti tormentavano le unghie. «Questa vittoria è per mio figlio», mormora sulla scaletta del bus prima di aggiungere: «Mi spiace che non me la posso mai godere fino in fondo».

Petacchi, da dove cominciamo?
«Dal fatto che questa vittoria mi ripaga, ma solo in parte, del brutto periodo che ho passato dopo il Tour. Mi sono potuto allenare molto poco, ho passato più tempo con gli avvocati che in bici o con la famiglia. Mio figlio l’ho visto solo tre volte, mai dal 5 al 24 agosto. Assurdo e non per volontà mia. Questa vittoria è per lui».

Come fa a correre e vincere nella situazione in cui si trova?
«Il tempo stringe. Più vecchio divento, più grinta ho. Sono un professionista al 110%, vorrei esserlo al 111%... se me lo lasciassero fare...».

Nel 2007, proprio alla Vuelta, sembrava
sul viale del tramonto. Invece è tornato a essere il miglior velocista italiano. A cosa si deve questa rinascita?
«Posso essere un esempio per i giovani. Con la voglia di sacrifici, la vita da corridore e duri allenamenti si può avere una carriera lunga e vincente».

Lei sembra escluso dai piani azzurri di Bettini. Dispiaciuto?
«Bettini pochi giorni prima che io partissi per la Vuelta è venuto a casa mia. Mi ha fatto vedere il video del percorso e abbiamo parlato da uomo a uomo. Questa tappa comunque non è paragonabile, per distanza e difficoltà, al percorso di Melbourne. Là ci vorrà una grande condizione per tenere sugli strappi. La mia condizione è in crescita e sto bene. Vedremo, ma il Mondiale ora non è la mia priorità».

E qual è?
«Vorrei continuare a correre in bici, ma non sono tranquillo, ho la testa da un’altra parte. Spero che mi dicano qualcosa al più presto: o dentro o fuori. Corro ogni volta come fosse l’ultima ed è tremendo».

Se dovesse essere deferito?
«Mi darebbe veramente fastidio, anzi mi farebbe schifo perché ho lottato tanto nella vita e finire così non sarebbe giusto. Non credo di avere voglia di sopportare altri processi, di tirare in questa storia persone come Saronni o Galbusera che non se lo meritano».

Il suo contratto con la Lampre scade nel 2011.
«Saronni ha totale fiducia in me e mi ha già proposto il rinnovo. E’ stato lui a volere che venissi a correre alla Vuelta. L’ultimo anno vorrei insegnare qualcosa a un giovane. Eh sì, perché capiscono poco».

da «La Gazzetta dello Sport» del 4 settembre 2010
a firma Claudio Ghisalberti
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